Fermi tutti. Un minore non può essere considerato in stato di abbandono quando alcuni suoi parenti, entro il quarto grado, si siano fatti avanti e abbiano dato la disponibilità a prendersene cura. A deciderlo non senza qualche sorpresa è stata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2102/2011. Secondo la Cassazione, tutto ciò vale anche se in passato questi parenti non hanno costruito “significativi rapporti” con il bambino. Il caso prende le mosse dalla richiesta dei nonni e degli zii materni di un bambino nato d genitori tossicodipendenti, ed imemdiatamente assegnato a una struttura assistenziale dopo a nascita.
Una sentenza importante perché segna un cambiamento di rotta nella giurisprudenza sull’argomento. Fino a ieri tribunali e Suprema Corte avevano infatti seguito l’orientamento contrario, ovvero avevano considerato adottabile il bambino anche in presenza di parenti entro il quarto grado, dando più importanza ai “significativi rapporti”. In assenza di questi, si sosteneva, non aveva senso decretare l’affidamento del minore a un parente mai visto.
La nuova sentenza stabilisce invece l’esatto contrario, in funzione della dichiarazione di disponibilità a occuparsene, se fatta entro un lasso di tempo ragionevole, e può quindi costituire la base per lo sviluppo della relazione familiare.
E’ chiaramente una sentenza che rivaluta l’importanza dei legami biologici rispetto a quelli sociali e che tenta di lasciare il più possibile il bambino, quando esistono risorse adeguate, nel suo contesto familiare.
Dichiarazione di adottabilità – No se i nonni ne hanno chiesto l’affidamento fino dalla nascita
Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. – Sent. del 28.01.2011, n. 2102
Svolgimento del processo
1. Il tribunale per i minorenni di Firenze con sentenza 27 luglio 2009 dichiarava lo stato di adottabilità del minore N.S.D. , nato il (…) (e collocato sin da tale momento presso una struttura assistenziale), da A..N. e R..M. , negandone l’affidamento ai nonni ed agli zii materni che lo avevano richiesto. Il tribunale motivava la decisione con l’incapacità dei genitori, gravati da problemi di tossicodipendenza ed il padre anche da trascorsi penali, di occuparsi di lui adeguatamente, nonché dei nonni, per le condizioni di salute del nonno, l’impegno lavorativo della nonna e per i loro difficili rapporti con i genitori del minore. La sentenza veniva impugnata dalla madre del minore e dai nonni materni, G.M. e Ca. Ma., nonché separatamente dal padre. La Corte d’appello, con sentenza depositata il 31 dicembre 2009, notificata il 22 gennaio 2010, rigettava i gravami. Avverso di essa proponeva ricorso a questa Corte A. N., con atto notificato il 19/20 febbraio 2010 al P.G. presso la Corte d’appello di Firenze, alla curatrice speciale del minore, a R..M., M.G. e Ca. Ma., i quali hanno a loro volta proposto ricorso incidentale, con atto notificato alle parti anzidette in data 24 marzo 2010.
Motivi della decisione
1. I ricorsi vanno riuniti per essere decisi unitariamente ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
2.1. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 1, 8 e 15 della legge n. 184 del 1983. Si deduce che la sentenza impugnata si è discostata dagli orientamenti interpretativi di dette disposizioni espressi dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenze nn. 15011 del 2006; 26667 del 2007; 4388 e 5739 del 1995; 12491 del 2000), secondo la quale, dovendosi preferire la crescita del minore nella famiglia naturale, lo stato di adottabilità può essere dichiarato solo ove si accerti tale impossibilità nonostante si siano sperimentati adeguati interventi di sostegno da parte dei servizi sociali e si sia verificata la impossibilità di affidamento ai nonni o altri stretti congiunti. Nel caso di specie, inoltre, in contrasto con detta giurisprudenza, non sarebbe stata accertata la permanenza al momento della pronuncia dello stato d’incapacità dei genitori naturali a crescere il minore in modo adeguato, stato d’incapacità esistente al momento della nascita a causa della tossicodipendenza – per cui il minore fu affidato a una struttura – ma successivamente venuto a cessare. Né secondo detta giurisprudenza lo stato di abbandono poteva essere legittimamente fatto derivare, come avrebbe fatto la sentenza impugnata, dalla mancanza di rapporti pregressi fra genitori e figlio, essendo questa dovuta al ricovero dello stesso, per provvedimento dell’autorità, presso una struttura; e tanto meno poteva essere fatto derivare, come ha fatto la Corte, dalla richiesta dei genitori di affidare il minore ai nonni, essendo tale richiesta conforme allo spirito della legge n. 184.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 8 e 12 della legge n. 184 del 1983, in relazione alla interpretazione data dalle sentenze nn. 1095 del 2000, 10696 del 1996 e 2397 del 1990 di questa Corte, per avere la sentenza impugnata dichiarato lo stato di adottabilità del minore nonostante la disponibilità dei nonni, sulla base dell’affermazione, non rilevante per legge al fine su detto, della mancanza di rapporti significativi con il minore.
