Affidamento condiviso: cronaca di una legge non applicata – di Tiberio Timperi

La cosa è ben nota al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che nel 2010 e in questo inizio di 2011 ha ricevuto un’interrogazione parlamentare da parte dell’Onorevole Rita Bernardini, dei Radicali Italiani.

A questa, per gli stessi motivi, si è aggiunta di recente la class action contro il CSM. Ad organizzarla Adiantum,  una delle associazioni di genitori separati più accreditate.

In sostanza, l’orientamento culturale prevalente della magistratura è tale da far naufragare lo spirito che ha animato il legislatore: quello della bigenitorialità. O se si preferisce, del diritto del figlio di avere due genitori. Sulla carta, una rivoluzione, considerato che prima, di fatto, il padre all’indomani della separazione, veniva cancellato.

Purtroppo, successivamente all’entrata in vigore della legge, è stato subito chiaro il sapore gattopardesco.
Cinque anni dopo, parole a parte, la situazione è rimasta identica.

Andiamo con ordine.

Per l’Istat e i tribunali, l’affidamento condiviso viene concesso nel 90 per cento dei casi.

Sulla carta. In realtà le cose sono ben diverse. Esaminiamo.

La legge prescrive che il minore abbia un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori? I  giudici concedono al padre che vuol fare il padre, 8 giorni in media al mese contro i 23 della madre.

La legge prescrive l’assenza di genitore prevalente ?
I giudici si sono inventati, a loro uso, la collocazione del minore. Ovviamente 9 volte su 10 presso la madre. A prescindere dalla richiesta del padre.

La legge prescrive il mantenimento diretto, vale a dire la possibilità per il genitore che deve provvedere al mantenimento, di farlo direttamente?
I giudici ricorrono all’assegno per il genitore collocatario, 9 su 10 la madre, assegno che si trasforma spesso in rendita parassitaria non essendoci obbligo di rendicontazione.

Insomma la legge viene ignorata.

Dopo il divorzio, per i padri che vogliono fare i padri, solo doveri.

Per le madri che vogliono approfittare di una consuetudine,  un vitalizio.

Meglio, un win for life.

Tempi, usi e costumi sono cambiati. E con essi, anche il modo di vivere la paternità.
Ma certi avvocati, certi giudici e certi psicologi fanno orecchie da mercante.

Il divorzio all’italiana fa comodo. Complice la lentezza della giustizia e l’orientamento culturale prevalente che vede al centro la mamma e non il minore, il divorzio alimenta  un lucroso business sulla pelle dei nostri figli. E dei padri. Senza se e senza ma.

Attenzione, questa non è una battaglia dei padri contro le madri o viceversa.
Semmai contro il sistema.

Un sistema che favorisce, ad esempio, certi avvocati che, pur di gratificare il cliente, avallano strategie processuali basate su false denunce piuttosto che avviare una mediazione. So di cosa parlo, avendolo vissuto sulla mia pelle. Con buona pace della deontologia professionale.

Al salone della giustizia di Rimini, questa mia affermazione ha molto irritato un insigne giurista (difesa di categoria?) e un membro dell’AIAF, associazione avvocati italiani della famiglia. Segno che forse a pensar male si fa peccato ma difficilmente si sbaglia.

200.000 avvocati in Italia sono tanti, per alcuni troppi. Il cliente è sacro. Il figlio meno…

Un altro aspetto del condiviso, è legato alle famigerate CTU, ovvero le consulenze tecniche. Nei tribunali vengono sempre scelti gli stessi, come in una compagnia di giro. Con l’assurdo che magari il CTU nominato dal giudice è amico del consulente di parte, magari della moglie… Succede anche questo nelle aule. O il fatto che quel giudice partecipi a quel congresso organizzato dall’associazione cui quel CTU appartiene in un singolare processo osmotico che può prestare il fianco ad eventuali ed inevitabili critiche.

E, per non fare torto a nessuno, una parola anche per i servizi sociali.

Tutti sono concordi nel lamentare la loro scarsa professionalità. Rare le punte di eccellenza.

Dipendenti comunali, fortemente ideologizzati che, spesso senza un’adeguata formazione, hanno diritto di vita e di morte sui nostri figli. Diritto  esercitato in tandem con i giudici.

Spesso si ha la sensazione che certi giudici non vogliano essere disturbati.
Che non si leggano i fascicoli.
Che non vogliano prendere posizione.
Giudici equilibristi.
Giudici cerchiobottisti.

