Figli cresciuti senza padre: statistiche choc!

 

IGM (interessengemeinschaft geschiedener und getrennt lebender Männer – www.igm.ch) è un’organizzazione della Svizzera tedesca, che da anni si batte per i diritti di padri separati e divorziati. Recentemente una sua circolare spedita via e-mail spiegava i motivi per cui gli uomini non hanno interesse di sposarsi. Questo slogan è stato concepito in Ticino da un noto avvocato divorzista di Bellinzona quando in una intervista su Ticinosette disse: “XI comandamento: non commettere matrimonio“.

Papageno ha fatto sua questa riflessione senza esitazioni, dando avvio alla campagna informativa “Matrimonio? No grazie!”. Bisogna arrendersi all’evidenza.

Dopo la separazione, niente figli (o quasi) e niente casa, avvocati, servizi sociali, pretori e tutorie al collo, minimo vitale di fr. 1200.(messo di recente in forse dalla CF Sommaruga), discriminazione fiscale, obbligo di mantenere lo standard di vita alla ex e ai figli come ai tempi della luna di miele e, in casi particolarmente sfavorevoli, mantenere la ex fino all’età della pensione.

In una seconda e-mail IGM ha distribuito un rosario di cifre statistiche impressionante sul tema dei figli cresciuti senza padre: 63% dei suicidi di giovani sono cresciuti senza padre, 71% delle minorenni incinte sono cresciute senza padre, 90% dei senzatetto minorenni sono cresciuti senza padre, 70% dei minorenni che finiscono in istituti pubblici sono cresciuti senza padre, 85% dei minorenni che finiscono in carcere sono cresciuti senza padre, 71% dei giovani che abbandonano la scuola sono cresciuti senza padre, 75% dei giovani drogati sono cresciuti senza padre.

La lista continua: 80% dei divorzi è provocato dalle donne, 97% delle denunce mendaci nei confronti dell’ex-marito per atti di violenza e abusi sessuali su se stesse e/o sui propri figli sono inscenate dalle donne che rimangono impunite in quanto, secondo una recente sentenza del tribunale federale, la madre “aveva il sospetto di…” per cui aveva “l’obbligo di denunciare il padre …”.

Per chi non volesse accontentarsi delle statistiche, IGM mette a disposizione il libro di Flavio Sardo Alptraum Scheidung. Un sottotitolo potrebbe essere “Storia di un appassionato padre svizzero che chiede il rispetto della carta dei diritti umani”: una storia di misandria (odio ai maschi). Per affrontare queste 500 pagine bisogna aver i nervi ben saldi. Dopo aver affrontato questa lettura, non commettere matrimonio non è solo uno slogan politico, ma un avvertimento prezioso per non cadere nel quasi inevitabile precipizio: 60% dei matrimoni finiscono con un fallimento. Ma il divorzista bellinzonese citato non ha paura di rimanere senza lavoro e con un sorriso afferma: “Ci saranno sempre giovani innamorati che si sposeranno”.

Se da una parte i padri si troveranno sul lastrico, per i figli delle generazioni future sono guai. Papageno continua a raccogliere e pubblicare regolarmente testimonianze in questa rubrica del Mattino, ma intanto si può consigliare la lettura di due lavori pionieristici: di Claudio Risé – Il padre, l’assente inaccettabile – e di Luigi Zoia – Il gesto di Ettore.

Papageno si muove anche sul piano pragmatico. In questi anni di intenso lavoro abbiamo identificato un enigma in cerca di soluzione: l’assenza quasi totale di padri che si espongono e conducono una lotta comune per i diritti propri e quelli dei figli. Dall’altra sponda, le istituzioni che si adoperano per negare la crisi della famiglia, affermando che “tutto va bene”. Il 95% dei divorzi sono consenzienti – ribadisce da anni Roberto Sandrinelli, capostaff del dipartimento della sanità e della socialità: un risultato incoraggiante.

Sul fronte giuridico, anche la Svizzera si è accorta che non si può continuare a calpestare i diritti fondamentali dell’uomo: sull’agenda dei parlamentari vi è la questione dell’autorità parentale congiunta. Dal nostro punto di vista è solo un timido passo verso quello che noi proponiamo ai politici del nostro paese: l’affido condiviso (presenza paritaria dei figli con i due genitori) unita ad un’equa ripartizione delle responsabilità finanziarie.

http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=639479&idsezione=16&idsito=129&idtipo=410

Per le famiglie italiane serve una legge ineludibile. Ma gli avvocati perderebbero lavoro e le loro associazioni si oppongono.

Per evitare conflitti sulla pelle dei figli ci sarebbe bisogno di una legge ineludibile: salvo diverso accordo i bambini hanno diritto ad eguali tempi con entrambi i genitori. Ma gli avvocati perderebbero lavoro e le loro associazioni si oppongono

 

Affido condiviso: riforma ostaggio delle lobby di avvocatura e magistratura

Non fa passi avanti la nuova legge sull’affido condiviso dei minori in caso di separazione (DDL 957 e 2454) che da troppo tempo giace in un cassetto al Senato.
Dopo la chiusura dei termini di iscrizione per le audizioni, il 16 marzo scorso, non ci sono stati fatti nuovi: a questo punto risulta fortemente a rischio la conclusione dell’iter entro questa legislatura.
Questa “legge bis” sull’affido si è resa necessaria dopo che il precedente testo approvato nel 2006 è stato sistematicamente forzato dalla magistratura nella fase applicativa, fino a tradire completamente lo spirito del dispositivo e perpetuare de facto nella maggior parte dei casi un affidamento monogenitoriale – quasi sempre alla madre.

