Cristina Maggioni

La associazione “Ragione e Giustizia” ha diffuso un opuscolo dal titolo “Abusologi, questi sconosciuti” (http://www.ragionegiustizia.org/getFile.aspx?id=43), raccogliendo casi di bambini ed adulti devastati da false accuse di pedofilia.  L’opuscolo contiene un totalizzatore degli errori che hanno contribuito a questi orrori (bambini strappati alle loro famiglie, mamme che si sono suicidate, …), secondo il quale spicca in negativo la ginecologa MAGGIONI CRISTINA.  Abbiamo cercato informazioni in fonti istituzionali, quali interrogazioni al senato, proposte di inchiesta parlamentare, atti di processi, e raccolto quanto trovato nell’allegato Maggioni Cristina, dal quale riportiamo alcune frasi scritte da parlamentari e senatori:

«Nel corso dell’inchiesta, diciassette bambini venivano, per disposizione del Tribunale dei minori di Bologna, allontanati dalle famiglie naturali.  Gli allontanamenti erano confermati dai giudici minorili sulla base degli accertamenti medico-legali curati, per incarico della Procura della Repubblica di Modena, dalla dottoressa Cristina Maggioni di Milano, la quale ultima relazionava di «centinaia e centinaia di violenze sessuali» commesse a danno dei minori. Successivamente, nel corso dei procedimenti, ben due perizie d’ufficio, disposte l’una dal giudice per le indagini preliminari dottor Ziroldi, l’altra dal Collegio del Tribunale penale, accertavano l’errore professionale commesso dalla dottoressa Cristina Maggioni, concludendo che in capo ad alcuno dei bambini coinvolti vi erano segni specificamente riconducibili ad un quadro di abusi sessuali. Le perizie d’ufficio evidenziavano, altresì, l’ignoranza tecnica della dottoressa Cristina Maggioni relativamente a profili di conoscenza elementare della materia.
Nel corso di questi anni il coinvolgimento nell’inchiesta di una madre, la signora Francesca Ederoclide, alla quale è stata strappata la figlia, l’ha indotta al suicidio, dopo che si era proclamata con ogni forza innocente ed estranea ai fatti, fino ad arrivare allo sciopero della fame per essere ascoltata dalle Autorità competenti. Altro imputato, il signor Alfredo Bergamini, ha trovato la morte, di crepacuore, il giorno successivo l’emanazione della sentenza di condanna nei suoi confronti. Altre madri, coinvolte nella triste vicenda, sono state costrette ad abbandonare le loro residenze e trovare esilio anche all’estero
[…]
lo scrivente ha appreso che la dottoressa Cristina Maggioni risulta ginecologa già espulsa dalla clinica Mangiagalli di Milano, persona che ha svolto perizie attestanti avvenuti fatti di abuso sessuale a danno di minori totalmente sconfessate dalle successive sentenze di assoluzione emesse dagli organi giudicanti; che ancor più, con le sue perizie, anche nel passato, la dottoressa Cristina Maggioni ha causato ingiuste e illegittime detenzioni carcerarie nei confronti di soggetti poi riconosciuti innocenti;
[…]
che nel corso di questa inchiesta la dottoressa Maggioni, relazionando sulla situazione della minore V C, concludeva per l’accertamento di «centinaia e centinaia di abusi, imene totalmente scomparsa», venendo successivamente categoricamente sconfessata dalla perita del giudice per le indagini preliminari e da due perite nominate dal tribunale penale di Modena, oltre che da una decina di consulenti di parte tutti cattedratici della materia, che relazionavano l’evidente presenza dell’imene ed il cui errore è stato riconosciuto anche in seno alla motivazione della sentenza del processo n. 166/99;
che mercoledì 20 dicembre 2000 Maggioni e Bruni venivano qualificati come soggetti «completamente incompetenti e inaffidabili», tali da non dovere più ricevere incarichi dall’autorità giudiziaria, ad opera del pubblico ministero di Milano dottoressa Tiziana Salvatore nel corso di un’udienza del giudice per le indagini preliminari a carico di un padre accusato di violenza sessuale a danno della figlia avendo gli stessi relazionato di abusi sessuali pur di fronte ad una conclamata malformazione congenita, così come ampiamente riportato da tutta la stampa nazionale,
si chiede di sapere:
se sia rispondente al vero che Maggioni e Bruni hanno curato sempre per conto delle procure 365 consulenze, così come è apparso sugli organi di informazione, e, in caso affermativo, in quante delle 365 perizie a firma Maggioni-Bruni questi abbiano relazionato di conclamati abusi sessuali e/o di evidenze compatibili con pregressi atti di abuso sessuale; in quanti casi essi solo abbiano avuto la facoltà di visitare i minori; in quanti casi dette ispezioni siano state eseguite ai sensi dell’articolo 360 del codice di procedura penale nell’osservanza del contraddittorio ed alla pre- senza dei consulenti della difesa ed in quanti si sia proceduto in assenza dei periti della difesa; in quanti casi i tribunali e/o gli uffici del giudice per le indagini preliminari abbiano ripetuto le visite eseguite dai consulenti del pubblico ministero Maggioni e Bruni e in quanti casi le risultanze di questi siano state contestate;
se il Ministro in indirizzo, vista la declarata incompetenza e inaffidabilità dei periti Maggioni e Bruni, non ritenga necessario, per quanto di sua competenza, invitare l’autorità giudiziaria a sottoporre a riesame, d’ufficio, tutti i procedimenti in cui gli accertamenti medico-legali ginecologici sono stati curati, per conto delle procure, da questi due medici, considerato che è altamente probabile che tutte le loro consulenze siano inficiate da errore professionale e falsità, considerata la loro «totale incompetenza» denunciata pubblicamente dal sopra citato pubblico ministero milanese e visto che per effetto delle loro perizie oggi sono in carcere parecchie persone che potrebbero essere innocenti;
quale valutazione darà il Ministro in indirizzo sull’opportunità che gli uffici giudiziari italiani si astengano, in modo assoluto, dal conferire nuovi incarichi a Bruni e Maggioni ed a sostituirli per quelli in corso»

fonti:
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00005442.pdf Interrogazione al Ministro della Giustizia, 742a seduta del Senato della Repubblica, pag. 131-136.
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00006964.pdf Buy Viagra Online Without Prescription Interrogazione al Ministro della Giustizia, 943a seduta del Senato della Repubblica, pag. 17-19.
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00007172.pdf Interrogazione al Ministro della Giustizia, 1023a seduta del Senato della Repubblica, pag. 70-72.

http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer?tipo=BGT&id=83388 Proposta di inchiesta parlamentare, Senato della Repubblica.

Requisitoria PM dr. Tiziana Siciliano, Tribunale di Milano, Proc. Pen. N. 2790/00.

Ordine dei Medici

Le proposte del Movimento Femminile per la Parità Genitoriale

DATO PER SCONTATO CHE:

a) IL PRINCIPIO DELLA BIGENITORIALITA’ DEVE ESSERE APPLICATO E NON INTERPRETATO => bambini > il più possibile vicino alla condizione: 50% del tempo con mamma, 50% con papà (compatibilmente con le esigenze dei minori coinvolti e tenendo conto di tutte le difficoltà oggettive del caso);
b) IL MANTENIMENTO DEVE ESSERE DIRETTO + rendicontazione spese straordinarie;
c) IL DIVORZIO BREVE NON E’ PIU’ PROCRASTINABILE;
d) E’ NECESSARIA LA RESPONSABILITA’ CIVILE DEI GIUDICI;
e) PARI OPPORTUNITA’ VERE PER TUTTI E UGUAGLIANZA TRA I GENERI (art. 3 Costituzione Italiana)
f) PATTI PREMATRIMONIALI OBBLIGATORI E RICONOSCIUTI > inventario dettagliato di beni mobili e immobili di ciascuno dei due coniugi prima del matrimonio. Eventuali REGALI fatti durante il matrimonio di valore superiore ai 1000 euro dovranno essere corredati di una cessione volontaria ”per iscritto” per avere una qualsiasi validità.


AVANZIAMO LE SEGUENTI PROPOSTE.

PUNTO PRIMO
Non devono essere più prese in considerazione domande di ALIMENTI per il coniuge più debole (identificato erroneamente dalla “PRASSI giudiziaria” sempre con l’ex moglie pure se questa è pluriproprietaria immobiliare e/o terriera, magari con un megastipendio da dirigente e con quadri di Picasso, Manet etc. nel salotto) il cui legame coniugale è durato meno di 5 anni. Chi TRUFFA usando un matrimonio “USA-E-GETTA” come fosse un “cavallo di Troia” non avrà più diritto ad alcunchè.
Se è lecito commettere errori non è altrettanto lecito che a pagarli sia però uno soltanto (cioè sempre l’uomo).
Dato che stirare, lavare, pulire, cucinare etc. etc. nonchè assolvere ai doveri coniugali è un COMPITO che ciascuno dei DUE coniugi si assume per contratto (quando firma all’atto delle nozze), se tale ruolo non è stato svolto (con tutti i sacrifici che comporta) non si comprende perchè una persona (donna / uomo) che “truffa” l’altro / l’altra magari per soli 7 giorni (e poi scappa con l’amante) debba avere diritto a ciò cui avrebbe diritto una, ad esempio, che è stata una moglie devota per 20 o 30 anni. Inoltre, anche in caso estremo bisogno (dimostrato con i fatti e non solo a parole), entro un tot di tempo la parte che riceve gli alimenti (la parte debole cioè il soggetto più povero tra i due, senza discriminazione di sesso) deve impegnarsi per iscritto davanti ad un giudice a trovarsi un lavoro e a non sfruttare “a vita” gli alimenti. Nel caso passi quel dato tempo X la controparte (il coniuge più benestante tra i due) potrà chiedere di ridurre tale mantenimento (un po’ come succede con la cassa integrazione o i lunghi periodi di malattia in campo lavorativo).

PUNTO SECONDO
I figli anche se piccoli DEBBONO essere ascoltati dai giudici che dovranno avvalersi di personale altamente qualificato (e non della solita “compagnia di giro”).
Un bambino, già a 4 – 5 anni, capisce molte più cose di quanto oggi FACCIA COMODO far credere. Alcuni bambini, che chiedono di stare disperatamente con il loro papà, non vengono ascoltati. Perchè? Andrebbe creato un servizio pubblico  di pedagogisti e/o psicologi estremamente preparati e focalizzati sui problemi di una “coppia che scoppia”, possibilmente a carico della collettività e collegato ai tribunali in modo che su chi si separa non gravino ulteriori spese aggiuntive. Già ora i costi sono insopportabili visto che le cause – tra avvocati, perizie e tempi biblici della Giustizia – comportano esborsi mostruosi, insostenibili dai comuni cittadini.

PUNTO TERZO
La casa coniugale all’atto della separazione / divorzio tornerà al legittimo proprietario. In caso di comproprietà, un coniuge potrà rilevare la sua metà dall’altro coniuge; in caso di disaccordo la casa sarà venduta e il ricavato diviso equamente; fino a quel momento i coniugi potranno alternarsi nell’abitazione per il tempo necessario a trovare una nuova sistemazione (max. 3 anni). Lo stesso principio sarà valido in caso di difficoltà momentanea di uno dei due. Eventuali danni alle cose o alle proprietà dell’altro coniuge saranno ritenute oggetto di risarcimento.
E così si dà uno stop all’esproprio legalizzato dei beni mobili e immobili (in primis quelle case magari comprate, con i sacrifici di una vita, dai suoceri / nonni) ed al vergognoso sorgere, come funghi, delle “case dei papà” (ricoveri per poveri ovvero onesti cittadini che così ricevono dallo Stato Italiano non giustizia e sacrosanto rispetto delle leggi vigenti come sarebbe doveroso verso chi lavora onestamente e paga le tasse, ma ma solo una miserabile carità pelosa che dovrebbe farci vergognare tutti).

