La pallottola d’argento

«Le collaboratrici e le avvocate dei centri anti-violenza per donne chiamano “pallottola d’argento” la falsa accusa di abusi: funziona e colpisce sempre». Queste le parole in un articolo americano dedicato al problema.

Una PM italiana dice: «ho visto madri che si inventavano abusi sessuali subiti dalla figlia per interrompere le visite del padre». Queste le parole di Simonetta Matone, che è stata PM presso il tribunale dei minori di Roma per 17 anni ed oggi è capo di gabinetto del Ministro per le Pari Opportunità, come riportate su Panorama (del 30 settembre 2010) in un articolo che racconta storie di bambini privati dell’affetto dei loro papà. Una in particolare fa accapponare la pelle:

Mi sono sposato nel marzo 1996 e N è nata il 22 dicembre 1997. Dopo 1 anno e mezzo, mia moglie presenta un’istanza di separazione sostenendo che sono un padre «assente». È la prima bugia. Ci separiamo e il giudice affida la bambina alla madre, dando a me la facoltà di vederla due pomeriggi a settimana. Dopo le prime due visite, scatta contro di me una prima denuncia per lesioni e maltrattamenti nei suoi confronti. Posso vedere N solo in presenza dei servizi sociali in una tetra stanza del consultorio. Vengo assolto in appello e nella motivazione c’è scritto che la mia ex moglie ha mentito. Ma poco dopo mi denuncia per abusi sessuali nei confronti della bambina. Le visite si ribloccano e la bambina racconta alla neuropsichiatra che la mamma le ha suggerito di raccontare che io e la mia compagna la toccavamo con una  penna nelle parti intime. Viene provato che è tutto falso. Nuovo proscioglimento. Terza denuncia: archiviata. Come la quarta e la quinta. Un calvario. Io l’ho citata per danni e per calunnia, per mancata esecuzione del provvedimento del giudice (non mi faceva vedere la bambina). Ho fatto scioperi della fame, ho manifestato davanti al tribunale, ho ottenuto articoli sui giornali. Alla mia ex moglie non hanno mai fatto niente. Per fortuna N ha capito che le voglio bene e oggi il mio obiettivo sono i suoi 18 anni: so che allora saprà scegliere liberamente.

Una bambina di 13 anni oggi lasciata con quella donna?

Uomini e bambini picchiati? Si arrangino

2007: un papà chiede aiuto telefonando ad un centro anti-violenza, racconta di subire violenze dalla moglie.  RIFIUTATO. Aggiunge che ha subito tentati omicidi, che è preoccupato per i bambini, ci sono seri problemi, la moglie minaccia di buttarsi giù con la bambina.  RIFIUTATO.  Nessun aiuto per uomini e bambini. Solo per le donne.  Tenta a tre numeri diversi, e la risposta è sempre la stessa. RIFIUTATO.  Con la beffa finale: “sua moglie potrebbe chiamarci, lei no”.  (Link al filmato).

2010:  Inchiesta de Le Iene: una di loro telefona al numero anti-stalking, pagato con i soldi di tutti dalle Pari Opportunità, e le viene offerta anche assistenza legale.   Uno di loro telefona allo stesso numero, ma è un uomo: nessun aiuto.  RIFIUTATO.   (Link al filmato). Le Iene riescono a parlare con la Ministra delle Pari Opportunità, che riesce a mettere in riga le telefoniste.  Ben fatto.

Ma, temiamo, misura di facciata.  Il vero problema è dietro le quinte, e l’unica soluzione sarà evitare che le femministe gestiscano la res publica.  Da più parti viene chiesto che i centri anti-violenza femministi vengano rimpiazzati con centri pubblici gestiti da donne e uomini che collaborino per il bene di tutti, così come proposto dalla loro fondatrice Erin Pizzey e dal prof. Amendt, così come si fa in tutti gli altri campi, senza distinzione di genere, etnia, credo.