 

Da un lato assistiamo ad una percentuale già di per sé bassa di concessioni “nominali” dell’affido condiviso – considerando che si dovrebbe poter escludere un genitore solo nei rari casi in cui questo sia potenzialmente pericoloso per il bambino. Dall’altro ci troviamo di fronte ad un sostanziale svuotamento del concetto di affido condiviso che viene ricondotto negli effetti pratici all’affidamento esclusivo ad un solo genitore attraverso l’invenzione ad hoc di figure giuridiche non previste, come il “genitore collocatario” o “prevalente”, e attraverso la sistematica adozione di soluzioni, come la “residenza privilegiata” o il mantenimento dei figli mediante assegno, che la riforma invece intenzionalmente superava.

Nei fatti, i nuovi DDL con relatrice la sen.Gallone ribadiscono e rendono vincolanti i principi del doppio domicilio e del mantenimento diretto.
Si prevede, in altre parole, che entrambi i genitori siano chiamati ad oneri diretti di cura del minore e che possano trascorrere con lui, flessibilmente, un tempo comparabile. Inoltre il padre e la madre mantengono direttamente il figlio per i capitoli di spesa che sono loro assegnati e dunque si fuoriesce dalla logica attuale in cui il genitore non affidatario (o “non collocatario”) deve trasferire un assegno all’altro genitore che dispone in pieno dell’effettiva spesa del denaro.

Il principio del diritto dei figli a fruire dell’apporto dei genitori in condizioni di parità nei doveri e nelle opportunità è un concetto moderno, avanzato ed evidentemente fair, tanto che pubblicamente è molto più facile per i politici dirsi favorevoli che contrari, prova ne sia il fatto che, alla fine, la prima legge sull’affido condiviso è stata approvata dal parlamento pressoché unanimemente. Tuttavia i contrari ci sono eccome, e la loro strategia in questa legislatura, così come lo era stata nella legislatura 2001-2006, è quella di tentare di insabbiare la riforma e poi, quando questa arriva effettivamente in discussione, di introdurvi emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno lo scopo di introdurre teste di ponte che consentono la continuazione di prassi applicative contra legem, ostili all’affidamento condiviso.

Contro la nuova legge militano oggi da un lato un malinteso femminismo che preferisce l’obiettivo di un sindacalismo di genere (in questo caso figli e soldi alle donne) a quello del superamento dei ruoli sessuali tradizionali, dall’altro l’atteggiamento corporativo dell’avvocatura e della magistratura che si sentono sminuite nelle loro prerogative dal progetto di riforma – e non bisogna dimenticare che avvocati e magistrati sono due categorie ampiamente “sovrarappresentate” all’interno delle aule parlamentari.

E’ chiaro, infatti, che l’affermazione del diritto soggettivo del minore ad un rapporto continuativo con entrambi i genitori toglie margini di discrezionalità e quindi in definitiva potere ai giudici ed al tempo stesso va a disinnescare il conflitto tra i coniugi per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio (e con esso l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa), privando gli avvocati di uno spazio lucrativo di azione professionale.

Proprio alcune associazioni di avvocati e di magistrati hanno portato in queste ultime settimane un attacco frontale al “condiviso bis”. E’ il caso dell’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura), dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori), dell’UNCM (Unione Nazionale Camere Minorili) e dell’AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia).

Le critiche di queste associazioni alla riforma sono in gran parte fuori bersaglio, al punto che – come notanol’associazione Crescere Insieme ed il Centro studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori spesso si riducono ad illazioni relative ad aspetti che neppure sono contenuti nel DDL. Nella maggior parte dei casi, si afferma in pratica che la legge sull’affido va bene così com’è, purché non venga applicata, e si sostiene come un “condiviso” effettivo andrebbe a detrimento del bambino e della donna.

In realtà il minore ha solo da guadagnare dal mantenimento di un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, tanto dal punto di vista del suo sviluppo psicologico ed emozionale, tanto da quello dell’effettivo tenore di vita – in quanto, quando i padri sono coinvolti direttamente nella cura dei figli, la loro predisposizione a spendere per loro si accresce.
Sostenere, invece, che il passaggio dall’assegno al mantenimento diretto “indebolisca” economicamente le donne rappresenta un’insinuazione alla quale le madri dovrebbero essere le prime a ribellarsi, dato che può implicare che esse attualmente spenderebbero per loro stesse il denaro che ricevono dall’ex-marito per il mantenimento dei figli. E non è un caso che proprio da associazioni di donne come la Federcasalinghe – espressione della categoria in teoria più “debole” – venga invece un vigoroso sostegno ai due DDL in nome di effettive pari opportunità.

Evidentemente ha del surreale il tentativo di giustificare l’affidamento esclusivo del figlio alla madre come forma di perequazione del gap economico e sociale tra uomini e donne, anche perché in caso di significativo squilibrio di reddito tra i due ex-coniugi sussistono altri strumenti compensativi (come l’assegno per il mantenimento del coniuge) che però devono collocarsi su un piano assolutamente distinto rispetto a quello dei rapporti dei genitori con il minore.

E malgrado le forze di centro-destra si mostrino in generale culturalmente aperte alla riforma dell’affido, non manca purtroppo anche chi preferisce rappresentare un anello di collegamento con gli interessi organizzati di giudici ed avvocati. E’ il caso, in gran parte, del sottosegretario alla Giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati che si sta producendo in inverosimili difese d’ufficio dell’operato della magistratura e delle attuali forme di applicazione dell’affidamento.