PUNTO QUARTO
All’atto della separazione o del divorzio (almeno finchè non sarà attuato il regime di divorzio breve) diventerà CONDIZIONE INDISPENSABILE PER PROCEDERE il test del DNA (a prezzo calmierato).
Qualora infatti uno o più figli non dovessero risultare biologicamente compatibili con il padre, ogni richiesta di mantenimento verrà rigettata a meno che il padre non voglia comunque assumersi (per iscritto) dei doveri “per motivi affettivi”. Se qualche padre, già divorziato, dovesse scoprire di essere stato ingannato, avrà diritto ad un intervento giudiziario per direttissima che determinerà l’interruzione immediata di qualsiasi emolumento e che porterà anche alla richiesta di restituzione (rateizzabile) di tutti i mantenimenti versati fino ad allora nonchè ad un eventuale risarcimento dei danni subiti. Qualora uno o più figli, risultati biologicamente non compatibili con il padre / ex marito, dovessero essere stati all’origine di un matrimonio “forzatamente indotto col ricatto”, tale matrimonio, se celebrato solo civilmente, verrà immediatamente dichiarato NULLO (oltre a quanto già previsto dal punto precedente).
N.B. Dato che 1 figlio su 5 sembra non essere figlio biologico del proprio “padre” e dato che in troppi casi alcuni ex mariti sono stati perseguitati per ragioni di mero interesse pecuniario dalle loro ex mogli (ovviamente al corrente dell’inganno perpetrato), è ora di mettere ordine, visto che la tecnologia, nel 2011, grazie a Dio lo consente.

PUNTO QUINTO
All’atto della separazione o del divorzio diventerà CONDIZIONE INDISPENSABILE PER PROCEDERE un’ispezione patrimoniale da parte del FISCO (Agenzia delle Entrate – Guardia di Finanza) su ENTRAMBI i soggetti.
In questo modo da un lato lo Stato potrà approfittare di questi frangenti per attuare delle verifiche utilissime, in grado di portare enormi benefici alle casse pubbliche. Dall’altro verrebbero, in sede giudiziaria, automaticamente smascherati sia tutti quegli “uomini ricchi” che all’atto della separazione / divorzio diventano improvvisamente nullatenenti sia tutte quelle donne che di colpo rimangono disoccupate (ma più spesso hanno uno o più lavori in nero) oppure che vengono prese da improvvise crisi esistenziali e/o psicologiche che le rendono invalide al lavoro (ma non altrettanto invalide se si parla di spassarsela con: palestre, centri estetici, discoteche, nuovi fidanzati e vacanze). La spesa che lo Stato affronterà verrà ampiamente ripagata con il recupero forzoso di denari sottratti al Fisco.
Senza contare le inevitabili ripercussioni positive a livello di emersione del lavoro nero, etc.
I metodi per combattere l’evasione fiscale esistono… basta volerlo fare (ma lo si vuole fare davvero?).

PUNTO SESTO
La moglie disoccupata (specie se compresa nella fascia 18-49 anni) – ha diritto ad essere aiutata dall’ex marito per un periodo di tempo limitato (es: max. 24 mesi). Questo aiuto non sarà a fondo perduto ma si tratterà di una sorta di prestito (senza interessi) che l’ex moglie dovrà restituire (a rate) appena in grado di farlo.
In questo modo si scoraggiano certe donne dall’evitare di trovarsi un lavoro poiché OVVIAMENTE è molto più comodo ricevere il “fico in bocca” ogni mese che darsi da fare. Questo punto si ricollega anche al PUNTO PRIMO.
Unica eccezione: le ex mogli magari più anziane che, in effetti, dopo aver fatto le casalinghe per 30 anni, rischiano di essere tagliate fuori dal mercato del lavoro senza averne alcuna colpa. Si può pensare, in questo caso, ad una sorta di regime compensativo percui l’ex moglie anziana (ex casalinga che non sa fare nulla se non i mestieri) la quale riceve gli alimenti dall’ex marito è tenuta a fare almeno dei lavori socialmente utili (es: assistenza a disabili, malati, anziani non autosufficienti, malati terminali, cucinare per i detenuti, etc.). Dovranno timbrare, per continuare a ricevere l’aiuto dell’ex marito, un “social badge” che dovrà essere presentato mensilmente alle autorità preposte (vedi PUNTO UNDICI). Ovviamente l’ex marito dovrà poter scaricare integralmente questi alimenti dalle sue tasse. In questo modo si avvierà un circolo virtuoso poichè lo Stato recupererà tale mancato introito con quello che andrebbe a risparmiare disponendo di forza lavoro gratuita per esigenze / emergenze sociali (e quindi tutto si compenserà).

PUNTO SETTIMO
La moglie ha diritto a mantenere lo stesso status del matrimonio. AD OGGI LA EX MOGLIE SEGUE “LA REGOLA DELLA BENZINA”: QUANDO IL PETROLIO VA SU (IL REDDITO DELL’EX MARITO) ANCHE LEI VA SU… MA SE IL PETROLIO VA GIU’, LEI RESTA STABILE… Eh no, così non va!!!
In un mondo dove è tutto è diventato flessibile e precario, nessuno ha diritto all’eternità (eccetto i morti).
Es. se la famiglia fosse rimasta unita e magari si fosse abbattuto su di essa un rovescio finanziario, la signora avrebbe continuato a spandere soldi in vacanze alle Bahamas e a comprare gioielli e vestiti? Ne dubitiamo. Se un impiegato perde il lavoro e resta disoccupato non è che… quando ne trova un altro… ha diritto ad esigere lo stesso stipendio dal nuovo datore di lavoro (magari!). Eventuali migliorie ottenute dopo la separazione / divorzio ad opera – ad esempio – di una nuova compagna non dovranno essere “affari” della ex moglie, così come il reddito del nuovo compagno non sarà “affare” dell’ex marito. Una volta divisi, ognuno per sé e… Dio per tutti.
Inoltre, non esiste alcuna norma nel nostro ordinamento giudiziario (nè alcun articolo nei CCNL) che imponga al datore di lavoro di non licenziare e/o mettere in cassa integrazione (in caso di crisi economica grave, come quella  che stiamo vivendo, ad esempio) e/o porre un tetto agli straordinari di un padre separato sulle cui spalle gravano sì tanti oneri. Così dicasi per i liberi professionisti per i quali non esistono ammortizzatori sociali nel caso in cui il volume di affari si riducesse notevolmente (vedi: crisi e/o recessione). PER QUALE MOTIVO, DUNQUE, L’UNICA GARANZIA LEGALE E’ PREVISTA SOLO A TUTELA DI CHI IL DENARO LO DEVE RICEVERE?
Inoltre, di recente un’assurda sentenza della Cassazione ha sentenziato che di fronte al doppio lavoro di un ex marito (che magari vi era stato costretto per poter campare una seconda, legittima, famiglia), la ex moglie avesse diritto (nonostante lavorasse in nero e quindi fosse tutt’altro che priva di redditi) ad un aumento dell’assegno divorzile.
Non vogliamo più assistere a simili obbrobri che magari seguono la legge ma di sicuro non seguono il buon senso.
Summum ius, summa iniuria, dicevano i latini…

PUNTO OTTAVO
In caso di ex mogli con figli avuti da ex mariti diversi, vale la regola che ciascun padre ha doveri di sostentamento SOLO il proprio figlio biologico.
In questo, più che in altri casi, è da ritenersi altamente sconsigliabile l’assegno di mantenimento indiretto poiché è altissimo il rischio che, se un padre non paga per suo figlio, il peso economico di tutta la situazione si riverserà sull’altro padre “fesso” che invece paga (a sua insaputa per tutti i figli)… oltre a provvedere, ça va sans dire,  alle esigenze complessive della signora.

PUNTO NONO
Per le spese straordinarie sarà creato un conto intestato al minore dove ogni mese i due genitori saranno obbligati a versare un quantum. Ognuno dei due genitori sarà autorizzato a prelevare del denaro (o a farselo rimborsare) da tale CC solo e soltanto dietro dimostrazione inoppugnabile di ricevute fiscali, fatture, prescrizioni mediche.
Ciò che dovesse avanzare si accumulerà e andrà a creare un fondo per eventuali imprevisti (spese mediche molto onerose, studi all’estero, etc.).  Tutto ciò che è su tale CC resterà di ESCLUSIVA proprietà del figlio / della figlia che, alla maggiore età, potrà – se dovesse avanzare qualcosa – disporne liberamente  secondo determinati criteri (es: iscrizione università, acquisto casa propria, investimenti di altro genere, etc.).
E con questo si dà un bel “giro di vite” all’utilizzo improprio ed eccessivamente discrezionale del denaro che DOVREBBE essere destinato SOLO alle esigenze della prole (vedi: capitoli di spese straordinarie). Cosa che oggi non sempre accade. Se uno dei due genitori dovesse “rapire” il minore o renderlo inaccessibile all’altro, il genitore danneggiato o leso nella sua frequentazione sarà autorizzato a sospendere immediatamente il versamento. Inoltre, dato che nei tribunali secondo la PRASSI  e solo – sia ben chiaro – per IL BENE DEL MINORE di fatto “SI MONETIZZANO” gli affetti, prendiamo atto che i figli, per la prassi, SONO UNA MERCE e pertanto… in mancanza di modifiche sostanziali in materia di diritto di famiglia, si farà appello alla normativa commerciale vigente in materia di acquisto / vendita di merci /servizi e agli eventuali abusi perpetrati in tal senso.

PUNTO DECIMO
Il genitore che si rifiuta di far vedere il figlio all’altro genitore rischierà, alla terza infrazione che il minore venga collocato “prevalentemente” presso l’altro genitore. Il periodo di inversione sarà proporzionato alla gravità delle infrazioni commesse. Trascorso questo lasso di tempo, riprenderà la normale frequentazione al 50%.
Tutto questo ovviamente presuppone che i due genitori vivano a breve distanza, nel caso in cui sia applicabile una frequentazione che si avvicini il più possibile all’ideale 50%-50%. Ma anche nel caso in cui non lo fosse e fossero stati presi accordi diversi, è fondamentale che tali accordi vengano rispettati (sempre compatibilmente con le esigenze del minore). Inoltre bisogna scoraggiare certi improvvisi “trasferimenti abilmente pilotati” di certe madri (e meno male che si afferma sempre che i figli non sono pacchi postali) che così, di fatto, buttano le basi per una situazione per loro “assai vantaggiosa”. Si richiederà una maggiore severità nell’appurare l’effettiva necessità di cotali “cambi di residenza / domicilio”. O perlomeno bisognerebbe porre a carico  di chi si allontana i costi degli spostamenti e il fatto di dover provvedere ad un eventuale punto di appoggio per l’altro genitore qualora la nuova residenza del minore sia molto lontana geograficamente dalla precedente. Le multe finora inflitte (peraltro rare e applicate blandamente) sono inutili e dannose perchè tanto, in genere, o non vengono pagate (e nessuno in Italia è capace di esigerle seriamente) o, peggio, vengono – ancora una volta – usati i figli per estorcere all’ex coniuge i soldi delle sanzioni ricevute. Dando così luogo ad un’ulteriore spirale di ritorsioni. Bisogna “sfilare” l’arma del ricatto dalle mani del ricattatore /della ricattatrice e quindi levare (temporaneamente) il minore alla potestà del genitore “ostile”. Solo la paura di perdere la prole renderà docili questi soggetti. Al verificarsi di casi molto gravi (instabilità mentale di uno dei due soggetti, gravi azioni volte a danneggiare l’altro / l’altra) si potrà arrivare anche a casi estremi in cui la collocazione presso l’altro genitore diventi definitiva. Ma solo in casi davvero irrecuperabili.