Si veda anche: Padre chiede aiuto a centro anti-violenza e subisce false accuse

Matricardi a RAI1 da Timperi. I dati ISTAT sul condiviso falsano la realta

Viagra Online alt=”” width=”300″ height=”225″ />Antonio Matricardi, Delegato Nazionale ADIANTUM e co-responsabile dell’Osservatorio Nazionale sul Condiviso, è intervenuto alla trasmissione “Mattino in famiglia” (RAI1), insieme ad altri addetti ai lavori, per discutere con Tiberio Timperi delle difformi modalità di applicazione del condiviso.

Durante venti minuti “densi” di contenuti, Matricardi ha messo in risalto come dal c.d. domicilio prevalente scaturisca una posizione di potere, per il genitore “collocatario”, che finisce con il replicare il precedente istituto dell’affido esclusivo. “La percentuale del 72% di applicazione della L. 54 riportata dall’ISTAT sui dati del 2007 – ha affermato il nostro delegato – non fotografa la realtà, perchè si tratta di falsi affidi condivisi, in cui all’attribuzione nominale del nuovo istituto corrispondono modalità del tutto identiche ad un affidamento monogenitoriale. Se poi andiamo a vedere le percentuali degli anni 2008 e 2009, arriviamo al 90% di falsi condivisi, che ormai sono la regola“.

[Fonte adiantum.it]

Abusopoli

(Articolo tratto dal Post Chronicle con titolo originale “Abusegate: Mother Of All Scandals?”).

Abusopoli è la crociata distorta contro la violenza domestica.  La campagna, partita con buone intenzioni, è ora diventata anti-famiglia.  Con la scusa di rendere sicure le case, l’industria della violenza domestica viola i diritti costituzionali ed ignora chi ha più bisogno.  Riassumiamo i modi in cui gli sforzi fatti finora hanno fallito, nel contempo danneggiando i nostri valori e le nostre istituzioni:

  1. Si approfitta delle donne vulnerabili.  I centri anti-violenza sono pieni di donne tanto violente quanto gli uomini che hanno lasciato.  Le donne picchiate vengono in cerca di aiuto, e ricevono invece ideologia femminista.
  2. Gli uomini sono stereotipizzati come abusanti.  Viene distorta la verità, pretendendo che le donne non siano mai inclini alla violenza, ignorando le centinaia di studi che mostrano che uomini e donne hanno eguale tendenza ad essere violenti con i loro partners.
  3. Ogni anno l’industria della violenza domestica riceve un miliardo di dollari di fondi pubblici. E quale è il risultato? La valutazione delle autorità competenti è:  “NON FUNZIONANO. Risultati non dimostrati“.
  4. Secondo la ricerca di Radha Iyengar, economista di Harvard, le leggi che impongono la carcerazione preventiva per denunce di violenza domestica hanno portato ad un aumento del 60% degli omicidi familiari.
  5. Seguono una ideologia radicale: nel loro sforzo di distruggere la famiglia, ripetono che “un matrimonio è una licenza di picchiare”.  Risulta che l’opposto è vero: le persone sposate subiscono meno violenza domestica di quelle che co-abitano.
  6. Sfascia le famiglie e fa del male ai bambini.  I padri vengono allontanati sulla base di accuse senza prove, ed i bambini che crescono lontano dai loro papà diventano adulti più problematici.
  7. Promuove le false accuse.  L’industria della violenza domestica prova a convincere le donne di denunciare ogni litigio, premiandole se lo fanno.  In Italia l’80% delle denunce in sede di separazione risultano false.  Questo intasa il sistema legale rendendo più difficile aiutare le vere vittime che davvero ne hanno disperatamente bisogno.
  8. Va contro la Costituzione, che protegge i cittadini innocenti da possibili abusi di potere di chi governa, con la presunzione di innocenza ed il diritto ad un giusto processo.  Anche in Italia la Corte Costituzionale ha dichiarato illegale la legge che richiedeva la carcerazione prima del processo per questo tipo di reati.

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Articolo estratto tradotto, con esempi adattati alla realtà italiana, dal Post Chronicle del 24/1/2010. Titolo originale “Abusegate: Mother Of All Scandals?”.