Non è escluso, peraltro, che dietro all’atteggiamento molto critico di alcune lobby nei confronti del “condiviso bis” vi siano anche questioni collaterali rispetto all’oggetto principale della riforma. Ad esempio, se la magistratura minorile appare particolarmente bellicosa è forse anche perché i DDL in esame prevedono l’unificazione delle competenze nei giudizi di affidamento, con l’equiparazione della filiazione naturale e legittima, attribuendole a sezioni specializzate del tribunale ordinario e non a forme riorganizzate del tribunale per i minorenni.
Allo stato attuale delle cose l’azione di lobbying degli avversari del “condiviso” pare destinata al successo e può essere contrastata solo dal prevalere di una chiara determinazione politica da parte dei maggiori partiti in favore della bigenitorialità.

Fin dai prossimi giorni occorrerà accrescere la pressione per addivenire ad una rapida calendarizzazione delle audizioni ed a seguire per portare la nuova proposta in aula.
Anche la legge del 2006 fu approvata in extremis, appena prima della conclusione del mandato delle due Camere: questo fa sperare che anche questa volta si sia ancora in tempo per portare il nuovo dispositivo al traguardo. Serve, però, un’effettiva volontà.

 

http://www.dirittoeminori.it/pages/la-vergogna-di-una-legge-applicata-per-finta-con-bambini-sacrificati-al-femminismo-agli-interessi-degli-avvocati-con-100-papa-che-si-suicidano-ogni-anno-si-rischia-una-tragedia/

 

Bambini sacrificati al femminismo con 100 papà che si suicidano ogni anno. Si rischia una tragedia.

Affido condiviso: riforma ostaggio delle lobby di avvocatura e magistratura

Non fa passi avanti la nuova legge sull’affido condiviso dei minori in caso di separazione (DDL 957 e 2454) che da troppo tempo giace in un cassetto al Senato.
Dopo la chiusura dei termini di iscrizione per le audizioni, il 16 marzo scorso, non ci sono stati fatti nuovi: a questo punto risulta fortemente a rischio la conclusione dell’iter entro questa legislatura.
Questa “legge bis” sull’affido si è resa necessaria dopo che il precedente testo approvato nel 2006 è stato sistematicamente forzato dalla magistratura nella fase applicativa, fino a tradire completamente lo spirito del dispositivo e perpetuare de facto nella maggior parte dei casi un affidamento monogenitoriale – quasi sempre alla madre.

 

Da un lato assistiamo ad una percentuale già di per sé bassa di concessioni “nominali” dell’affido condiviso – considerando che si dovrebbe poter escludere un genitore solo nei rari casi in cui questo sia potenzialmente pericoloso per il bambino. Dall’altro ci troviamo di fronte ad un sostanziale svuotamento del concetto di affido condiviso che viene ricondotto negli effetti pratici all’affidamento esclusivo ad un solo genitore attraverso l’invenzione ad hoc di figure giuridiche non previste, come il “genitore collocatario” o “prevalente”, e attraverso la sistematica adozione di soluzioni, come la “residenza privilegiata” o il mantenimento dei figli mediante assegno, che la riforma invece intenzionalmente superava.

Nei fatti, i nuovi DDL con relatrice la sen.Gallone ribadiscono e rendono vincolanti i principi del doppio domicilio e del mantenimento diretto.
Si prevede, in altre parole, che entrambi i genitori siano chiamati ad oneri diretti di cura del minore e che possano trascorrere con lui, flessibilmente, un tempo comparabile. Inoltre il padre e la madre mantengono direttamente il figlio per i capitoli di spesa che sono loro assegnati e dunque si fuoriesce dalla logica attuale in cui il genitore non affidatario (o “non collocatario”) deve trasferire un assegno all’altro genitore che dispone in pieno dell’effettiva spesa del denaro.

Il principio del diritto dei figli a fruire dell’apporto dei genitori in condizioni di parità nei doveri e nelle opportunità è un concetto moderno, avanzato ed evidentemente fair, tanto che pubblicamente è molto più facile per i politici dirsi favorevoli che contrari, prova ne sia il fatto che, alla fine, la prima legge sull’affido condiviso è stata approvata dal parlamento pressoché unanimemente. Tuttavia i contrari ci sono eccome, e la loro strategia in questa legislatura, così come lo era stata nella legislatura 2001-2006, è quella di tentare di insabbiare la riforma e poi, quando questa arriva effettivamente in discussione, di introdurvi emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno lo scopo di introdurre teste di ponte che consentono la continuazione di prassi applicative contra legem, ostili all’affidamento condiviso.

Contro la nuova legge militano oggi da un lato un malinteso femminismo che preferisce l’obiettivo di un sindacalismo di genere (in questo caso figli e soldi alle donne) a quello del superamento dei ruoli sessuali tradizionali, dall’altro l’atteggiamento corporativo dell’avvocatura e della magistratura che si sentono sminuite nelle loro prerogative dal progetto di riforma – e non bisogna dimenticare che avvocati e magistrati sono due categorie ampiamente “sovrarappresentate” all’interno delle aule parlamentari.

E’ chiaro, infatti, che l’affermazione del diritto soggettivo del minore ad un rapporto continuativo con entrambi i genitori toglie margini di discrezionalità e quindi in definitiva potere ai giudici ed al tempo stesso va a disinnescare il conflitto tra i coniugi per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio (e con esso l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa), privando gli avvocati di uno spazio lucrativo di azione professionale.

Proprio alcune associazioni di avvocati e di magistrati hanno portato in queste ultime settimane un attacco frontale al “condiviso bis”. E’ il caso dell’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura), dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori), dell’UNCM (Unione Nazionale Camere Minorili) e dell’AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia).

Le critiche di queste associazioni alla riforma sono in gran parte fuori bersaglio, al punto che – come notanol’associazione Crescere Insieme ed il Centro studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori spesso si riducono ad illazioni relative ad aspetti che neppure sono contenuti nel DDL. Nella maggior parte dei casi, si afferma in pratica che la legge sull’affido va bene così com’è, purché non venga applicata, e si sostiene come un “condiviso” effettivo andrebbe a detrimento del bambino e della donna.