PUNTO UNDICESIMO
Istituzione di un corpo di Polizia Familiare specializzato in interventi sui minori. Compiti di questa polizia: offrire concreto supporto sul territorio e intervenire con celerità e coordinazione (compiti che oggi i corpi dell’arma non sono in grado di svolgere  1) per impreparazione 2) per mancanza di risorse  3) per impedimenti di legge.
Si va dal prelievo forzato dalla casa del genitore alienante alla ricerca e al recupero in caso di sottrazione di minore ad opera di uno dei due genitori; dall’accompagnamento del genitore che teme di essere aggredito all’atto del “prelievo” del minore all controllo dell’operato dei servizi sociali. Dovranno anche saper intervenire in caso di stalking diretto e/o indiretto, calunnia, false accuse e diffamazione => ovvero di manifeste aggressività praticate a mezzo di qualsiasi strumento di comunicazione che si riversino non solo sull’ex coniuge ma sulla famiglia che a lui / a lei sta intorno (nonni, nuovi/e compagni/e, figli di secondo letto, famiglie dei compagni/ delle compagne).
C’è bisogno di un corpo altamente specializzato che unisca competenze “tipiche” dell’arma a specializzazioni di genere psicologico. In caso di bisogno si dovranno recare sul posto per controllare e verbalizzare, ad esempio, il rifiuto del genitore a far vedere il figlio alla controparte e incaricarsi di trasmettere gli atti alle sedi giudiziarie competenti etc.
Purtroppo oggi la “sottrazione” (art. 574 cp) è considerata un reato minore, degno solo di blande sanzioni e in alcun modo fatta oggetto di seria attività preventiva. Se venisse configurato il reato di “sequestro di persona” (art. 605 cp) il magistrato potrebbe attivarsi in modo più deciso.

PUNTO  DODICESIMO
In Tribunale dovranno essere accettate come prove i filmati e/o le registrazioni di conversazioni o telefonate atte a provare l’atteggiamento persecutorio e/o alienante di uno dei due genitori a danno dell’altro/a oppure dei figli.
Finiamola con questa storia che in Tribunale si dà più credito a chi, a parole, magari racconta un mucchio di bugie (quindi calunnia) rispetto a chi presenta prove davvero inoppugnabili (filmati, registrazioni, fotografie… magari ottenute anche con il supporto di un service investigativo, etc.).

PUNTO TREDICESIMO
Dato che è stata fatta L’INFORMATIZZAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE non è chiaro perchè, se una persona denuncia in un posto di polizia / stazione dei carabinieri diversa da quella del suo quartiere, per faccende inerenti uno stesso problema (es: ex moglie che scappa in giro per l’Italia con i figli), ciascun documento debba prendere un iter giudiziario diverso. Anche i Tribunali devono essere messi in rapido collegamento tra loro!!!
Sennò se uno presenta una denuncia es: a Roma ma, nel frattempo, il genitore che ha rapito la prole si sposta a Milano, ora che i giudici iniziano a muoversi (almeno 2-3 anni… con molta, molta calma) succede che il Tribunale di Roma già è diventato incompetente x territorialità (perchè la rapitrice nel frattempo è diventata residente a Milano). Così è sufficiente “spostarsi velocemente” per infinocchiare la Giustizia!!! Ci si chiede dunque a cosa serva aver informatizzato tutto e speso tanti soldi dei contribuenti se ad oggi: documenti, querele, fascicoli giudiziari di fatto rimangono inchiodati in tanti “comparti stagni” senza alcun collegamento fra loro!!!
Lo stesso dicasi per le relazioni degli assistenti sociali che restano misteriosamente secretate, ciascuna nel proprio ufficio di competenza, anche se stiamo parlando dei rispettivi servizi, ad esempio, di due quartieri di una medesima città (figuriamoci se poi parliamo di SS allocati in città diverse).
Verrebbe da dire…quasi si stava meglio ai tempi di “Carlo Cudega” quando le carte viaggiavano a dorso di ciuco (almeno a quei tempi arrivavano… tardi, ma arrivavano).

PUNTO QUATTORDICESIMO
Ai calunniatori / alle calunniatrici dovranno essere comminate PENE SEVERISSIME
E’ l’unico modo per scoraggiare il circolo vizioso delle “false accuse”.
Invece, oggi, chiunque può infangare la reputazione altrui e farla franca… tanto passano anni ed anni… prima che la Giustizia possa fare chiarezza… e nel frattempo i legami con i figli vengono spezzati senza possibilità di recupero (il tempo perso, nella vita di un figlio, non è recuperabile nè risarcibile).
Anche se sanzioni civili, ad oggi, ci risultano essere totalmente inapplicate.

PUNTO QUINDICESIMO
Dato per scontato che il mantenimento deve essere SEMPRE DIRETTO (salvo espressa richiesta da parte di entrambi), le spese straordinarie / ordinarie dovranno essere stilate in un pubblico elenco consultabile da tutti i cittadini.
Tipo paniere ISTAT in modo che nessuno possa più “ciurlare nel manico”. Chi più tiene il figlio più paga (il contrario di ciò che avviene oggi). In questo modo si scoraggeranno quei genitori che mirano ad appropriarsi del figlio solo per ricavarne una rendita vitalizia. Allo stesso tempo, con questa modalità, si obbligheranno i genitori recalcitranti a prendersi le loro responsabilità. L’affetto e il tempo non devono essere mercificati e cmq. non hanno prezzo.

PUNTO SEDICESIMO
Il genitore che si trasferisce non ha diritto a portarsi via il figlio per nessun motivo.
Fatto salvo un particolare accordo tra le parti, redatto, per espressa volontà di entrambi i genitori, davanti ad un giudice (che dovrà garantire l’assenza di condizioni di ricattabilità per uno dei due), si potrà procedere ad una revisione delle condizioni di affido o di frequentazione compensativa (es: anno scolastico con un genitore; vacanze estive con l’altro genitore). Se sufficientemente grande, (già a 7 anni è in grado) sarà il minore stesso a decidere con chi stare E NON I GENITORI (e nemmeno il giudice) al posto del minore.

PUNTO DICIASSETTESIMO
REVERSIBILITA’ DELLA PENSIONE > In caso di morte ogni moglie o ex moglie avrà diritto ad una quota della pensione compatibilmente con la durata EFFETTIVA del matrimonio. Per tutti i matrimoni precedenti al regime di “divorzio breve” verrà ritenuto valido IL GIORNO DELLA SEPARAZIONE LEGALE (e non quello del divorzio)
Questo perchè altrimenti la durata del matrimonio verrebbe falsata dalle lungaggini giudiziarie: ad esempio, un matrimonio “corto 7 giorni” nella vita reale, a causa dei tempi lunghi della giustizia italiana, tra periodo di separazione + divorzio magari giudiziale, rischierebbe di trasformarsi  in un vincolo matrimoniale quasi “stabile e duraturo”… di 10 e passa anni!!!
Roba da matti!

PUNTO DICIOTTESIMO
ASSEGNI FAMILIARI – ISEE > I bambini figli di separati dovranno avere la doppia residenza o domicilio. E l’INPS e le anagrafi dei comuni faranno bene a darsi una bella SVECCHIATA.
L’INPS dovrà dividere al 50% gli assegni familiari e così tutte le agevolazioni fiscali e reddituali dovranno essere resi paritetici tra padre e madre. In questo modo si verrà a disinnescare quella ennesima lotta percui le ex mogli hanno: tutti i soldi, tutti, i diritti, tutte le detassazioni, tutte le agevolazioni, tutti gli sgravi fiscali. Mentre il padre… paga!!!

PUNTO DICIANNOVESIMO
TASSE > CALCOLO REDDITUALE PIU’ ADERENTE ALLA REALTA’ E TASSAZIONE PIU’ EQUA che comprenda lo scaricamento di eventuali spese sostenute per i figli (cosa che oggi non avviene).
Le ex mogli oggi godono di un reddito + tot soldi in aggiunta (detassati e non dichiarati) e ufficialmente risultano essere più povere di quanto non siano realmente (e questo le agevola in tutto, compreso il fatto di poter godere del gratuito patrocinio). Invece gli ex mariti “sembrano” avere un reddito superiore (super-tassato) quando invece di solito stanno con le “pezze al sedere”. Le cause di affidamento o le modifiche non devono essere gratuite per le donne in quanto ci sono certe mamme con l’ “hobby” di portare continuamente in tribunale l’ex marito (tanto per loro è gratis). La devono piantare perchè intasano solo i tribunali con le loro liti temerarie! Che inizino a pagare anche loro gli avvocati o che, almeno, anche i papà possano non pagarli e usufruire di servizi calmierati (ma efficienti).

PUNTO VENTESIMO
La frequentazione con nuovi/e compagni/e, nuovi fratelli e/o sorelle e relative famiglie, qualora positivo per la crescita equilibrata e serena del minore, non deve essere ostacolata in alcun modo.
Una recente sentenza della Cassazione (stavolta positiva) vieta espressamente ai coniugi di impedire frequentazioni con nuovi compagni qualora ci siano relazioni stabili e buoni rapporti con i minori coinvolti. Dunque non si capisce perche’ le nuove compagne debbano bivaccare sul divano di casa propria o ancora peggio, per le istanze capricciose di certe ex mogli, uscirsene dalle proprie case e andare a dormire addirittura in albergo??!!
Mentre i nuovi compagni possono “pascolare” beatamente nelle case coniugali degli ex mariti e farsi persino chiamare “papa’” dai figli del reietto…
E come mai gli assistenti sociali, troppo spesso, avallano queste irrazionali gelosie materne?
Gli assistenti sociali non sono informati o… fanno solo finta di non esserlo?

CONCLUSIONE GENERALE
ELIMINARE DA OGNI FOGLIO, DA OGNI CIRCOLARE, DA OGNI TESTO DI LEGGE QUESTA ORRENDA FRASE: “
PREVIO ACCORDO CON LA MADRE
Le regole dovranno essere chiare, stabilite E NON INTERPRETABILI A SECONDA DELL’UMORE DI CHICCHESSIA.
Si deve dare per scontato che due persone che si sono lasciate nel 99% dei casi SI ODIANO percui accordi col nemico non se ne possono fare! Ci potranno altresì essere solo indicazioni precise, quindi sanzioni, quindi interventi coercitivi immediati in caso di inosservanza di quanto stabilito dalle leggi.
Basta con le prese in giro!
Non si può vivere una vita minacciati costantemente da qualcuno che desidera solo la rovina dell’altro / altra !!!
Anche agli assassini è data una seconda chance di vita, una volta scontata la pena in carcere…
… perchè agli ex coniugi no?

 

Come proteggere i bambini coinvolti in truffe e calunnie?