Con il terzo motivo si denunciano vizi motivazionali per avere la sentenza impugnata incongruamente ritenuto prova dello stato di abbandono la richiesta dei genitori di affidare il minore ai nonni; per averne negato l’affidamento a questi ultimi sulla base della mancanza di rapporti significativi non dovuta alla loro volontà, ma al ricovero del minore, d’autorità, in un istituto. Parimenti incongrua, sarebbe la dichiarazione dello stato di abbandono per la mancanza di rapporti significativi del minore con la madre (stante l’avvenuto collocamento in istituto) e per avere essa preferito che fosse affidato ai propri genitori anziché collocato con lei in una comunità di recupero per tossicodipendenti. Ancora incongrua sarebbe la valutazione della impossibilità di affidare il minore ai nonni per la loro conflittualità con la figlia, anche se la figlia fosse andata a vivere con loro. Inadeguata sarebbe, ancora, la valutazione del percorso di recupero compiuto da esso ricorrente, del ricomporsi del nucleo familiare con la nascita di una bambina, della ripresa della convivenza fra i genitori in una casa comune, del lavoro trovato da esso ricorrente. Privo di motivazione sarebbe il diniego della possibilità che il minore vada a vivere con loro.
2.2. Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia la violazione degli artt. 1 e 8 della legge n. 184 del 1983. Si deduce che la dichiarazione dello stato di adottabilità presuppone l’impossibilità d’inserimento del minore nella famiglia di origine o in quella di parenti fino al quarto grado e il preventivo intervento dei servizi sociali a sostegno della famiglia di origine. Nel caso di specie, invece, sarebbe stato negato l’affido sia ai nonni materni che lo avevano richiesto, sia alla madre che l’aveva richiesto appena uscita dalla comunità di recupero per tossicodipendenti, come risultante dai documenti nn. 1 – 5 in atti. La mancanza di vaglio approfondito di tutte le misure alternative alla dichiarazione dello stato di adottabilità vizierebbe la sentenza impugnata.
Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 8 della legge n. 184 del 1983, per avere la Corte d’appello deciso in maniera difforme dall’orientamento di questa Corte (Cass. 21 settembre 2000, n. 1249), secondo il quale lo stato di abbandono va escluso in base all’evoluzione in positivo della situazione della madre, già tossicodipendente, risultante da documentazione (citata) in atti, nonché in base alla disponibilità dei nonni a prendersi cura del minore.
Con il terzo motivo si denuncia ancora la violazione del su detto art. 8, in relazione al mancato esame delle circostanze sopravvenute, costituite dalla ripresa della convivenza della madre del minore con il padre, in un’abitazione comune, la nascita di una bambina, la stabile situazione lavorativa del padre, il recupero dalla tossicodipendenza. In relazione a tali circostanze la sentenza impugnata avrebbe omesso di prendere in considerazione la possibilità d’inserimento del minore nella famiglia naturale con il sostegno dei servizi sociali.
Con il quarto motivo si denuncia la violazione degli artt. 8 e 15 della legge n. 184 del 1983. Si deduce che ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità la situazione di abbandono del minore, ai sensi del citato art. 15, deve persistere all’esito del procedimento e vi deve essere la non disponibilità ad ovviarvi. Nel caso di specie la Corte d’appello avrebbe trascurato che sia la madre che i nonni materni e gli zii erano disponibili a prendersi cura del minore. Vi sarebbe prova in atti sia del recupero dalla tossicodipendenza della madre, sia della richiesta di affidamento da parte dei nonni, avanzata già nel 2006 e reiterata nel 2008 con il deposito di istanze al tribunale per i minorenni e l’impugnazione della sentenza di primo grado. Inoltre, per quanto riguarda gli zii, vi sarebbe prova in atti della loro disponibilità a sostenere economicamente la nonna e la madre in caso di affidamento del minore.