In realtà il minore ha solo da guadagnare dal mantenimento di un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, tanto dal punto di vista del suo sviluppo psicologico ed emozionale, tanto da quello dell’effettivo tenore di vita – in quanto, quando i padri sono coinvolti direttamente nella cura dei figli, la loro predisposizione a spendere per loro si accresce.
Sostenere, invece, che il passaggio dall’assegno al mantenimento diretto “indebolisca” economicamente le donne rappresenta un’insinuazione alla quale le madri dovrebbero essere le prime a ribellarsi, dato che può implicare che esse attualmente spenderebbero per loro stesse il denaro che ricevono dall’ex-marito per il mantenimento dei figli. E non è un caso che proprio da associazioni di donne come la Federcasalinghe – espressione della categoria in teoria più “debole” – venga invece un vigoroso sostegno ai due DDL in nome di effettive pari opportunità.

Evidentemente ha del surreale il tentativo di giustificare l’affidamento esclusivo del figlio alla madre come forma di perequazione del gap economico e sociale tra uomini e donne, anche perché in caso di significativo squilibrio di reddito tra i due ex-coniugi sussistono altri strumenti compensativi (come l’assegno per il mantenimento del coniuge) che però devono collocarsi su un piano assolutamente distinto rispetto a quello dei rapporti dei genitori con il minore.

E malgrado le forze di centro-destra si mostrino in generale culturalmente aperte alla riforma dell’affido, non manca purtroppo anche chi preferisce rappresentare un anello di collegamento con gli interessi organizzati di giudici ed avvocati. E’ il caso, in gran parte, del sottosegretario alla Giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati che si sta producendo in inverosimili difese d’ufficio dell’operato della magistratura e delle attuali forme di applicazione dell’affidamento.

Non è escluso, peraltro, che dietro all’atteggiamento molto critico di alcune lobby nei confronti del “condiviso bis” vi siano anche questioni collaterali rispetto all’oggetto principale della riforma. Ad esempio, se la magistratura minorile appare particolarmente bellicosa è forse anche perché i DDL in esame prevedono l’unificazione delle competenze nei giudizi di affidamento, con l’equiparazione della filiazione naturale e legittima, attribuendole a sezioni specializzate del tribunale ordinario e non a forme riorganizzate del tribunale per i minorenni.
Allo stato attuale delle cose l’azione di lobbying degli avversari del “condiviso” pare destinata al successo e può essere contrastata solo dal prevalere di una chiara determinazione politica da parte dei maggiori partiti in favore della bigenitorialità.

Fin dai prossimi giorni occorrerà accrescere la pressione per addivenire ad una rapida calendarizzazione delle audizioni ed a seguire per portare la nuova proposta in aula.
Anche la legge del 2006 fu approvata in extremis, appena prima della conclusione del mandato delle due Camere: questo fa sperare che anche questa volta si sia ancora in tempo per portare il nuovo dispositivo al traguardo. Serve, però, un’effettiva volontà.

 

 

Testo reatto da http://www.libertiamo.it/2011/06/21/affido-condiviso-riforma-ostaggio-delle-lobby/

La cultura del "SOSPETTO" e della pubblica accusa in assenza di prove attendibili* è una cultura di STUPRO DEI MINORI.

Quelli che vengono chiamati abusologi (gli “esperti” che vedono abusi sessuali ovunque!) agiscono quasi sempre nel rispetto della legge, adeguatamente studiata, sapientemente aggirata.

La legge non è perfetta e, in queste condizioni “terrene” di imperfezione, la Giustizia è affidata all’etica professionale di chi lavora.

Purtroppo – e accade meno infrequentemente di quanto si pensi – se i principi etici vengono meno, si puo’ far passare per “giusto” un crimine. Legittimandolo con artefizi e cavilli giuridici.

Per ovviare a questi casi di aberrazione giudiziaria servirebbero nuove leggi capaci di fermare i fenomeni criminali “parassitari” di procedimenti previsti per tutt’altro scopo. E servirebbero soprattutto magistrati consapevoli dell’esistenza di queste manipolazioni e dell’urgenza di bloccarle.

Finora il sitema giudiziario sembra essere stato fortemente tollerante, invece, con gli “abusologi” anche tenuto conto del fatto che i bambini non parlano e se parlano si può far dir loro quello che piu’ aggrada.

Dobbiamo capire – e la vicenda di Avetrana che riecheggia in questi giorni  è maestra da questo punto di vista – che l’accertamento della verità in un procedimento per reati INTRAFAMILIARI è qualcosa di delicatissimo e all’interno del quale si agitano i tentativi di depistaggio piu’ fantasiosi e piu’ difficili da scoprire.

I PROCEDIMENTI condotti sui bambini e volti all’accertamento di un abuso attraverso tecniche induttive sono DEVASTANTI.

Alcune ricerche indicano che la cultura del sospetto (in assenza di prove certe) è una cultura di STUPRO DELL’INFANZIA.

I bambini vittime di indagini volte ad appurare un presunto abuso subiscono un DANNO PARI a quello subito dai bambini REALMENTE ABUSATI.

In sostanza e paradossalmente il procedimento giudiziario è (lo dicono le statistiche) nel 92 % dei casi il VERO AGENTE dell’ABUSO SUI MINORI.

In medicina una qualsiasi tipo di indagine che dovesse avere un rapporto DANNO/BENEFICIO così alto (92% di falsi abusi in procedimenti avviati in assenza di prove certe e, soprattutto, connessi con cause di separazione) sarebbe immediatamente DICHIARATO IMPRATICABILE e ILLEGALE.