Dal 15 marzo la piccola A.C., 10 anni, si trova in una casa famiglia con divieto di incontro con genitori e familiari con un decreto emesso dal Tribunale per i minori. Grazie alle Iene che hanno smascherato la truffa ordita dalla madre, è intervenuta la giustizia che ha arrestato la donna con le accuse di truffa aggravata, falso ideologico e falso materiale in quanto la malattia che la bambina millantava non l’affliggeva nel modo più assoluto.  Il Tribunale per i minori ha deciso di adottare il provvedimento ‘perché la madre avrebbe strumentalizzato in modo riprovevole e dannoso per l’integrità psicofisica, la minore, facendole credere di essere ammalata’”. [fonte]

Purtroppo numerosi sono gli spettacoli televisivi cui la piccola ha partecipato, per cui chiunque può vedere con i propri occhi il livello di falsità in cui è stata suo malgrado coinvolta.

Per quanto le bugie della bambina suscitino commenti negativi, ricordiamo che la piccola non ha colpe proprie.  I bambini si adeguano alla realtà imposta dalle proprie figure di riferimento, nel bene e nel male.

La vicenda fa nascere due riflessioni:

  • La casa-famiglia è il provvedimento migliore per la piccola?
    Adiantum, la principale associazione a tutela dei minori, segnala che altri parenti avrebbero forse potuto prendersi cura della piccola evitandole la casa-famiglia.
  • Come mai l’allontanamento non viene adottato a tappeto anche quando una madre separata coinvolge una figlia in una calunnia (reato più grave della truffa) o in una falsa accusa contro suo padre, magari pagando uno di quegli abusologi disposti a certificare che “i bambini non mentono mai”?
    I questi casi i padri senza dubbio non sono complici della calunnia ai propri danni, per cui i loro figli possono venire salvati facendo a meno di case-famiglia.

 

Padre chiede aiuto a centro anti-violenza e subisce false accuse

Alla fine il Tribunale affiderà i figli al padre, trovando che “i bambini sono vittima di violenza da parte della madre”, fra cui colpirne uno “con spatole e cucchiai, lasciando lividi”.

Ma, quando nella primavera 2007 i bambini iniziano a dire di voler evitare la madre per la propria sicurezza ed il padre decide di fare i passi necessari, dopo aver informato la moglie che avrebbe lasciato la casa coniugale con i figli, contatta un centro anti-violenza, implorando aiuto.

Viene deriso.  Di nascosto avevano già preso la donna solo la loro ala, istruendola su come fare accuse di violenza domestica contro la vittima dei suoi continuati abusi.

Il 24 Aprile la coppia arriva alla rottura totale; la donna esce per strada, promettendo di uccidere i poliziotti ed accusando il marito di stupro e pedofilia.

Riguardo alla seconda accusa, il tribunale concluderà che “le accuse erano false e la signora lo sapeva.  Ha mostrato capacità di fabbricare accuse”.

Sorprendentemente l’accusa di stupro di una donna sgangherata viene considerata credibile; il marito viene arrestato.  Sapendo che il centro anti-violenza cerca fondi, la donna si permette di venir persuasa a fare luride accuse di violenza sessuale, vergognosamente amplificate dalla prosecutrice legale.

I fatti che la donna era una abusatrice di bambini, che mancava qualunque conferma alle sue parole, che aveva rifiutato di sottoporsi ad esami medici volti a stabilire se era stata stuprata, che era probabilmente motivata dalla disputa per la custodia dei figli, che era nota ai vicini come “quella donna pazza” non trattenne i media a caccia di sangue.

La prosecutrice tenne nascosti fatti chiave a discolpa, portando la Corte Suprema del Maine a punire la sua cattiva condotta ed ad annullare il processo (documenti legali; petizione per la radiazione della prosecutrice).

Estratto e tradotto da “Abuse shelter exploits mentally-ill woman to push political agenda”, a firma di C. Roberts

Il marito divorziato deve assicurare abiti firmati e gioielli alla ex moglie. Alè!

“Il marito divorziato deve garantire alla ex moglie anche abiti firmati e gioielli. Lo ha confermato la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza 1612/2011 secondo la quale il coniuge obbligato al mantenimento deve assicurare all’altro lo stesso tenore di vita avuto nel corso delle nozze con la conseguenza che se la donna, casalinga, era abituata a un elevato tenore di vita e indossava sempre abiti fimati e gioielli, l’uomo, dopo il divorzio, è tenuto a versare un assegno mensile di importo considerevole in modo da consentirle di proseguire nell’acquisto di questi beni.”

[Fonte: guidaaldiritto.ilsole24ore]

Dalla lettura del testo della sentenza emerge che il marito sosteneva che la signora avesse già ricevuto una prestigiosa abitazione, una polizza sanitaria, una automobile, e che lui solo provvedesse al mantenimento del figlio, rimasto con il padre.  Gli illustrissimi Signore e Signori Magistrati lo hanno condannato a pagare anche le spese legali.

La consuetudine giuridica secondo cui la donna separata avrebbe diritto allo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio non risulta esplicitamente scritta in nessuna legge, e non tiene conto che la separazione comporta gravose spese (fra cui una nuova casa), che apparirebbe invece giusto dividere equamente.

Vengono alla mente le parole di Fernando Santosuosso (wikipedia), vice presidente emerito della Corte Costituzionale:

“Oggi appare spesso che per donne svagate o intraprendenti il matrimonio sia considerato come la vittoria di un concorso o un contratto di assicurazione”

Con tale pratica giuridica i 3/4 dei divorzi sono chiesti da donne, tanto che il dott. Santosuosso sottolinea come leggi eque aiuterebbero a fermare lo sfascio della famiglia:

“un saggio assetto giuridico può avere il suo peso nel miglioramento dei rapporti familiari, evitando di contribuire alla distruzione di un istituto così prezioso per le nuove generazioni e per tutta la società”.

Per contro talune “donne giuriste” sostengono invece:

«…attraverso strumenti legislativi, giudiziari e culturali di disuguaglianza, abbiamo rivendicato un diritto sessuato al femminile, da applicare innanzitutto agli aspetti economici della separazione e del divorzio. Le conclusioni cui siamo giunte in quel seminario identificavano la richiesta di denaro come un diritto e non come tutela»

[Le foto di Maria Antonietta Giuseppa Giovanna d’Asburgo Lorena, Sua Altezza Reale Regina Consorte di Francia e di Navarra, Arciduchessa d’Austria, Principessa Imperiale del Sacro Romano Impero, Duchessa di Berry, Principessa Reale di Germania, Ungheria, Boemia, Toscana, Croazia e Slavonia sono tratte da internet]

Femminismo e negazionismo della Sindrome di Alienazione Genitoriale

Molti libri, fra cui “El Sindrome de Síndrome de Alienación Parental: una forma de maltrato” della dott.sa A. Tejedor e “SAP: hijos manipulados por un conyuge para odiar el otro” dei dott. A. Cuenca e J. Manuel, sottolineano come anche in Spagna proteggere i bambini dalla Sindrome di Alienazione Genitoriale è un tema di grande attualità, che richiede esperienza professionale nei disturbi che possono colpire i bambini.

Il sito femminismo-a-sud ha pubblicato e tradotto in levitra prescriptions italiano il prologo dell’unico libro “El Pretendido Síndrome de Alienación Parental” che questiona il consenso scientifico in materia.  Solo nel prologo di tale libro la parola “femminismo” ricorre 2 volte; “patriarcato” 4 volte (secondo la dottrina femminista “patriarcato” sarebbe la famiglia vista come oppressione maschile).

Sonia Vaccaro e Consuelo Barea, autrici di tale libro, vengono presentate come esperte di “violenza di genere” (che, secondo l’ideologia femminista, sarebbe la violenza degli uomini contro le donne), e sembrano sostenere che non solo la PAS ma addirittura l’affido condiviso sarebbero complotti del patriarcato:

La custodia compartida como opción prioritaria discrimina y devalúa el trabajo de los cuidadores primarios, generalmente las madres, niega y trivializa el maltrato masculino, y perpetua los mitos sobre la mujer: falsas denuncias, manipulación del menor, etc.   Consuelo Barea (fonte)

…sólo ha servido para ocultar la violencia previa y el acoso a las madres, continuar el maltrato y eximir de la pensión de alimentos a las hijas e hijos, además de evitar que se otorgue a la madre-custodia de menores de edad, el usufructo de la vivienda conyugal.  Sonia Vaccaro (fonte)

Non sorprende che chi scrive che l’affido condiviso servirebbe ad occultare la violenza maschile, maltrattare le donne, non pagare gli alimenti ai figli, levare alla donna la casa coniugale possa anche scrivere un libro volto a negare la Sindrome di Alienazione Genitoriale.

Lo stesso sito femminista traduce anche il pensiero di B. Gimeno (descritta da wikipedia come femminista lesbica esperta in studi LGBT, ovvero lesbici, gay, bisessuali, transessuali), secondo la quale

Dietro questa sindrome non c’è niente di più di una nuova strategia antifemminista e non bisogna essere particolarmente svegli per rendersene conto.

Il problema è che molti genitori alienanti hanno spesso problemi di tipo psicologico e potrebbero anche credere a tali posizioni radicali ed alienare i figli, vittime innocenti di una guerra contro l’altro genitore, magari accesa dall’ideologia femminista radicale.

Madre ammette false accuse e denuncia il sistema: deve prevalere la giustizia, non l’ideologia dell’odio contro gli uomini.

Al Procuratore Capo,

In un raptus di rabbia ho chiamato la polizia.  Ero in cura, ed ancora oggi soffro di depressione e di un grave disturbo ansioso.  Quando mi arrabbio con mio marito, il disturbo mi rende rabbiosa e voglio causargli problemi. Quel giorno chiamai la polizia.  Sotto la loro pressione per accusarlo di qualcosa, in un momento in cui non ero in me, dissi che mi sentivo minacciata.  La TV parla sempre di mariti che abusano le donne così questa è stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Non c’era stata violenza, assolutamente nessuna. […] La polizia, senza indagare, prese la mia parola per la verità, ed immediatamente arrestò mio marito buttandolo in prigione dove passò sei settimane.

Dopo l’arresto il mio disturbo ansioso peggiorò; pensai che la cosa giusta da fare era andare ad un centro anti-violenza.  Le operatrici, in massima parte donne divorziate, mi misero sotto una tremenda pressione, perché io dicessi cose ancora peggiori contro mio marito, in modo da creargli problemi giudiziari ancora più gravi. […] Essendo in una condizione di dipendenza, una donna si sente obbligata a seguire i consigli legali delle operatrici.  Inondarono me ed i bambini con filmati sulla violenza che hanno fatto così male ai bambini al punto che provano paura di venire abusati da un qualunque uomo.

Il centro non era un posto dove le donne ricevono aiuto, ma un posto dove le donne ed i bambini sono esposti all’odio contro gli uomini ed incoraggiate a divorziare.  Mentre eravamo lì la polizia dovette intervenire per sedare una violenza fra donne nel rifugio, davanti ai miei figli.  Sono stati esposti a più abusi nel centro che in tutta la loro vita precedente fuori dal centro.

Quando provai ad ammettere il mio errore nell’ufficio della procuratrice, mi disse che ero una bugiarda e che era meglio per me insistere con la storia iniziale. Che le donne ritirano le accuse perché minacciate dai mariti. Che sarei stata arrestata se avessi ritrattato. […] In tutta la vicenda nessuno ha aiutato me ed i bambini.  Ognuno voleva solo darmi lo status di vittima ed a mio marito quello di abusante.  A nessuno interessava la giustizia, me, i bambini.  […] All’udienza preliminare volevo dire la verità, ma la procuratrice non mi ha nemmeno parlato.  Mentre invece ha ascoltato le operatrici del centro. […] Tutto sembrava finalizzato a far condannare mio marito ed impedirgli di vedere i nostri bambini, senza cura del costo che io ed i bambini avremmo dovuto pagare.