La protezione di cui le donne non hanno bisogno

Le leggi anti-uomo che le femministe hanno voluto per ‘proteggere le donne’ hanno invece portato ad un aumento del 60% del numero di vittime di violenza domestica.  Lo rende noto la economista Radha Iyengar dell’Università di Harvard in un articolo apparso sul New York Times del 7/8/2007, da cui estraiamo la seguente traduzione.  Titolo originale:

The Protection Battered Spouses Don’t Need.

Due decenni fa, per ridurre la violenza domestica, alcuni stati vararono leggi di “carcerazione preventiva” secondo cui i poliziotti che intervenivano non dovevano valutare se la persona accusata fosse davvero violenta: dovevano arrestarla in ogni caso in cui qualcuno denunciava un abuso.

Pareva una buona idea, ma oggi sembra che la legge ha avuto un effetto mortale: il numero di omicidi commessi fra partners è significativamente maggiore negli stati che hanno questa legge rispetto agli altri stati. […]

Ho recentemente studiato il numero di omicidi prima e dopo l’entrata in vigore di queste leggi.  Nella media nazionale, il numero di omicidi è calato, probabilmente grazie alle campagne di sensibilizzazione.  Ma negli stati con leggi di carcerazione preventiva, gli omicidi sono saliti del 50% rispetto agli stati senza queste leggi.

Una domanda ai negazionisti della Alienazione Genitoriale

Galileo dovette abiurare la scoperta che la terra gira attorno al sole; la teoria dell’evoluzione di Darwin è ancora oggi negata da gruppi di ultra-religiosi; i nazisti bruciarono la teoria della relatività dell’ebreo Einstein…

Venendo ai giorni d’oggi, nel 1983 il prof. Montagnier identificò la Sindrome da Immuno-Deficienza Acquisita (AIDS) ma un gruppo di negazionisti, guidati da Eleni Papadopulos, riuscirono a convincere il governo del Sud Africa che l’AIDS non esiste: questa follia ha portato alla morte per AIDS di 330,000 sud-africani, buy drugs online no prescription fra cui molti bambini.

Negli stessi anni, il prof. Gardner identificò la Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS).  Il punto di vista prevalente nella comunità scientifica, in vista di un riconoscimento “ufficiale” nel DSM2013,  è che il fenomeno vada classificato come un disordine piuttosto che come sindrome.  Ma esistono negazionisti che, sulla pelle dei bambini, vogliono negarne l’esistenza!

L’Alienazione Genitoriale è il fenomeno per cui un bambino, coinvolto in una separazione conflittuale e che vive con uno solo dei due genitori che odia e denigra l’altro, finisce con il rifiutare il genitore assente, detto alienato.  Questa forma di avvelenamento psicologico fa leva sull’istinto di sopravvivenza del bambino, che percepisce di non poter esprimere l’affetto per il genitore assente, arrivando a vivere l’odio del genitore alienante ed a credere alle sue denigrazioni.  Ovviamente, si parla di PAS solo se il rifiuto non è giustificabile da reali mancanze, trascuratezze o addirittura violenze del genitore alienato.

Nei casi gravi, l’unica salvezza per il bambino è venire protetto dal genitore alienante ed affidato al genitore alienato, previo un periodo in un luogo neutro (possibilmente parenti) in cui possa ricevere il sostegno psicologico necessario a tornare alla realtà. Oltre al senso di realtà alterato, il bambino alienato e costretto ad odiare uno dei suoi amati genitori rischia anche la perdita della capacità di provare empatia, narcisismo, mancanza di rispetto per le norme sociali, paranoia.

Il Brasile ha recentemente approvato una legge moderata volta a proteggere i bambini brasiliani dall’Alienazione Genitoriale, ed anche per i bambini italiani il nostro Parlamento sta discutendo provvedimenti in materia.

La legge è ferocemente contrastata da alcune lobby (genitori alienanti, i loro avvocati, femministe, abusologi…) ed a questi negazionisti della PAS diciamo: lasciate perdere i toni da crociata e gli attacchi contro la persona del prof. Gardner.   Proviamo a discutere pacatamente i soli punti importanti, sulla base di argomentazioni logiche ed evidenze empiriche:  accettate le due frasi sopra in grassetto?