Nel diritto familiare e nella tutela dei minori, invece, questa cautela non sembra INTERESSARE.

E i bambini possono essere STUPRATI dai cosiddetti abusologi (in genere provenienti dalle fila degli assistenti sociali, genitori malevoli, avvocati, psicologi e psichiatri…)

Ad avviso di chi scrive esistono situazioni frequentissime in cui, essendo dimostrata l’esistenza di un DANNO CERTO al minore causato dalle procedure di accertamento stesse e – IMPORTANTE! –  in mancanza di indicatori specifici di abuso*, quelle “procedure” sarebbe meglio – se non addirittura d’obbligo – evitare.

Profondamente addolorato per cio’ che è avvenuto e sta avvenendo ad un numero enorme di bambini nel nostro paese.

 

———–

References:

http://www.dirittoeminori.it/pages/universita-di-modena-il-92-delle-accuse-di-abuso-in-corso-di-separazione-sono-infondate/

http://www.alienazione.genitoriale.com/i-falsi-abusi-sono-un-abuso/

Prof. Francesco Montecchi – neuropsichiatra infantile, presidente della Onlus “ la Cura del Girasole”

http://www.youtube.com/watch?v=3jifSWQFIkk (Parte 1/3)

http://www.youtube.com/watch?v=zD73sMoyX64 (Parte 2/3)

http://www.youtube.com/watch?v=YpDQNTroPEo (Parte 3/3)

 

Dr. Gaetano Giordano – Medico, Psicoterapeuta, Presidente CSSAM

http://www.youtube.com/watch?v=Exf2U4FYh6E (Parte 1/2)

http://www.youtube.com/watch?v=Sas2byMoP80 (Parte 2/2)

 

http://www.abusologi.com

 

* leggasi: “prove attendibili o indicatori specifici di abuso”

 

Prassi consolidate ormai “passate” a cultura popolare

http://www.youtube.com/watch?v=9vceQ2yfwLI

http://www.youtube.com/watch?v=ulKTRNtOhBI

 

 

Sottrazione Internazionale di Minori e prevenzione. L'orientamento giurisprudenziale è quello di negare l'affido condiviso al genitore che potrebbe portare i figli all'estero.

L’affido condiviso deve essere negato al genitore sospettato di voler portare i figli all’estero

“ Il fenomeno della sottrazione internazionale dei minori – continua – è una delle peggiori piaghe del nostro Paese. Ogni anno infatti si registra una sorta di esodo di massa di figli sottratti a livello internazionale (300 ogni anno) che determinano vere e proprie tragedie familiari, atteso che restano ancora pochissimi i casi risolti positivamente con il rimpatrio dei minori sottratti. In particolare, i Paesi del Nord Africa non hanno ratificato la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, ragion per cui tutti i bambini sottratti al genitore italiano e portati nei Paesi magrebini non possono essere tutelati dalla Convenzioni Internazionali, con il rischio concreto che essi non potranno più fare ritorno in Italia presso l’altro genitore.

 

Dunque la Corte d’Appello di Perugia ha stabilito il principio che in caso di pericolo di sottrazione internazionale di minori, l’affidamento condiviso non può essere applicato.

http://www.comunicazionedigenere.it/2011/05/12/laffido-condiviso-deve-essere-negato-al-genitore-sospettato-di-portare-i-figli-all%E2%80%99estero/

Un interesse superiore del minore ormai privo di qualsiasi contenuto reale

“Sia le donne che gli uomini possono essere crudeli. L’unica cosa di cui un bambino ha davvero bisogno, i suoi genitori assieme sotto lo stesso tetto, viene minata dall’ideologia che dice di difendere i diritti delle donne.”  avvertiva Erin Pizzey, fondatrice del primo centro antiviolenza per donne vittime di maltrattamenti ed esperta di tematiche legate alla violenza domestica.

Parole forse inutili quelle della Pizzey, parole e appelli comunque inascoltati i suoi. Quanti crimini, quanti saccheggi, quanta ingiustizia, invece, sono stati perpetrati al riparo di questo  slogan abusato – l’interesse superiore del minore appunto – nel corso di interi decenni avendolo ormai (o forse da sempre) svuotato di qualsiasi reale contenuto.

Quante volte e per quanto tempo, invece, l’interesse vero dei bambini è stato la leva di battaglie di tutt’altro ordine e genere. A cominciare da quelle per i diritti femminili anni 70 dove i figli diventarono figli di una guerra senza luce e senza pietà nel naufragio di matrimoni iniziati e terminati spesso nel giro di pochi anni.

Quelle che si consumano all’interno delle separazioni sono guerre ignobile e terribili, che raccontano la folle crudeltà di un sistema che attraverso la “giustizia” riesce a creare solo dolore e ingiustizia.

Una vera cattiveria umana vissuta sulla pelle di adulti e bambini e sostenuta da un sistema folle come quello che nei nostri paesi dovrebbe garantire per prima cosa “giustizia” ai bambini, e che invece la prima cosa che regala loro è il conflitto e le relative tragedie.

Ci sono tanti genitori che, a causa di questa logica folle, hanno perso ogni contatto con i propri figli. Casi nei quali si evidenzia tutta la paradossalità della nostra cultura – una cultura che vive nella logica di identificare nelle separazioni e nel conflitto la soluzione ai conflitti e alle separazioni.

La nostra – in altri termini – è una cultura che considera normale il fare la guerra contro la guerra, o combattere la violenza con altre violenze: una logica della contrapposizione che implica solo la contrapposizione e la scissione come soluzioni alle contrapposizioni e alle scissioni.