Mio marito ha perso il lavoro, perché le autorità hanno contattato il suo datore di lavoro.  Io ed i nostri 4 figli siamo stati presi in carico dall’assistenza sociale.  I bambini piangono perché vogliono vedere loro papà, che è sempre stato un buon padre.  Un terribile danno è stato fatto contro tutti noi: i nostri bambini, io, e mio marito.

Questo orrore è iniziato 9 mesi fa, e da allora non mi hanno ancora voluta ascoltare.  Sembra che non vogliano ammettere che una donna può fare un errore, come chiamare la polizia per rabbia.  Secondo la mia esperienza, sembra che criminalizzare e processare i padri, fregandosene del danno fatto ai bambini, sia lo scopo del sistema.  […] Sono preoccupata di quello che mio figlio potrebbe pensare di questo sistema.  Sono scandalizzata di come la violenza domestica è usata per distruggere le famiglie. Basata su due parole dette in un momento di rabbia, il sistema ha iniziato una caccia contro mio marito, provocando un enorme danno alla nostra famiglia.

Smettete di criminalizzare i padri e assicuratevi che i principi di giustizia siano rispettati da chi lavora nel sistema e ci saranno molti meno casi del genere.  Nel nostro sistema giudiziario deve prevalere la giustizia, non l’ideologia dell’odio contro gli uomini.

Lettera firmata.  (Testo originale della madre canadese tradotto dall’inglese da http://www.ejfi.org/DV/dv-70.htm#shelters in calce)

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Dear Chief Justice McMurtry
I read an article in the Toronto Star, dated January 7, 2003, in which it was reported that you were upset about the courts being backlogged and that you were looking for answers to this problem.
As one woman who has been forcefully and unwillingly branded as a helpless “victim” of domestic violence by police and the local Crown Attorney’s office, I would like to give you what my thoughts are as to why the courts are backlogged.
Early last year, it a fit of anger and frustration against my husband, I wrongly called police. I was under medication at the time and to this day still suffer from depression and severe anxiety disorder. When I get upset at my husband, my disorder causes me to get angry and to want to cause problems for him. Calling police on that occasion was my reaction that day to cause him problems. Under pressure from police to charge him with something and during a moment when my mind was not thinking clearly, I told police that I felt that husband had threatened to harm me and the children. I have seen so much in the newspapers and on the TV about husbands abusing their wives that this was the first thought that came to my mind when the police came to my home. There was absolutely no physical violence leading up to my call to police, absolutely none. At the time, however, I did not realize the implications of my actions as I was acting more out of emotion, rather than from reason.
Police officers never asked if there would have been any reason to cause me to make these allegations nor did they seem to care. No time was given for me to get my thoughts together rationally. Police just took my words as being the truth. Immediately, my husband was arrested and thrown in jail where he eventually spent six weeks in jail. After his arrest, I became even more anxious and fearful of authorities for doing something that was wrong.
Initially, I stayed at a women’s shelter as I thought this was the thing to do. While in the women’s shelter, I was put under tremendous pressure from shelter workers, most of who are divorced women themselves, to say even more negative things about my husband to get him in more trouble with the law. I felt pressured by shelter staff and felt compelled to follow their legal instructions. In my opinion, shelters should not be giving legal advice to woman or pressuring women to take certain legal actions. This should be left up to the lawyers. Being in a position of dependency at the shelter makes a woman feel obligated to follow the legal advice given to them by the workers. While in the shelter, both myself and my children were inundated with information about how abusive men are. I believe that exposure to domestic violence audio and visual materials in the shelter has negatively affected my children to the point where even they may now feel that men, in general, are abusive. As it turned out, the shelter was not just a place where women can go for help, but a place were women and children are told all the bad things about men and where women are encouraged to divorce their husbands and break up their families. While my children and I were at the shelter, the police had to come in and take one woman out of the facility for being abusive to the other women in front of the children. My children were exposed to more abuse in the shelter than they were ever exposed outside of it.
When I tried to admit my mistake to the Crown Attorney’s office, I was basically told that I was a liar and that I had better stick to my original statement which was made while under pressure and while suffering from anxiety. I was told that women only recant their stories because their husbands are intimidating them. I was told that I would get arrested if I tried to change my story. When I tried to get my lawyer to write a letter to the Crown to explain the circumstances, my lawyer refused to follow my instructions. It was as if my lawyer was not willing to go against what he knew the Crown and the police wanted, which was to get my husband to plead guilty. My lawyer refused to return my phone calls and refused to answer my letters to his office. Yet, while my lawyer refused to follow my instructions, to my knowledge he billed Legal Aid, claiming to represent me. I wrote my own letter to the Crown’s Office directly but they refused to respond.
During this whole ordeal, nobody in the Justice System wanted to help me or my children. Everyone just wanted to label me as a poor victim and my husband as an abuser. Not at any time did I get the feeling that the justice system cared about me, my children, or about justice. The feeling that I have to this day is that the only thing the system wants is to convict my husband and that they will use any means, including intimidation and removal of children, to accomplish this.
I went to the court during one of preliminary hearings to try to tell the truth but when the Crown Attorney saw me at the court, she would not even talk to me. Yet, when my husband was in a hearing, representatives of the local women’s shelter had no problem getting a private meeting with the Crown to discuss my husband’s case. It seems that the Crown Attorney considered what the representatives of the local woman’s shelter had to say as being more important than what I, the alleged victim, had to say. Everything seemed to revolve around how to get my husband convicted and to keep him from seeing our children, no matter what the cost to myself and the children was.
My husband has been forced from his job due to the actions of the authorities who contacted his work and had him dismissed. Myself, and my four children have been forced on to the welfare system. My children cry to see their father who has always been a good father to them. The Children’s Aid has threatened to take my children from me if I let the children see their father, yet he has always been a good father to them. Terrible financial and emotional harm has been done to my children, myself and my husband by the justice system.
It has been over nine months since my family’s horror story with the justice system started. To this day, those in the Justice system still do not want to listen to me nor do they care about my children. It seems that the system is not willing to admit that a woman can make a mistake such as calling police out of anger. Based on my experience, it seems that criminalizing and persecuting fathers, regardless of the damage done to children, is the ultimate goal of the system. I feel that all of our family members have been victimized by the system and this is so terribly wrong and unjust.
Since this matter started, thousands of dollars in taxpayer’s monies have been spent and countless hours spent on my case by police, court officials and the Crown Attorney’s Office. I am the only witness to just statements made, yet the Crown Attorney presses on relentlessly to get my husband to plead guilty while intimidating me to go along with what they want. How can he plead guilty when he is not? I would not expect him or want him to plead guilty for an alleged crime he did not do. What kind of justice would that be?
There appears to be a systemic bias against fathers by the police and the Crown Attorney’s Office in the area of domestic violence to the point where justice is being purposely and maliciously disregarded. I have a young son and it worries me to think of what he might face in the justice system when he gets older. I am appalled at what I have seen is going on with justice in this province and how domestic violence is being used to destroy families. Based on just a few words said in anger, the justice system has gone on a witch hunt against my husband and in the process caused terrible harm to my entire family.
So getting back on the topic of the backlog in the court system, just put a stop to the persecuting and criminalizing of fathers and ensure that the principles of equality and fundamental justice are upheld by those working in the system and I am sure that you will see a noticeable drop in the court system caseload. Justice, not man-hating ideology, must prevail in our justice system.
Yours truly
Nezha Saad

Rovinai il mio ex con false accuse, ma oggi dico: fermiamo le femministe radicali

Quando decisi di divorziare (ero annoiata) andai da 3 diversi avvocati. Tutti mi chiesero se mio marito mi abusava. Mai, in nessun modo mio marito si è comportato male con me. Con mio grande stupore, tutti e tre gli avvocati mi dissero la stessa cosa: se non accusavo di abusi mio marito, non avrei ottenuto l’affido esclusivo dei figli. Se lo avessi accusato, avrei ottenuto tutto e anche di più. Quando chiesi come avremmo provato le accuse, mi dissero che i giudici non richiedono prove, di andare ad un centro anti-violenza, che mi avrebbero aiutata supportando le mie accuse di abusi. […] Non avendo soldi per gli avvocati, seguii il consiglio. Con riluttanza, portai i bambini al centro.

Non potevo credere a quello che vedevo. Fuori, appariva come il pubblico vorrebbe vederlo. Dentro, una verità molto diversa.

Era una specie di culto. Odiare gli uomini la prima priorità. […] Seguendo il loro progetto, avrei ottenuto non solo l’affido esclusivo, ma anche la macchina, la casa, il terreno, e soldi per il resto della mia vita.  […] Vidi l’uomo che era stato mio marito distrutto: emotivamente, finanziariamente e fisicamente. Ottenni l’affido esclusivo dei figli, l’allontanamento del padre da casa, e nel supremo interesse del minore, la casa e la macchina.

Fu anche incriminato. L’uomo che con me aveva messo al mondo i nostri figli, aiutato a crescerli, che li amava teneramente, fu obbligato a starne lontano, a mantenere me (più di quanto avessi bisogno) e loro. Lo distrussi, lasciando con poco per sopravvivere.

Mio fratello sta ora combattendo per i suoi figli, e la sua ex sta usando la stessa tattica che mi hanno insegnato al centro. Mio fratello è ridotto come il mio ex.

Sapendo come ho distrutto il mio ex, e capendo il male che ho fatto, cerco di aiutare mio fratello. È stato sbattuto fuori da casa sua e vive con me. È iscritto ad una organizzazione di padri separati e riceve messaggi sull’affido condiviso, etc.

Questi gruppi devono smetterla di combattere in modo pulito.

In tutta onestà, è impossibile compiere atti peggiori di quelli che le femministe hanno già fatto. Per molti anni petizioni, campagne… non hanno portato a niente. I media, gli avvocati, i politici, la gente comune già conoscono le ingiustizie subite dai padri, e nulla cambia.
Il cambiamento arriverà solo se forzato. Non so cosa occorra fare, ma continuare così è inutile. […] So che ci sono vere femministe come Erin Pizzey che combattono per la vera eguaglianza.
Dobbiamo fermare le femministe radicali, che non capiscono che quello che ottengono oggi produrrà domani la devastazione. Vogliono solo una cosa, appropriarsi di tutto per loro stesse, senza badare al prezzo pagato da altri.

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[Fonte: traduzione estratta dalla lettera originale firmata http://www.ejfi.org/DV/dv-63.htm#marion e riprodotta interamente in calce].