Con il quinto motivo si denuncia la violazione degli artt. 8 e 12 della legge n. 184 del 1983, per avere la sentenza dedotto lo stato di abbandono da elementi del tutto astratti, essendo stato il minore istituzionalizzato sin dalla nascita ed essendo stata inibita ogni sperimentazione di affidamento alla madre o ai nonni. Ne deriverebbe, in contrasto con dette norme e con la giurisprudenza di questa Corte, che l’apprezzamento dello stato di adottabilità sarebbe stato svolto in base a una valutazione astratta ex ante e negando l’affidamento ai nonni e agli zii per la mancanza di rapporti significativi che lo stesso tribunale ha impedito. Non si sarebbe inoltre tenuta nel debito conto la personalità dei nonni, incensurati e dotati di stabilità economica, secondo quanto documentato in atti.
Con il sesto motivo si denunciano, infine, vizi motivazionali in relazione al fatto decisivo dell’abbandono, fondato dalla sentenza impugnata sulla inidoneità dei genitori e dei nonni a svolgere un ruolo genitoriale. In particolare erroneamente la sentenza avrebbe tratto la conclusione dell’incapacità dei genitori di curarsi del figlio dalla loro richiesta, fatta in passato in relazione a situazioni allora contingenti, di affidarlo ai nonni, piuttosto che lasciarlo in un istituto mentre essi compivano il loro percorso di recupero. La Corte non avrebbe infatti tenuto conto che allo stato, mutata la situazione, essi erano pronti a prendere il minore con sé, nella famiglia ormai ricostituita. Insufficiente sarebbe anche la valutazione d’inidoneità dei nonni a prendersi cura del minore, fondata su un conflitto con la figlia esistente nel 2006 e ormai superato, tanto che la figlia era andata a vivere con loro, prima di riprendere la convivenza con il compagno, padre della minore.
2.3. Quanto alle censure attinenti alla ritenuta incapacità dei genitori di prendersi cura del minore, vanno esaminate congiuntamente le censure contenute nel primo e terzo motivo del ricorso principale e nei sei motivi del ricorso incidentale, relative:
a) al rilievo dato dalla sentenza impugnata ai fini della declaratoria di adottabilità alla mancanza di rapporti significativi fra i nonni e il minore;
b) al rilievo negativo attribuito alla richiesta della madre del minore di affidarlo ai nonni;
c) al mancato accertamento della permanenza al momento della pronuncia della Corte d’appello della loro incapacità a prendersene cura, anche mediante il sostegno dei servizi sociali, nonostante l’evoluzione positiva rispetto alla tossicodipendenza, la ripresa della loro convivenza con la nascita di una bambina, la stabile situazione lavorativa trovata dal padre, la cessazione del conflitto della madre del minore con i propri genitori.
Al riguardo va osservato che la sentenza impugnata ha dato in proposito decisivo rilievo al fatto che gli stessi genitori, nelle conclusioni prese dinanzi alla Corte d’appello, non avevano chiesto l’affidamento del minore a se stessi bensì ai nonni materni, con ciò stesso riconoscendo la propria attuale inidoneità genitoriale. Tale argomento appare assorbente e fondato e implica il rigetto di tutti i su detti profili di censura.
2.4. Il primo e il secondo motivo del ricorso principale, nonché il primo, il quarto e il quinto motivo del ricorso incidentale vanno esaminati congiuntamente nella parte in cui censurano – formalmente sotto il profilo della violazione di legge, ma nella sostanza anche sotto il profilo motivazionale – il mancato affidamento del minore ai nonni o agli zii, attesa la loro disponibilità in proposito. Si deduce il contrasto con le sentenze nn. 1095 del 2000, 10656 del 1996 e 2397 del 1990 per avere la sentenza impugnata negato tale affidamento per la mancanza di rapporti significativi con il minore, non necessari secondo i ricorrenti a tal fine e, comunque, non dovuti al comportamento, in particolare, dei nonni, i quali avevano ripetutamente richiesto detto affidamento senza ottenerlo, preferendosi l’istituzionalizzazione del minore e così impedendosi la nascita di rapporti significativi con i nonni. Va considerato al riguardo che la sentenza impugnata ha negato la possibilità di affidamento ai nonni o ad altri componenti della famiglia materna per l’assenza di rapporti significativi con i minori. In particolare, quanto ai nonni, essendo anche tale affidamento inopportuno in relazione alle esigenze del bambino, attesa la conflittualità esistente con la figlia. In proposito va osservato che la giurisprudenza citata (nel ricorso principale), circa la non necessarietà di rapporti significativi con i nonni (e altri parenti prossimi) perché la loro disponibilità a prendersi cura del minore mediante affido faccia escludere lo stato di abbandono risulta ormai superata – anche in base al diverso principio desunto dalla modifica apportata all’art. 11 della legge n. 184 del 1983 dalla legge n. 149 del 2001 – dalla più recente e consolidata giurisprudenza di questa Corte (vedansi le sentenze nn. 17 luglio 2009, n. 16796; 9 maggio 2002, n. 6629; 8 agosto 2002, n. 11993), secondo la quale non è idonea ad escludere lo stato di abbandono la disponibilità di un parente entro il quarto grado a prendersi cura del minore ove non preesistano rapporti significativi.