Una cultura che non punta mai ad accrescere e integrare ciò che appare separato e in conflitto.

Ci sono figli che, in seguito alle lotte (spontanee ma piu’ spesso fomentate) fra i genitori, vengono portati per sempre in altri stati, bambini letteralmente rapiti ad un loro genitore, un genitore che oggi forse loro stessi non conoscono e non ricordano più, e che vivono all’estero, in terre assolutamente lontane.

Moltissimi i bambini italiani cui viene reso impossibile per anni incontrare uno dei due genitori.

Siamo una cultura che vive di leggi e sentenze, ma nessuno di noi vuole rispettarne davvero una, se non è quella che gli conviene. Impedire ad un figlio di frequentare l’altro genitore è un comportamento che in realtà crea una lesione profondissima dell’equilibrio di un bambino che sarà sempre un adulto amputato.

Per contro il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, implica una violazione degli obblighi di assistenza familiare: per il nostro codice e la nostra magistratura, dunque, si accudisce un bambino solo dando i soldi. Poi, si può pure sparire, o fargli sparire un genitore, e non si commette reato.

Sono tragedie disumane, queste, e ogni volta che un bambino è costretto a perdere un genitore muore un mondo.

Ma noi viviamo in una cultura che non solo è indifferente a questo, ma che addirittura ne trae profitto: il contenzioso per l’affido dei figli genera decine di milioni di euro l’anno, e nessuno vuole rinunciarci: né le lobby professionali, né coloro che traggono altri profitti, più o meno indiretti, da tutto questo.

Ci sono intere categorie che traggono potere e denaro dal permanere di questo clima di continua conflittualità nella nostra società.

Non parlo solo degli avvocati, ma anche di chi si occupa di assistenza sociale, chi si occupa di perizie, chi ha case famiglie dove ospitare i bambini vittime del disagio genitoriale.

Sono in tanti a guadagnare dalle tragedie che triturano il cuore dei bambini.

Di fronte all’immane tragedia della realtà familiare occidentale c’è chi adesso è pronto a giurare che ciò che manca è il Padre interno, quindi la capacità di crescere e di non essere figli in accontentabili e privi di regole. Figli in accontentabili, viziati, incapaci di trovare un Senso e un Logos nell’esistenza capace di definirci attraverso limiti e non soltanto bisogni.

Del resto gli stessi figli vengono ridotti a optional del passatempo, e buttati in un cassonetto se considerati un peso, un ostacolo, o anche i testimoni di una vita non goduta: la madre figlicida è sempre considerata incapace di intendere e volere, al contrario del padre figlicida che viene sempre considerato colpevole perchè capace di intendere e volere, proprio perché il figlio è considerato sempre più una cosa destinata solo ad allietare e gratificare un’esistenza.

Il Padre è una figura fondamentale, presente, come lo è quella della Madre, archetipicamente nella psiche di tutti, una figura che ci guida nel mondo mediante regole senza le quali siamo persi, che ci dà la capacità di elaborare il dolore, che ci dà stima e forza in noi stessi, e ci regala la voglia, e la possibilità, di guardare in alto, e oltre, alla ricerca di nuovi domini e nuove dimensioni da affrontare.

Perdere il Padre interno, ma anche quello esterno, vuole dire perdere il diritto alla vita, al confronto con l’esistenza, alla possibilità di vivere la propria autonomia come autonomia e non come desideri che qualcun altro ci deve soddisfare, lasciandoci alla nostra impotenza.

Chi rispondera’ di tutto questo?
Quando riusciremo a porre la parola fine al massacro?

Le domande appaiono lecite.
Le risposta, invece, ancora e nonostante tutto, tardano a venire.

gf

[dewplayer:http://www.dirittoeminori.it/vita_bella.mp3]

Perché lo Stato deve costringere un padre ad umiliarsi? E' un delitto amare un figlio?

La questione sta tutta qui, e in Italia moltissimi operatori della giurisdizione sembrano ancora lontani dall’osservare un concetto di logica elementare come un’addizione. A svegliare le coscienze dormienti, probabilmente, ci ha pensato il giornalista Gianluigi Schiavon (autore del libro “Il bambino del mercoledì”), alla cui vicenda è stata dedicata la seconda parte della (purtroppo andata in onda in una fascia oraria proibitiva – dalle 00.26 in poi).

Nel 2003 Schiavon si separa dalla moglie; nella prima udienza riguardante l’affidamento del figlio di 4 anni, tutto sembra essere “nella norma” (siamo ancora in periodo pre-affido condiviso), affidamento alla madre e visite libere del padre (“potrà vedere il figlio quando vorrà“).

Dopo 10 giorni un ricorso della ex moglie del giornalista trova un giudice che accorda una restrizione delle visite limitata al mercoledì più due weekend al mese. Il motivo ? La donna senza che ci fossero testimoni afferma che negli incontri del figlio con l’ex marito ci fosse tensione; nessuna testimonianza ma il giudice accoglie. Parte la prima decisione iniqua verso un padre accusato di petulanza (telefonava troppo per poter vedere il figlio, assolto con formula piena nel giudizio penale appena concluso, NDR).

Non finisce qui, perchè il CTU, che sarebbe un consulente psicologo nominato dal tribunale, decide che l’ex moglie è inadeguata ad avere l’affidamento del figlio, ma a causa della sentenza precedente, il 12 aprile del 2006 il bambino viene affidato ai servizi sociali. Gli assistenti sociali prendono, come sono soliti fare, il “potere assoluto” sulla vicenda familiare, e dispongono, senza alcuna motivazione, che il bambino (che ormai ha 7 anni) veda il padre solo in modalità protetta, cioè in una stanzetta con qualcuno degli assistenti sociali che vigili sulla visita; praticamente come un incontro in cella da carcere.