As I write this, I am aware that I am probably going to offend some readers, but, then again, I have found that we in society are afraid and unaccepting of the truth, therefore taking offense. I can not apologize for what I am about to say, however I can only hope to attempt to undo the wrong that I have done.
To start with, here is a little bit about myself. Before I was married, I was an extreme feminist, with the hopes and dreams of equality, having the same thoughts and beliefs as others in the fight for true equality. It wasn’t like the feminists of today, who only want to gain complete control, power, and to have revenge, destroying everything that the true feminists have fought so hard for (true gender equality). It is my hope that by posting my story and comments, that it will encourage other women, (we/you know who you are), to come forward and to tell the truth about themselves and their experience. Here is my story, as shameful as it may be.
I am a single mother of two. When I decided to leave my marriage (I was bored) I went to three different lawyers for advice. I was asked by all three of them if I was ever abused by my husband. My answer was, never in any way shape or form was my husband abusive towards me. To my utter disbelief, all of them told me the same thing. Unless I accused my husband of abuse, I would not gain sole custody of my children. They also told me that by making these allegations against him, that I would get EVERYTHING and more. When I asked them how we would prove the allegations, I was told that the courts don’t require proof, and to go to a women’s shelter, and that they would help me, and that it would support my allegations of abuse.
Having been brought up in a very religious family, I was very uncomfortable with this advice. I was then told by the lawyers, that if I wanted the full support of legal aid, I had no choice but to make the allegations against my husband. Having no money to pay for legal expenses, I did as I was advised. Reluctantly I took my children to a women’s shelter. I couldn’t believe what I was seeing. On the outside, it appears as they want the public and their funders to see it. This is however, far from the truth.
This place was a form of a cult, for lack of a better term. Male bashing was a top priority, and the administration was very adamant about recruiting yet another woman (me) to join this man-haters club. They even have a game plan on how to win in court. By following their simple plan step-by-step, I would not only get sole custody of my children, but also the car, house and land, plus finances for the rest of my life.
However, if I did not follow their game plan, but if I played fairly, I would lose everything, and I would be endangering the lives of other women, and would jeopardize any funding for them. The administration must have noticed that their brain washing techniques were not working as fast as they wanted, so I was ‘thrown’ at the other women staying there.
Terms such as ‘sperm donors’, and that all men were abusive and must die, were used on a daily basis. They were very convincing, and not wanting to jeopardize my fellow housemates, I went along with their game plan.
As soon as I said that I would follow their game plan, things moved very quickly. I saw the man that I was once married to destroyed emotionally, financially and physically. I was granted sole custody of our children, and because of a restraining order, I gained the house and car, so that our children wouldn’t lose everything that they were used to.
Not only was there a restraining order against him, he was also charged with assault. The man who had equally created our children, helped raise them, and who loves them dearly, was ordered to stay away from them, and to pay me (more than I ever needed) support for them. Like I said, I destroyed him, leaving him with very little to survive.
My brother is now going through a custody battle, where my former sister-in-law is playing exactly the same game that was taught to me by a women’s shelter, and my brother is in the same shoes that I once put my ex in.
Knowing how I destroyed my ex, and seeing the wrong that I had committed, I have made it my personal endeavor to help my brother with his fight. He recently joined a men’s group, and he receives messages on the net from shared parenting, epoc news etc.
As he was thrown out of his home, he now lives with me, which gives me the opportunity to read the messages from these groups. I must admit, sometimes there is a message or two that is of great help, but for the most part, these groups have to stop playing ‘Mr. Nice Guy’.
In all honesty, you can’t look any worse than what the feminists have already made you out to be. Let’s be honest, for many years, the men’s movement has gained little to no ground at all. You have petitioned, demonstrated, run phone campaigns, fax campaigns, e-mail campaigns, sold t-shirts, hats and bumper stickers, to no avail. Still you continue to do it, hoping for something to change.
The media, law enforcement agencies, medical professions, legal professions, senate, government, judges, researchers, and the majority of the public are aware of the plight of men and fathers face, and still no changes have been made.
In my opinion, change will come only when change is forced. I haven’t got the answers on just what to do, but it is apparent that continuing the aforementioned practices, is completely futile. Why don’t we take a look at how changes were made throughout history, by both men and women?
I have also noticed in these e-mail groups, the endless discussions on repeated posts, where everyone has an opinion. Can we not do something more useful than repeatedly posting the same post, and using our energy on more important matters? How many more statistics, reports, discussions, debates and opinions is it going to take before we say,”enough is enough”?
What is it going to take to get you guys to finally force the necessary changes to bring about gender equality? Having said all of this, I wish to say a couple of more things of importance. The true feminists do believe in gender equality, and really do have the children’s best interests at heart. We do not wish to destroy or restrict anyone from what is constitutionally theirs. I know that there are true feminists such as Erin Pizzey and Senator Anne Cools, that are fighting for true gender equality.
We need to stop today’s radical feminists, who don’t seem to realize that today’s accomplishments will be tomorrow’s devastation. They only see one thing, the need to gain EVERYTHING for themselves, regardless of the price.
I encourage you to forward your stories of truth, for having done so myself, I feel that I can now truly fight for true gender equality.
With you in your fight,
Marion Winters

Italia condannata dalla Corte Europea per i diritti dell'uomo

15.000 euro di risarcimento di fronte alla vita di un bambino sono troppo pochi. Si dovrebbero chiedere ed ottenere milioni di euro, come accade in USA per i danni punitivi.

La sentenza della Corte Europea per i diritti dell’uomo, datata 2 Novembre 2010, ci dice che in caso di conflittualità tra i genitori, al fine di  creare le condizioni necessarie alla realizzazione del diritto di visita tra il genitore non collocatario ed il figlio minore, l’autorità giudiziaria deve prendere misure dirette e specifiche, volte al ripristino del rapporto tra il genitore ed il figlio.

SECONDA SEZIONE – CAUSA PIAZZI C. ITALIA

(Ricorso n° 36168/09), SENTENZA STRASBURGO

2 novembre 2010

PROCEDIMENTO

1. All’origine della causa si trova un ricorso (n° 36168/09) contro la Repubblica Italiana con cui un cittadino di tale Stato, M. Alessandro Piazzi («il ricorrente»), ha adito la Corte in data 1° luglio 2009 in virtù dell’articolo 34 della Convenzione della salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione»).

2. Egli è rappresentato dinanzi la Corte dall’avvocato A. Forza del foro di Venezia.

Il Governo italiano («il Governo») è stato rappresentato dal funzionario, E. Spatafora, e dal co-funzionario, M.N. Lettieri.

3. Il ricorrente sosteneva in particolare la violazione del diritto al rispetto della sua vita familiare, garantito dall’art. 8 della Convenzione.

4. Il 22 ottobre 2009, la presidente della seconda sezione ha deciso di comunicare il ricorso al Governo. Secondo quanto consentito dall’art. 29 § 3 della Convenzione, è stato deciso inoltre che la camera si pronunci sulla ricevibilità e sul merito.

IN FATTO

I. LE CIRCOSTANZE DEL CASO DI SPECIE

5. Il ricorrente è nato nel 1960 e risiede a Rimini.

6. Nel 1989, il ricorrente sposò C. La coppia ebbe un figlio, L., nato il 13 novembre 1991.

7. Il matrimonio fu rapidamente segnato da tensioni ed incomprensioni, sicché i coniugi presentarono dinnanzi al presidente del tribunale di Napoli una domanda di separazione consensuale. La custodia del bambino fu attribuita a C. con il diritto di visita per il ricorrente.

8. Nel 1999, dopo il divorzio, C. sposò un professore universitario e si trasferì a 250 chilometri di distanza dal ricorrente.

9. Nell’aprile 2001, L. affermò alla nonna materna e allo psicologo che lo seguiva che egli aveva subito dei palpeggiamenti sessuali da parte di suo padre. C. non presentò denuncia contro il ricorrente ma si rivolse ad un avvocato che (ingiunse) ordinò al ricorrente di non incontrare più suo figlio.

10. Il 12 aprile 2002, a causa delle difficoltà incontrate nell’esercizio del suo diritto di visita, il ricorrente adì il tribunale per i minorenni di Venezia. Egli sosteneva che la sua ex moglie aveva influenzato suo figlio.

11. Con un decreto del 19 giugno 2002, il tribunale di Venezia affidò la custodia del bambino ai servizi sociali di Noventa Padovana (Azienda Sanitaria Locale – ASL) mantenendo il collocamento del bambino nel domicilio della madre e ordinò una perizia volta a verificare se uno dei due genitori avesse tenuto un comportamento pregiudizievole per il bambino e se, del caso, fosse opportuno che il bambino mantenesse un contatto con detto genitore.

12. Nel dicembre 2003, lo psicologo depositò la relazione che metteva in evidenza l’incapacità dei due genitori di esercitare «tutte le funzioni di un genitore». Inoltre, i tentativi della madre di aizzare il bambino contro il padre potevano condurre, nel caso di specie, ad una sindrome di alienazione parentale. Secondo lo psicologo, era improbabile che L. avesse subito dei palpeggiamenti sessuali da parte di suo padre. Questi eventi erano piuttosto il frutto dell’immaginazione del bambino. Secondo lo psicologo, era opportuno che il progetto di riavvicinamento tra L. ed il ricorrente fosse preceduto da una procedura di mediazione per i genitori.

13. Con un decreto del 1 dicembre 2003, il tribunale per i minorenni di Venezia, basandosi sulla perizia, limitò l’autorità genitoriale di entrambi i genitori sul bambino e, confermando la decisione del 19 giugno 2002, autorizzò il ricorrente ad incontrare il suo bambino in presenza degli assistenti sociali secondo le modalità stabilite dagli stessi servizi sociali. In particolare, il tribunale rilevò che la madre aveva avuto un comportamento consapevolmente volto ad escludere sia il padre che le autorità competenti. Ella aveva di fatto interrotto ogni rapporto del bambino con il padre. Il tribunale decise che era nell’interesse di L. ripristinare il rapporto con suo padre attraverso una preparazione ed un sostegno psicologico, con la partecipazione di uno psicoterapeuta scelto dai due genitori.

14. Gli incontri controllati dovevano avere luogo ogni quindici giorni per un’ora.

15. Il 2 dicembre 2003, il ricorrente contattò i servizi sociali al fine di poter incontrare suo figlio. In assenza di risposta, il ricorrente reiterò la domanda l’11 febbraio 2004.

16. L’8 marzo 2004, l’assistente sociale lo informò che, in assenza di precise indicazioni del tribunale, non poteva accogliere la sua istanza.

17. Il 26 giugno 2004, il ricorrente fu invitato a recarsi a Noventa Padovana per un colloquio con l’assistente sociale. Nel corso del colloquio, egli fu informato che d’ora in poi la sig.ra P. avrebbe seguito la pratica.

18. In una data non precisata, il ricorrente contattò per telefono la sig. P., che lo informò sui risultati scolastici di L.

19. Durante l’estate 2004, egli non ebbe alcun contatto con suo figlio.

20. Il 25 ottobre 2004, il ricorrente incontrò nuovamente la sig.ra P. ed i suoi collaboratori. Egli sostiene che questi ultimi l’avrebbero informato che l’impossibilità di incontrare suo figlio era dovuta all’intervento del marito della sua ex moglie, che era un rinomato professore universitario.

21. Con diverse lettere datate 5 ottobre, 20 ottobre e 22 dicembre 2005, il ricorrente sollecitò i servizi sociali affinché organizzassero un incontro con suo figlio in conformità alla decisione del tribunale.

22. Il 30 gennaio 2006, egli fu invitato a recarsi dalla sig.ra P. Una volta arrivato, fu informato che la sig.ra P. era malata e che la psicologa che seguiva suo figlio non era disponibile per un incontro.

23. Il 19 aprile 2006, il ricorrente si rivolse ancora una volta al tribunale per i minorenni di Venezia per domandare l’attuazione degli incontri con L.. Egli sostenne che non aveva potuto incontrare suo figlio e domandò al tribunale la custodia del bambino a causa dell’influenza negativa della madre.