Semplificano parlando genericamente di conflittualità, senza distinguere tra chi aggredisce e chi viene aggredito.

Aggredito che, se ricorre alle vie legali per far valere i suoi diritti calpestati, viene giudicato come conflittuale.
Mentre  l’altro genitore, qualora un pm non archivi, rischia una modica sanzione.

In Olanda e nei Paesi Bassi, invece, l’arresto…

A questo punto è indifferibile, con l’appoggio di tutti gli schieramenti politici, un intervento chirurgico sulla legge a prova di furbi o interpretazioni ideologiche.

Una modifica che renda realmente paritario, qualitativamente e quantitativamente, il rapporto del minore con entrambe i genitori.

Una modifica che con effetto domino, demolisca la figura del genitore collocatario, espressione coniata dai giudici, e garantisca l’uso e la disponibilità della casa coniugale da parte del suo proprietario.

Sarà mica un caso che in Italia stiano spuntando come funghi case accoglienza per padri separati?

Serve la radiazione dall’albo di quegli avvocati che avallano strategie processuali basate su false denunce.
Serve che ci siano giudici specializzati nel diritto di famiglia. E, in caso di loro separazione, non esercitino fino al  divorzio.

Serve che il mantenimento dei figli sia legato a reali esigenze e non agganciato al reddito paterno e al tenore di vita che, inevitabilmente, si dimezza.

Serve che il divorzio sia immediato. Un sì per sposarsi, un sì per divorziare. Basta con il gioco dell’oca che vede prima tre anni di separazione e poi, come nel gioco dell’oca si azzera tutto e si ricomincia daccapo con il divorzio.

Serve il contratto prematrimoniale.

Serve demolire la certezza, da parte della donna, di avere il coltello dalla parte del manico. Di ottenere sulla carta figlio, casa, e soldi. Che razza di pari opportunità sono queste?

I diritti e i doveri devono essere equamente distribuiti.
Ed oggi così non è.

Con buona pace di una sinistra che continua a chiudere gli occhi davanti a disagio e dolore.

Una sinistra che, nella strenua difesa della donna, paradossalmente vanifica le conquiste del femminismo e si trasforma in maschilista.
Con una donna, di fatto, mantenuta ad libitum dall’uomo.

[Fonte: adiantum.it]

Vedi anche: Divorzio all’italiana e saga di una legge non applicata –Intervista a Tiberio Timperi

3 thoughts on “Affidamento condiviso: cronaca di una legge non applicata – di Tiberio Timperi

  1. Pingback: Divorzio all’italiana e saga di una legge non applicata – Intervista a Tiberio Timperi | Diritto e Minori

  2. ..è quello che contro tutti mi sono sempre battuto e nonostante tutto..l’anno scorso è riavvenuto per la seconda volta..con la approvazione, per inerzia di forma ormai assodata del mio avvocato..:”dopo tutto non sono neanche tanti 370 euro”.. Io vivo con 800..mentre le mie “mantenute” con oltre 2000 euro.. Mi hanno evirato…!!! E mi hanno ritolto la gioia di vivere un figlio. Maledetti giudici e maledetti avvocati.
    Raffaele Angelo BRUSCO

  3. E I NONNI PATERNI?
    non dimenticate che il cosiddetto affido condiviso oltre a colpire i papà separati, colpisce in egual misura anche i papà dei papà separati!
    I nonni paterni, per i giudici del TdM sono colpevoli di aver messo al mondo quei papà che si sono separati (o che hanno subito la separazione) e come tali non viene loro attribuito alcun diritto di visita sulle sentenze.
    La Legge 54/06 riconosce invece ai nonni e ai nipot il diritto di “mantenere un rapporto relazionale ed affettivo”. Quindi se la sentenza del TdM non lo formalizza e non lo definisce, occorre fare ricorso. Ma ci rendiamo conto??!! Il nipotino per far valere il proprio diritto di frequentare il proprio nonno deve prendersi un avvocato? Oppure lo chiede alla mamma (affidataria)? Oppure lo chiede al papà che già ha difficoltà a poter frequentare il figlio?
    Credo che l’errore sia nel manico! Il giudice prima di emettere sentenza deve valutare (o far valutare da veri specialisti) anche tutta la situazione collaterale della famiglia in senso lato!

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