In breve, il figlio studia dei stratagemmi per incontrare il padre anche per mezzo minuto, telefonandogli di nascosto e creando finti incontri casuali, quando succede il figlio si lancia nell’abbraccio del padre, ma subito dopo viene portato via. Finalmente, un paio di giudici decidono di leggere il fascicolo per capirci qualcosa: entrambi i giudici non si spiegano perchè il padre sia stato privato dal vedere il figlio e di averne l’affidamento una volta risultata inadeguata la madre del bambino, ancora più clamoroso che in 5 anni, nessuno abbia voluto spiegare il perchè di quell’assurda decisione degli assistenti sociali.

Ad un certo punto il Schiavon decide di ribellarsi a quella misura iniqua, a quella violenza privata a cui molti assistenti sociali, pur di non fare assistenza domiciliare, costringono tante famiglie italiane. Decide  di rifiutare quelle modalità di incontro per non creare disagio al figlio.

Il risultato è straziante: il giornalista non vede il figlio dal 12 Aprile 2006.

Tutti zitti in sala, via i luoghi comuni, qualcuno abbozza una frase ma la tronca subito. Qualcuno ha le lacrime agli occhi (Tiberio).

Va di scena la malagiustizia familiare, protagonista è la vergogna.

Il Canada stringe sugli infanticidi. Niente più sconti di pena né attenuanti per le madri omicide

Madri che sfuggono alla pena per omicidio

Il Consiglio Canadese per i Diritti dei Bambini prende posizione per l’eliminazione dal codice penale del Canada del reato di infanticidio

Il Consiglio Canadese per i Diritti dei Bambini sostiene che la vita di un neonato vale quanto quella di un adulto e che il reato penale di infanticidio deve essere eliminato dal codice penale del Canada.
Gran parte degli aspetti e condizionamenti sociali sono cambiati e la situazione delle neo-madri sono molto migliorate nel tempo, considerando, ma non solo: lo stigma storico della ragazza madre o fuori dal matrimonio; l’attuazione di un sistema di assistenza sociale universale; la scelta e disponibilità dell’aborto per le madri che non desiderano esserlo; gli attuali metodi di controllo delle nascite e l’uguaglianza delle donne sono alcuni dei motivi per l’eliminazione di quella particolare attenzione alle donne che fissa un massimo di 5 anni di reclusione per le madri che uccidono i loro bambini. Le stesse accuse di omicidio dovrebbero valere per neonati, bambini ed adulti.
Storicamente, le donne erano trattate come inferiori e meno responsabili delle proprie azioni rispetto agli uomini. Il reato di infanticidio è una discriminazione basata sul sesso, una violazione della Carta Canadese dei Diritti e delle Libertà.

Il Codice Penale del Canada prevede, per la difesa di tutte le persone accusate di reati penali, una serie di attenuanti che diminuiscono la responsabilità sulla base della malattia mentale. La depressione post-partum, chiamata anche la depressione “postnatale”, subita da alcune donne – ed anche da alcuni uomini – dopo la nascita dei bambini, è un argomento che può essere gestito dalla difesa ai fini delle attenuanti nell’ambito del processo.

Quando la polizia e gli avvocati della Procura imputano la madre di infanticidio, fissano già un elemento di predeterminazione del suo stato mentale al momento dell’omicidio. Un’imputazione del genere non esiste riguardo all’omicidio di un adulto. Se così fosse, l’autore dell’omicidio sarebbe una persona malata di mente. Per questo motivo la giustizia lascia tale giudizio alla sentenza del giudice, che considera tutte le prove degli esperti in maniera imparziale, senza l’influenza o la predeterminazione dell’imputazione.
Questa posizione è coerente con quella delle Nazioni Unite.
Dal compendio 2 “Bambini e Violenza” dell’UNICEF (Nazioni Unite)
Infanticidio ed omicidio di bambini

“Un’analisi di 285 omicidi di vittime di età inferiore ai 18 anni, commessi nel Regno Unito tra il 1989-1991, ha trovato che solo il 13 per cento delle vittime erano state uccise da sconosciuti; il 60 per cento erano state uccise dai genitori. Sono stati riscontrati 56 risultati simili negli Stati Uniti e in Australia. Nei paesi in cui vengono analizzate le statistiche di omicidi secondo l’età della vittima, i neonati e i bambini molto piccoli si trovano spesso ad essere il gruppo di età più a rischio. Nel Regno Unito, i bambini di età inferiore all’anno sono quattro volte più a rischio di essere vittime di omicidio che qualsiasi altro gruppo di età; la maggior parte uccisi dai loro genitori.
In molte normative giuridiche l’infanticidio viene ritenuto come un delitto minore, anche quando comporta l’uccisione intenzionale di un bambino. La logica è quella di provvedere ad una difesa speciale per le mamme che soffrono dei traumi psicologici a causa della nascita. Tuttavia, in molte di queste stesse normative giuridiche, ci sono per la difesa attenuanti che riconoscono la diminuita responsabilità alle accuse di omicidio e che possono essere applicate in casi particolari. Appare quindi evidente che la radice dello status speciale di questo crimine risale al fatto che la vita di un neonato ha meno valore di quella di una persona più adulta.
Contrariamente alla consueta ipotesi che l’infanticidio sia un problema del mondo orientale piuttosto che del mondo occidentale, nella sua opera “Storia dell’Infanzia” Lloyd de Mause documenta che l’infanticidio di bambini legittimi ed illegittimi”…era una regolare pratica dell’antichità; l’uccisione dei figli legittimi fu lentamente ridotta durante il Medio Evo (dunque equilibrando le forte disparità delle nascite di uomini e di donne in molte società); invece i figli illegittimi continuarono ad essere regolarmente uccisi fino al XIX secolo … Benché Thomas Coram avesse aperto il suo ospedale a Londra nel 1741, motivato dal non poter sopportare di veder morire i neonati giacenti nelle grondaie e marcendo nei mucchi di letame, ancora nel 1890 era comune vedere neonati morti per le strade di Londra…”.