24. Il 20 settembre 2006, il ricorrente non si presentò al colloquio con i servizi sociali.

25. Lo stesso giorno, il servizio di neuropsichiatria dell’ospedale di Padova depositò la prima relazione sulla situazione del bambino. I due psicologi avevano redatto la relazione dopo aver incontrato la madre, il patrigno ed il ricorrente. Tuttavia, nessun colloquio con il bambino aveva avuto luogo. La relazione parlava del fatto che il bambino era seguito da una psicoterapeuta e che per il momento a causa della fragilità emotiva del bambino, un riavvicinamento con il padre non era possibile. Peraltro, era opportuno continuare la psicoterapia.

26. Il 2 ottobre 2006, il ricorrente informò i servizi sociali che non poteva partecipare al colloquio del 4 ottobre 2006

27. Il 22 novembre 2006, il bambino dichiarò al tribunale di non volere incontrare il padre e minacciò di suicidarsi se il tribunale lo avesse obbligato.

28. Con un decreto del 13 giugno 2008, il tribunale constatò che il ricorrente non aveva incontrato suo figlio dal 2001 e che il decreto del 1° dicembre 2003 non era stato eseguito. Tenuto conto del rifiuto di L. di vedere il ricorrente, della necessità per il bambino di proseguire nel suo sostegno psicologico al fine di comprendere e di incanalare la sua rabbia verso il padre come pure delle osservazioni dei servizi sociali che avevano sottolineato che una ripresa dei rapporti con il ricorrente poteva essere estremamente traumatizzante per L., il tribunale confermò il decreto dell’1 dicembre 2003. Tuttavia, il tribunale rilevò anche che i servizi sociali avevano delegato alla madre del bambino la gestione del sostegno psicologico di L., e ordinò che i servizi sociali attraverso le loro strutture pubbliche seguissero il percorso psicologico di L. e controllassero, al tempo stesso, il comportamento della madre. Il tribunale ordinò ai servizi sociali di continuare il sostegno psicologico per L. come pure la procedura di mediazione per entrambi i genitori.

29. Il 6 novembre 2008 ed il 21 gennaio 2009, il ricorrente fu convocato dai servizi sociali. In questa occasione, il ricorrente domandò a questi ultimi se avevano incontrato il bambino. La risposta fu negativa. Si basavano sulle relazioni depositate dalla psicoterapeuta di L.

30. L’11 marzo 2009, il ricorrente domandò ai servizi sociali di recapitare una lettera al figlio.

31. In una data non precisata, il ricorrente propose appello al decreto del 13 giugno 2008. Sosteneva che non incontrava il figlio da oltre sette anni e domandò che il sostegno di L. fosse affidato ai servizi sociali di un altro comune.

32. Con decreto del 5 gennaio 2009, la Corte di appello di Venezia constatò che il decreto del 1° dicembre 2003 non era stato eseguito e che ciò era dovuto al rifiuto di L. di incontrare il padre biologico. La Corte di appello sottolineò che nessun incontro tra il ricorrente e suo figlio aveva avuto luogo dal 2001 ma che tuttavia, tenuto conto dell’età (17 anni) di L. e del suo rifiuto di vedere il padre, non era possibile accogliere la domanda del ricorrente. Di conseguenza, rigettò il ricorso e confermò il decreto del 13 giugno 2008.

33. Il 12 marzo 2009, il ricorrente si rivolse di nuovo al tribunale per i minorenni di Venezia domandando di dare esecuzione al decreto del 1° dicembre 2003. Con una decisione del 1° aprile 2009, il tribunale rigettò il ricorso del ricorrente per il motivo che il procedimento era archiviato e che sarebbe stato necessario presentare un nuovo ricorso.

IN DIRITTO

I. SULLA PRESUNTA VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 8 DELLA CONVENZIONE

34. Il ricorrente adduce la violazione del suo diritto al rispetto della sua vita familiare derivante dal fatto che, malgrado l’esistenza di una decisione del tribunale per i minorenni che stabiliva le condizioni di esercizio del suo diritto di visita, non ha potuto esercitare questo diritto dal 2001. Egli ritiene che i servizi sociali hanno svolto un ruolo eccessivamente autonomo nell’attuazione delle decisioni del tribunale per i minorenni e che questi non ha esercitato il dovere di vigilanza costante sul lavoro dei servizi sociali affinché i comportamenti di questi non vanificassero le decisioni del tribunale.

OMISSIS

B. Valutazioni della Corte

52. Come la Corte ha sottolineato a più riprese, se l’articolo 8 ha essenzialmente per obiettivo di tutelare l’individuo contro le ingerenze arbitrarie dei pubblici poteri, esso non si limita ad ordinare allo Stato di astenersi da tali ingerenze: a questo impegno piuttosto negativo possono aggiungersi degli obblighi positivi inerenti il rispetto effettivo della vita privata e familiare. Tali obblighi possono implicare l’adozione di misure volte al rispetto della vita familiare anche nei rapporti tra gli individui, compresa l’istituzione di un arsenale giuridico adeguato e sufficiente per assicurare i diritti legittimi degli interessati come pure il rispetto delle decisioni giudiziarie, o di appropriati specifici provvedimenti (vedi, mutatis mutandis, Zawadka c. Polonia, n° 4842/99, § 53, 23 giugno 2005).

53. Concentrandosi sul caso di specie, la Corte constata anzitutto che al momento della separazione dei coniugi nel 1993, il ricorrente e la sua ex moglie avevano raggiunto un accordo sulle modalità del diritto di visita dell’interessato. Tuttavia, dopo il trasferimento ed il nuovo matrimonio della ex moglie (C.), quest’ultima ha molto presto cominciato ad opporsi, ed il ricorrente depositò nel 2002 un ricorso davanti al tribunale dei minorenni («tribunale») per domandare il rispetto del diritto di visita. Sua moglie sostenne che L. aveva rivelato di aver subito dei palpeggiamenti sessuali da parte del padre e della sua famiglia. In queste condizioni, il tribunale, in data 19 giugno 2002, ordinò una perizia sul bambino (paragrafo 11 di cui sopra). La relazione depositata dal perito ha messo in evidenza l’incapacità di entrambi i genitori di esercitare «tutte le funzioni di un genitore». Inoltre, i tentativi della madre di aizzare il bambino contro il padre potevano condurre, nel caso di specie, ad una sindrome di alienazione parentale. Secondo lo psicologo, era improbabile che L. avesse subito dei palpeggiamenti sessuali da parte del padre. In queste circostanze, il tribunale limitò l’autorità parentale di entrambi i genitori sul bambino ed autorizzò il ricorrente ad incontrare suo figlio in presenza degli assistenti sociali secondo le modalità stabilite dagli stessi servizi sociali. Gli incontri dovevano aver luogo ogni quindici giorni per un’ora. Le autorità avevano dunque l’obbligo di adottare delle misure volte a ricongiungerlo a suo figlio. Non è oggetto di controversia che le azioni intraprese da queste nel caso di specie non hanno raggiunto il risultato desiderato e che il ricorrente non vede suo figlio dal 2001.

54. Eppure, il fatto che gli sforzi delle autorità sono stati vani non porta automaticamente alla conclusione che lo Stato è venuto meno agli obblighi positivi derivanti dall’articolo 8 della Convenzione (vedi, mutatis mutandis, Mihailova c. Bulgaria, n° 35978/02, § 82, 12 gennaio 2006). In effetti, l’obbligo per le autorità nazionali di adottare delle misure al fine di riconciliare il padre ed il figlio che non vivono insieme non è assoluto, e sia la comprensione che la cooperazione di tutte le persone interessate costituiscono sempre un fattore importante. Se le autorità nazionali devono sforzarsi di facilitare tale collaborazione, un obbligo per loro di ricorrere alla coercizione in questa materia non può essere che limitato: bisogna tener conto degli interessi, dei diritti e delle libertà delle stesse persone, compresi gli interessi superiori del bambino e dei diritti che gli riconosce l’articolo 8 della Convenzione (Voleský c. Repubblica Ceca, n° 63267/00, § 118, 29 giugno 2004). Come la giurisprudenza della Corte riconosce in maniera costante, la più grande prudenza s’impone quando si tratta di ricorrere alla coercizione in questo delicato settore (Reigado Ramos c. Portogallo, n° 73229/01, § 53, 22 novembre 2005), e l’articolo 8 della Convenzione non può autorizzare il genitore a far adottare delle misure pregiudizievoli alla salute ed allo sviluppo del bambino (Elsholz c. Germania [GC], n° 25735/94, §§ 49-50, CEDH 2000-VIII). Il punto decisivo consiste, dunque, nel sapere se le autorità nazionali hanno preso, per facilitare il riavvicinamento, tutte le misure necessarie che si potevano ragionevolmente esigere dalle stesse in questo caso (Nuutinen c. Finlandia, n° 32842/96, § 128, CEDH 2000-VIII).

55. Nel caso di specie, di fronte all’impossibilità di attuare il suo diritto di visita stabilito dal decreto del 1 dicembre 2003, il ricorrente ha in primo luogo cercato l’assistenza dei servizi sociali al fine di fare rispettare detta decisione. Duro è constatare che nessun seguito è stato dato alle domande. Questa mancanza sembra ancora più grave se, tenuto conto dell’età del bambino (undici anni nel 2003) e del contesto familiare perturbato, il trascorrere del tempo aveva effetti negativi sulla possibilità per il ricorrente di riprendere un rapporto con suo figlio.

56. Nel 2006, il ricorrente domandò al tribunale l’attuazione della decisione del 1° dicembre 2003. Nel frattempo, e precisamente tre anni dopo il primo decreto del tribunale, i servizi sociali depositarono la loro prima relazione sulla situazione del bambino e della famiglia. La Corte constata che i due psichiatri che avevano redatto la relazione non avevano mai incontrato il bambino, che in compenso era seguito da un psicoterapeuta scelto dalla madre del bambino. La soluzione prevista nella relazione era di attendere una maggiore maturità del bambino, che per il momento rifiutava di vedere il padre.

57. Con decreto del 13 maggio 2008, il tribunale constatò la non esecuzione della sua decisione del 1° dicembre 2003 ed il fatto che i servizi sociali avevano delegato alla madre la gestione del sostegno psicologico del figlio. Tuttavia, tenuto conto del rifiuto del bambino di vedere il ricorrente, il tribunale ordinò che il bambino proseguisse il sostegno psicologico al fine di comprendere e di incanalare la sua rabbia verso il padre. Il Tribunale ordinò ai servizi sociali di controllare anche il comportamento della madre e di utilizzare nel percorso di sostegno del bambino le strutture pubbliche.

58. Va ricordato che in un caso di questo tipo, l’adeguatezza di una misura va giudicata in base alla rapidità della sua attuazione (Maire c. Portogallo, n° 48206/99, § 74, CEDH 2003-VII). In questo caso, il governo convenuto spiega il comportamento dei servizi sociali e del tribunale con l’impegno di non voler traumatizzare ulteriormente il bambino. La Corte osserva tuttavia che il 19 aprile 2006, il ricorrente aveva domandato al tribunale l’attuazione della decisione del 2003. Ora, il tribunale constatò la mancata esecuzione del provvedimento solamente nel 2008. La Corte rileva anche che dal 2003 nessuna relazione era stata depositata dai servizi sociali sulla situazione psicologica del bambino. Ad avviso della Corte, tali ritardi non possono essere giustificati poiché spetta a ciascun Stato organizzare il proprio sistema giudiziario in modo da assicurare il rispetto degli obblighi positivi che gli incombono in virtù dell’articolo 8 della Convezione.