La “ratio” di tale principio (che trova riscontro oltre che nell’art. 11 anche negli artt. 12 e 15 della legge n. 184 del 1983) deve rinvenirsi nella scelta del legislatore di dare rilievo preferenziale alla crescita del minore nell’ambito della sua famiglia di origine, comprensiva (secondo la disciplina dettata dalla legge n. 184 del 1983) dei parenti sino al quarto grado, quando i genitori non siano in grado di farvi fronte, nei limiti in cui ai rapporti di sangue corrispondano relazioni affettive in atto, le quali abbiano creato un legame del parente con il minore del quale sia giustificato, nel suo interesse, il mantenimento, anche al fine – eventuale e auspicabile – del pieno recupero del rapporto con i genitori, preferendosi solo in mancanza il ricorso all’istituto dell’adozione. Peraltro va considerato che il caso in cui lo stato di abbandono da parte dei genitori si determini sin dalla nascita del minore è connotato da profili particolari, non potendovi essere in quel caso preesistenti rapporti significativi fra il minore e i parenti fino al quarto grado già consolidati, ma solo la disponibilità o meno di tali parenti a prendersi cura del minore instaurandoli, così offrendo la possibilità – preferenziale nel sistema della legge n. 184, che considera residuale il ricorso all’istituto dell’adozione – di permanenza e crescita del minore nella famiglia naturale. In tal caso la concreta manifestazione di detta disponibilità entro un termine ragionevolmente breve dalla nascita comporta che il minore non possa essere ritenuto in stato di abbandono, salvo che si accerti, in relazione alla specifica situazione del caso, la inidoneità dei parenti ad assicurarne l’assistenza e la crescita in modo adeguato. In quest’ultima ipotesi, ove vi sia, nel corso del procedimento, reiterazione della richiesta di affidamento – come nella specie viene dedotto, allegandosi il sopravvenire di fatti nuovi che escluderebbero il persistere delle ragioni ostative all’affidamento – perché questo possa essere disposto, vanno accertati il venir meno delle ragioni che lo avevano in precedenza impedito e va valutato, con idonea motivazione, l’operato dei parenti in questione in relazione al loro impegno, quale emerge dal complesso del loro comportamento – anche processuale – nel cercare di porre in essere rapporti significativi con il minore, tenendo conto del contesto dei provvedimenti adottati. Nel caso di specie la sentenza impugnata risulta carente dal punto di vista motivazionale, in relazione ai su detti principi, avendo negato l’affidamento ai nonni in base alla mancanza di rapporti significativi con il minore, nonostante la disponibilità da loro affermata a prendersene cura sin dalla nascita e la reiterazione nel corso della procedura di tale disponibilità, la loro frequentazione, sia pure non assidua, del minore presso la struttura dove il bambino era ricoverato, dandosi – al fine della reiezione della loro domanda di affidamento – rilievo a uno stato di conflittualità con la madre del minore che dalla stessa sentenza risultava ormai superata, essendo essa andata a vivere con i propri genitori abbandonando la comunità dove viveva, prima di ristabilire la convivenza con il proprio compagno.
La sentenza va pertanto cassata, in relazione ai profili indicati, con rinvio alla stessa Corte d’appello di Firenze in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La corte di cassazione Accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e delle persone indicate nella sentenza. Depositata in Cancelleria il 28.01.2011
Fonte: http://www.adiantum.it/public/2419-cassazione,-un-minore-non-è-in-stato-di-abbandono-se-i-parenti-si-fanno-avanti.asp
è ora che le istituzioni imparino a fare il loro lavoro come si deve pk stanno rovinando un sacco di famiglie la mia compresa dichiarando i gneitori o i nonni non in grado di svolgere il prprio lavoro come genitore o nonno ecc solo per piccole banalità o episodi che capitano all’interno della famiglia e poi danno libero assenso a coppie singol,lesbiche ecc di crescere i figli normalmente se facessero il lloro lavoro come si deve ci sarebbero meno bambini nelle comunità o in affido o dichiarati adottabili è una vergogna devono imparare a lasciare vivere le persone e prendere decisioni cosi drastiche solo e se realmente servono