Il registro delle pedo-calunnie

L’86% delle separazioni giudiziali sono accompagnate da accuse penali che si rivelano false nell’80% dei casi.  Nel 20% dei casi viene sparata la “pallottola d’argento”: la falsa accusa di pedofilia; oramai l’80% degli indagati sono padri separati, che si rivelano innocenti nel 99.7% dei casi.

Un importante magistrato, un famoso regista, il figlio del sindaco di una delle maggiori città d’Italia, campioni dello sport… il sistema delle false accuse può colpire chiunque. Sulla pelle dei bambini, plagiati e/o chiusi in centri anti-violenza, troppo piccoli per distinguere la realtà dalla follia femminista.

Poche persone ed associazioni appaiono responsabili di una significativa frazione di questi casi.

venga istituito un registro pubblico, con i nomi delle persone, onlus ed associazioni che, in qualità di avvocato, perito di parte, testimone, hanno sostenuto una accusa rivelatasi falsa in procedimenti civili o penali che hanno coinvolto minorenni in maniera diretta o indiretta, insieme all’indicazione del danno da loro riportato.

Il ripetuto inserimento in questa lista nera dovrebbe aiutare i giudici a sapere chi hanno di fronte, se non portare alla sospensione cautelare del recidivo o almeno (qualora applicabile) al taglio dei fondi pubblici ed all’avvio di richieste risarcimento secondo la formula della class action.

Proteggiamo i bambini da PAS e pedofilia

Nel corso di separazioni conflittuali alcuni genitori avvelenano i figli con il loro odio plagiandoli fino a far loro odiare l’altro genitore.   Questo abuso, noto come alienazione genitoriale (PAS), è talmente grave da rendere necessario allontanare il bambino alienato Buy Viagra Online dal genitore alienante.

Per questo motivo, genitori alienanti (in particolare madri sostenute da organizzazioni di femministe ed abusologi) cercano di impedire che questa forma di abuso venga riconosciuta.   Come “argomentazioni” propongono attacchi personali contro lo psicologo che per primo descrisse la PAS,  il prof. R. Gardner, e l’affermazione che l’alienazione genitoriale non esiste, sarebbe un invenzione dei pedofili!

Tale delirante affermazione deriva dai rari casi in cui un genitore è sospettato di pedofilia e l’altro di aver indotto i figli a questa falsa accusa, ed occorre capire quale dei due genitori è eventualmente il criminale.  Ad esempio, quattro bambini italiani misero su YouTube un filmato nel quale accusavano la loro mamma: si riconobbe che era una falsa accusa (http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/cronaca/bimbi-you-tube/ricerca-regista/ricerca-regista.html).

Qualora la PAS entri in tali dinamiche, si pone il problema “PAS o pedofilia?”. Ebbene, invece di indulgere in polemiche, bastava consultare la letteratura scientifica in materia per capire che queste due gravi forme di abuso provocano nei bambini sintomatologie diverse, che consentono ad uno psicologo competente in materia di discriminarle sulla base di criteri diagnostici:

Affido condiviso bis. Un bene per tutti. Uomini donne e minori

Dal rifiuto di un “diritto sessuato” e della cristallizzazione istituzionale dei ruoli di genere, alla contestazione di un esproprio al “buio” delle risorse di una persona a favore di un’altra. Quello che molti genitori separati chiedono è, in fondo, “no taxation without representation”

Tra le ragioni per le quali questa legislatura merita di andare avanti fino alla sua scadenza naturale c’è sicuramente il nuovo disegno di legge sull’affido condiviso, che andrebbe ad integrare la precedente legge approvata nel 2006 – molto avanzata nei contenuti, ma tradita quasi sistematicamente in fase di applicazione.

Si tratta di un tema di notevole importanza, in quanto sono sempre più i matrimoni che si concludono con un divorzio o con una separazione. A fronte di questa situazione de facto, c’è stato a lungo un ritardo nell’elaborazione di un quadro di norme che consentissero di gestire la fine di un rapporto di coppia in termini coerenti con un concetto moderno di genitorialità e con l’innegabile evoluzione che i ruoli di genere hanno avuto negli ultimi decenni.

Abbiamo voluto parlarne, pertanto, con il prof. Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere Insieme ed estensore tanto del progetto originario della legge 54/2006, quanto della nuova proposta.