59. Così, invece di adottare delle misure idonee a permettere l’attuazione del diritto di visita, il tribunale ha solo preso nota della situazione del bambino, ed ha ordinato ai servizi sociali di proseguire il percorso terapeutico del bambino constatando che questi si sentiva minacciato in presenza di suo padre e non voleva incontrarlo. La Corte ricorda, a questo proposito, che non si tratta di sostituire la propria valutazione a quella delle autorità nazionali competenti sulle misure che sono state prese poiché queste autorità sono in linea di principio in una posizione migliore per procedere a tale valutazione, in particolare perché tali autorità sono in contatto diretto con il contesto della causa e le parti implicate (Reigado Ramos c. Portogallo, già citato, § 53). Nel caso di specie, la Corte non può tuttavia trascurare il parere dello psicologo menzionato nel decreto del 1° dicembre 2003, secondo il quale i tentativi della madre di aizzare il bambino contro il padre potevano condurre alla sindrome di alienazione parentale. Non si può ignorare inoltre il fatto che, in data 16 maggio 2008, il tribunale ha rilevato che benché la mancata attuazione del diritto di visita del ricorrente non fu a lui imputabile, i servizi sociali avevano delegato alla madre di seguire il percorso terapeutico del bambino. Nonostante il fatto che nessuna valutazione psicologica fu condotta sulla famiglia, la Corte constata che costei si limitò a verificare lo stato delle cose ed a fare delle raccomandazioni di carattere generale.

60. La Corte riconosce che le autorità erano nel caso di specie in una situazione molto difficile a causa delle tensioni tra i genitori. Tuttavia, la mancanza di cooperazione tra i genitori separati non può esonerare le autorità competenti dal mettere in pratica tutte le risorse disponibili al fine di consentire il mantenimento del rapporto familiare (vedi, mutatis mutandis, Reigado Ramos, citato, § 55). Ora, in questo caso le autorità nazionali sono rimaste al di sotto rispetto a quanto si poteva ragionevolmente prevedere da loro: il tribunale ha delegato la gestione degli incontri ai servizi sociali, che dal loro canto hanno delegato alla madre la gestione del percorso terapeutico del bambino. E poi, sebbene il bambino abbia dichiarato di non voler vedere il padre, la Corte rileva che secondo la relazione del perito citata nel decreto del 1° dicembre 2003, era nell’interesse del bambino rincontrarlo. Le autorità hanno anche fallito nel loro dovere di adottare le misure pratiche in vista di sollecitare gli interessati ad una migliore cooperazione, pur tenendo presente l’interesse superiore del bambino (vedi Zawadka citata, § 67).

61. La Corte osserva che lo svolgimento della procedura dinanzi al tribunale fa piuttosto emergere una serie di misure automatiche e stereotipate, quali le successive domande di informazioni e la delega del sostegno ai servizi sociali a cui ordinava di far rispettare il diritto di visita del ricorrente. Le autorità hanno così lasciato che si consolidasse una situazione di fatto in violazione delle decisioni giudiziarie, sebbene il semplice trascorrere del tempo determinasse delle conseguenze sempre più gravi per il ricorrente, privato dei contatti con suo figlio. A questo proposito, non si può trascurare che al momento della sua audizione in tribunale, il minore si trovava già da qualche tempo sotto l’influenza esclusiva della madre, in un ambiente ostile all’interessato e che oltre 4 anni erano trascorsi senza un solo contatto tra il ricorrente ed il figlio. Per di più, la Corte osserva che i due psicologi che avevano redatto la relazione sulla situazione del bambino lavoravano nella stessa ASL del patrigno del bambino, professore universitario e capo del servizio. Non sembra che le autorità abbiano previsto, tenuto conto delle difficoltà per i genitori di accordarsi sulla scelta dello psicologo, che questi dovevano sottoporsi all’obbligo di seguire una terapia familiare (vedi Pedovi c. Repubblica ceca, n° 27145/03, § 34, 18 luglio 2006) o che gli incontri si svolgessero all’interno di strutture specializzate (vedi, per esempio, Mezl c. Repubblica ceca, n° 27726/03, § 17, 9 gennaio 2007; Zav_el c. Repubblica Ceca, n° 14044/05, § 24, 18 gennaio 2007). In queste circostanze, la Corte stima che di fronte a tale situazione le autorità avrebbero dovuto prendere delle misure più dirette e più specifiche, volte al ripristino del rapporto tra il ricorrente e suo figlio. In particolare, la mediazione dei servizi sociali avrebbe dovuto essere utilizzata per rendere le parti più collaborative e gli stessi avrebbero dovuto, conformemente al decreto del 1° dicembre 2003, organizzare gli incontri tra il ricorrente e suo figlio. Ora, i tribunali nazionali non hanno preso alcun provvedimento appropriato per creare pro futuro le condizioni necessarie alla realizzazione di detto diritto di visita del ricorrente (Macready c. Repubblica ceca, n° 4824/06 e 15512/08, § 66, 22 aprile 2010). Inoltre, la Corte osserva che, alla data odierna, L. è diventato maggiorenne.

62. Tenuto conto di quanto precede e nonostante il margine di apprezzamento dello Stato convenuto in materia, la Corte considera che le autorità nazionali hanno omesso di esercitare gli sforzi adeguati e sufficienti per far rispettare il diritto di visita del ricorrente permettendogli, almeno, di ristabilire il contatto con il suo bambino, e così buy rx drugs without prescription hanno ignorato il suo diritto al rispetto della sua vita familiare garantito dall’articolo 8 della Convenzione.

63. Pertanto, vi è stata violazione di detta disposizione.

II. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

64. Secondo i termini dell’articolo 41 della Convenzione, «Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli, e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette che in modo incompleto di riparare le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, quando è il caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. DANNO

65. Il ricorrente rivendica il risarcimento di un danno morale per la lunga separazione dal figlio, e per l’angoscia patita. Egli domanda 240.000,00 Euro.

66. Il Governo stima che questa somma sia eccessiva e richiama la giurisprudenza della Corte nella causa Bove c. Italia, (n° 30595/02, § 61, 30 giugno 2005) e Andlová c. Repubblica ceca (n° 995/06, § 113, 28 febbraio 2008).

67. Tenendo conto delle circostanze del caso di specie e dell’accertamento della rottura delle relazioni tra il ricorrente ed il suo bambino, la Corte considera che l’interessato ha subito un pregiudizio morale che non può essere risarcito dalla sola constatazione della violazione dell’articolo 8 della Convenzione. La somma richiesta a tale titolo è, tuttavia, esagerata. Avuto riguardo all’insieme degli elementi in suo possesso e statuendo secondo equità, come richiede l’art. 41 della Convenzione, la Corte assegna all’interessato 15.000,00 Euro per questa ragione. B. Costi e spese

68. Il ricorrente domanda le somme di Euro 33.724,79 a titolo di rimborso dei costi sostenuti dinnanzi i tribunali nazionali e di Euro 27.131,44 a titolo di rimborso dei costi sostenuti davanti la Corte.

69. Il Governo osserva che il ricorrente ha sommato due fatture, riguardanti i costi sostenuti dinanzi i tribunali nazionali, che non contengono alcuna lista dettagliata degli atti che le stesse sono destinate a coprire. Stima, inoltre, che le somme richieste sono eccessive e si rimette alla saggezza della Corte.

70. Per i costi sostenuti dinanzi i tribunali interni, la Corte rileva che, sebbene almeno parte di questi costi è stata esposta per correggere la violazione dell’artico 8 della Convenzione, le fatture prodotte non indicano nel dettaglio la natura delle prestazioni dell’avvocato del ricorrente.

71. Per ciò che concerne i costi sostenuti davanti la Corte, la stessa giudica eccessiva la somma domandata dal ricorrente.

72. In queste condizioni la Corte, statuendo secondo equità e tenendo conto delle prassi degli organismi della Convenzione, stima ragionevole assegnare ai ricorrente la somma di 5.000,00 Euro. C. Interessi moratori

73. La Corte giudica appropriato calcolare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse della facilità del prestito marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

1. Dichiara il ricorso ricevibile;

2. Accerta la violazione dell’articolo 8 della Convenzione;

3. Dispone a) che lo Stato convenuto debba versare al ricorrente, nei tre mesi dal giorno in cui la sentenza sarà divenuta definitiva in conformità all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme: ii. 15.000,00 Euro (quindicimila euro), oltre ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta, per il danno morale; iii. 5.000,00 Euro (cinquemila euro), oltre ogni importo che può essere dovuto a titolo di imposta dal ricorrente, per costi e spese; b) che a partire dalla scadenza del periodo e sino al detto versamento, questi importi sono maggiorati dell’interesse semplice al tasso legale della facilità del prestito marginale della Banca centrale europea applicato durante questo periodo, aumentato di tre punti percentuali;

4. Rigetta la domanda di equa soddisfazione per l’eccedenza.

Fatto in francese, e poi comunicato per iscritto il 2 novembre 2010, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

François Tulkens, Presidente

Stanley Naismith, Cancelliere

Fonte: http://www.adiantum.it/public/1985-corte-europea.-la-sentenza-del-caso-piazzi-contro-italia-è-un-caso-esemplare.asp e minoriefamiglia.it

La pallottola d’argento

«Le collaboratrici e le avvocate dei centri anti-violenza per donne chiamano “pallottola d’argento” la falsa accusa di abusi: funziona e colpisce sempre». Queste le parole in un articolo americano dedicato al problema.

Una PM italiana dice: «ho visto madri che si inventavano abusi sessuali subiti dalla figlia per interrompere le visite del padre». Queste le parole di Simonetta Matone, che è stata PM presso il tribunale dei minori di Roma per 17 anni ed oggi è capo di gabinetto del Ministro per le Pari Opportunità, come riportate su Panorama (del 30 settembre 2010) in un articolo che racconta storie di bambini privati dell’affetto dei loro papà. Una in particolare fa accapponare la pelle:

Mi sono sposato nel marzo 1996 e N è nata il 22 dicembre 1997. Dopo 1 anno e mezzo, mia moglie presenta un’istanza di separazione sostenendo che sono un padre «assente». È la prima bugia. Ci separiamo e il giudice affida la bambina alla madre, dando a me la facoltà di vederla due pomeriggi a settimana. Dopo le prime due visite, scatta contro di me una prima denuncia per lesioni e maltrattamenti nei suoi confronti. Posso vedere N solo in presenza dei servizi sociali in una tetra stanza del consultorio. Vengo assolto in appello e nella motivazione c’è scritto che la mia ex moglie ha mentito. Ma poco dopo mi denuncia per abusi sessuali nei confronti della bambina. Le visite si ribloccano e la bambina racconta alla neuropsichiatra che la mamma le ha suggerito di raccontare che io e la mia compagna la toccavamo con una  penna nelle parti intime. Viene provato che è tutto falso. Nuovo proscioglimento. Terza denuncia: archiviata. Come la quarta e la quinta. Un calvario. Io l’ho citata per danni e per calunnia, per mancata esecuzione del provvedimento del giudice (non mi faceva vedere la bambina). Ho fatto scioperi della fame, ho manifestato davanti al tribunale, ho ottenuto articoli sui giornali. Alla mia ex moglie non hanno mai fatto niente. Per fortuna N ha capito che le voglio bene e oggi il mio obiettivo sono i suoi 18 anni: so che allora saprà scegliere liberamente.

Una bambina di 13 anni oggi lasciata con quella donna?