L’infanticidio è stato praticato come un brutale metodo di pianificazione familiare…”

Inoltre il compendio delle Nazioni Unite afferma:

“Riguardo alle molte forme di violenza sui bambini, una maggiore sensibilità sta portando ad una maggiore visibilità e – si spera – ad una efficace prevenzione. Le ricerche disponibili dei diversi paesi suggeriscono che, almeno al di fuori delle zone di guerra attiva, i bambini sono più a rischio di violenza – compresa la violenza sessuale – nelle loro case, vittime di adulti vicini a loro. Purtroppo, in genere, i tentativi di documentare la portata globale della violenza sui bambini durante la loro infanzia, sono un riflesso del basso status dei bambini, della scarsa priorità politica accordata loro e forse più immediatamente un riflesso della colpa individuale e collettiva degli autori di violenza adulti sui bambini…”.
“…E’ un triste paradosso della civiltà umana che proprio i più piccoli e i più vulnerabili della popolazione dovessero aspettare fino all’ultimo per ottenere un coerente riconoscimento sociale e giuridico dei loro pari diritti all’integrità fisica e personale, alla protezione da tutte le forme di violenza interpersonale. Solo una manciata di paesi hanno finora adottato leggi per dare ai bambini la stessa protezione, contro le aggressioni fisiche, di cui godono gli adulti. Nella maggior parte degli stati le punizioni violente, tra cui percosse con degli oggetti, restano comuni ed ammesse dalla legge.
Tuttavia, vi è ora una maggiore consapevolezza che l’assunzione del diritto dei bambini alla protezione contro l’ordinaria violenza fisica nelle case e nelle istituzioni è di vitale importanza per il miglioramento del loro status, come lo è stato per le donne quando si è assunto il loro stesso diritto di protezione dall’ordinaria violenza domestica e della comunità.
A guidare questa tendenza è il Comitato sui Diritti del Fanciullo, l’organismo di controllo internazionale per la Convenzione, che ha sempre sfidato le leggi che autorizzano le punizioni fisiche dei bambini, raccomandando una chiara riforma giuridica e dei programmi educativi”.

Traduz. per CDVD a cura di Santiago G.

03 marzo 2011

http://www.canadiancrc.com/Infanticide_Canada-Position_Statement_Canadian_Childrens_Rights_Council_and_UN.aspx

 

Lecito, per madri assassine, ricorrere a depressione per ottenere pene più lievi”

TORONTO – Erika Mendieta, accusata di aver picchiato a morte la figlia nel 2003, è stata condannata a sei anni di prigione. La sentenza è stata emessa ieri da un giudice di un tribunale di Toronto. Siccome Erika Mendieta ha già scontato del tempo in prigione prima del processo, la sua sentenza è stata ridotta a 4 anni e 9 mesi. La 34enne di Toronto fu accusata di omicidio a febbraio. La figlia, Emmily Lucas, fu picchiata a morte nel 2003. Durante il processo, è emerso che la spina dorsale e la testa della bambina erano state gravemente danneggiate e riportavano ferite molto gravi, ma la madre non chiamò il 911.
La sentenza
La Corte d’Appello dell’Ontario ha deciso di confermare le leggi sull’infanticidio e ha deciso che le donne accusate di aver ucciso deliberatamente i figli piccoli possono utilizzare l’infanticidio causato da disturbi mentali, come la depressione post parto, come difesa e avere così una sentenza ridotta grazie all’attenuante. Con una votazione di tre pareri favorevoli contro zero contrari, la più alta Corte dell’Ontario ha respinto l’appello nel caso della donna di Guelph, conosciuta con le iniziali L.B., che dopo aver ammesso di aver soffocato i suoi due figli riuscì ad evitare una condanna per omicidio e quindi l’ergastolo.
Il suo caso fu trattato come infanticidio e la sentenza, quindi, ridotta. Anche se questo tipo di crimine viene punito con almeno 5 anni di prigione, L.B. ha ottenuto un credito per aver già scontato del tempo in carcere. Quindi avrà ancora un anno da scontare.
In Canada sono in tutto 86 le donne condannate per infanticidio dal 1977.

http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=106576

Coppia lesbica picchia a morte bambino di 4 anni: "Non diceva Papà"

Johannesburg – Bambino di 4 anni, è stato brutalmente percosso, e ucciso, per essersi rifiutato di chiamare la compagna della madre, “papà”.

Lydia Nkomo, e sua figlia Aletta Lesiba, entrambe commesse (nere) nel negozio di proprietà della coppia (bianca), hanno riferito di aver visto la compagna della madre biologica scagliarsi violentemente contro il bambino dopo la richiesta, ed il conseguente rifiuto dello stesso, di chiamare la donna, papà.

Entrambe le commesse hanno testimoniato d’aver visto la compagna della madre picchiare violentemente il bambino sotto gli occhi della madre naturale, senza che questa sia minimamente intervenuta per proteggerlo.

Al bambino sono state riscontrate lesioni di tale entità, da esse paragonate a quelle causate dalla caduta da un secondo piano di un edificio.
http://www.mg.co.za/articlePage.aspx?articleid=267420&area=/breaking_news/breaking_news__national/#
Trad. da The Star
newspaper del 23/03/2006

[Foto liberamente reperita sul web e NON legata alla notizia]