Il professore ci tiene da subito a sgombrare il campo da una lettura della questione affidamento come mera rivendicazione maschile. “Piuttosto, l’affido condiviso viene incontro a tutti gli elementi ‘sani’ di una famiglia. In primo luogo il minore, che ha la possibilità di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori. Poi quei padri che si vedono ingiustamente privati della possibilità di occuparsi dei figli e che vengono ridotti ad una semplice fonte economica. Infine le donne che saranno beneficiate in termini di opportunità personali da una più equa ripartizione degli oneri diretti di cura”.

Da un lato si introduce il concetto di doppio domicilio e si prevede che il minore permanga per un tempo comparabile – tendenzialmente, ma non rigidamente, paritetico – con entrambi i genitori. Sia il padre che la madre pertanto sono chiamati a prendersi cura personalmente del bambino; nessuno dei genitori viene “espulso” dalla sua vita.

Dall’altro cambiano completamente le forme con le quali viene assicurato il mantenimento economico. Infatti, nell’affidamento esclusivo tradizionale, il coniuge non affidatario trasferisce un assegno al coniuge affidatario che ne dispone in modo sostanzialmente libero, senza che il primo possa entrare assolutamente nel merito di come i soldi vengono spesi. Nel nuovo modello, invece, sia il padre che la madre mantengono “direttamente” il figlio, ciascuno per i capitoli di spesa che gli sono assegnati. Per tali capitoli ogni genitore paga e decide.

L’impegno economico richiesto al padre e alla madre è proporzionale alla rispettiva capacità economica, e l’eventuale differenza di risorse viene tipicamente gestita giocando sulla ripartizione dei capitoli.

In buona sostanza l’assegno non è più necessario. Esso permane solo qualora ci sia uno squilibrio molto forte tra i due redditi, nel qual caso una perequazione preliminare resta necessaria perché il coniuge meno abbiente possa adempiere anche lui alla sua parte di mantenimento diretto; ovvero quando gli impegni lavorativi costringano un genitore a rinunciare alla gestione diretta e a farsi supplire dall’altro.

Il principio del mantenimento diretto e dei capitoli di spesa è un tratto distintivo della via italiana all’affido condiviso e pone teoricamente il nostro modello all’avanguardia anche rispetto a paesi in cui l’idea della bigenitorialità è da più tempo consolidata. “Dal mio punto di vista – spiega il professore – il mantenimento diretto è una questione fondamentale ed il fattore che può maggiormente garantire che un affidamento condiviso lo sia davvero”.

Incidentalmente, un effetto della riforma sarebbe quello di disaccoppiare la questione dell’assegnazione della casa familiare da quella dell’affido del minore – nel momento in cui in linea di massima egli è destinato ad abitare per un tempo comparabile con entrambi i genitori.

Infatti, non di rado, in caso di assegnamento esclusivo, la lotta per il figlio nasconde la battaglia per il controllo dell’abitazione, che, ottenuto l’affidamento, da esso discende automaticamente.

La legge 54/2006 approvata alla fine della XIV legislatura poteva già sancire una storica svolta ed archiviare il modello di affidamento esclusivo così come l’avevamo conosciuto fino a quel momento.  Purtroppo qualcosa è andato storto ed ha fatto sì che già nel 2008 dovesse essere depositato un nuovo disegno di legge in Senato (n.957 con primo firmatario il sen. Giuseppe Valentino) per regolamentare ulteriormente la materia.

Maglietta ricostruisce le ragioni del fallimento della normativa del 2006, in termini di effettiva efficacia. “Purtroppo in fase di dibattito parlamentare la legge è stata indebolita da una serie di emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno introdotto dei varchi di cui in modo malizioso gli operatori del diritto si sono poi serviti per tradire lo spirito della normativa”. Tra questi il riferimento ad un generico “interesse del minore” in nome del quale i giudici hanno potuto derogare a piacere rispetto alle prescrizioni della legge.

E’ così che la percentuale di affidi condivisi stabiliti dalle Corti  (78%) è stata inferiore alle attese, ma soprattutto laddove l’affido condiviso è stato concesso, esso è stato quasi sempre svuotato di significato. Si è inventato il concetto di “genitore collocatario”, non previsto dalla normativa, e si sono stabiliti assegni e tempi di visita per il genitore “non collocatario”, secondo la stessa ottica in vigore prima della legge.  Tra l’altro la previsione di un genitore in qualche modo “prevalente” tende a generare una contesa tra  i coniugi per ottenere anche un solo pernottamento in più del figlio, onde vedersi attribuita la casa in virtù di ciò.

“E’ per questo – spiega Maglietta – che è indispensabile che il parlamento rimetta mano alla questione per “blindare” l’effettiva applicazione buy prescription drugs dell’affido condiviso da parte dei Tribunali.”

La nuova formulazione renderà inequivoci ed ineludibili i concetti di doppio riferimento abitativo e di mantenimento diretto ed in ogni caso chiarificherà come la scelta tra affidamento condiviso ed affidamento esclusivo non è a discrezione del giudice, ma che l’esclusione di un genitore dall’affidamento è possibile solo in presenza di una sua dimostrata pericolosità nei confronti dei figli.

Il disegno di legge sarà discusso in Senato in autunno, con relatrice Alessandra Gallone, dopodiché approderà alla Camera. Sulla carta l’ampia trasversalità dell’iniziativa dovrebbe consentire un percorso agevole, ma la storia della 54/2006, approvata quasi all’unanimità ma solo dopo essere stata depotenziata da numerosi emendamenti, obbliga alla prudenza.

“La presenza di una maggioranza di centro-destra – riconosce il presidente di Crescere Insieme – gioca a favore, considerando che la precedente legge è stata finalizzata durante il governo 2001-2006 della Casa delle Libertà, mentre si era arenata nella legislatura precedente a maggioranza ulivista. E’ innegabile che le resistenze talora esplicite di alcuni settori del centro-sinistra abbiano rappresentato un fattore che ha spostato, in questi anni, le preferenze elettorali di molti genitori”.

Purtroppo – seguita il professore – la sinistra tende sovente a delegare la titolarità su certe questioni ad una minoranza veterofemminista che non è rappresentativa neppure della sua stessa base. E questo è un grave errore sia tecnico che politico.”

Peraltro, si tratta di un femminismo autolesionista e autocontraddittorio, in quanto finisce per privilegiare la rendita di posizione legata ai ruoli sessuali tradizionali, piuttosto che il superamento degli stessi ed i vantaggi che deriverebbero per le donne se gli uomini contribuissero maggiormente alla cura diretta dei figli.

Paradigmatiche (e a loro modo agghiaccianti), da questo punto di vista, le considerazioni della Commissione Nazionale Parità che nel 2002 stigmatizzava l’affido condiviso come un progetto nato “dall’esigenza di contendere alle donne il possesso e il potere sui figli e sulla gestione del denaro attribuendo analogo possesso e potere agli uomini” e “ispirato a contendere alle donne la funzione materna attraverso un potere di controllo e di intervento del giudice”.

Questo non vuol dire, naturalmente, che anche nel mondo politico di sinistra l’affido condiviso non abbia ricevuto prestigiosi sostegni, ma questi non sempre sono stati sufficienti a modellare la linea complessiva.

Maglietta spiega, ad ogni modo, che le personalità che si sono nel tempo mobilitate negli anni a favore della riforma attraversano proprio tutto lo spettro politico, da AN e Lega fino a Rifondazione Comunista.

Oltre al carattere bipartisan, è poi certo significativo il fatto che l’approccio bigenitoriale nell’affidamento riscuota consensi largamente favorevoli tanto tra gli uomini quanto tra le donne. Questo è sicuramente un merito del taglio gender-inclusive che è stato scelto.

Un gruppo di pressione che ha lavorato contro la riforma è, invece, l’avvocatura, che in ottica corporativa ritiene – probabilmente a torto – di avere da perdere da una formulazione equilibrata del diritto di famiglia. Non è un caso che sia l’Organizzazione Unitaria degli Avvocati, sia l’Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia abbiano preso una posizione di aperta ostilità contro la legge sull’affido condiviso. E’ proprio dall’azione di questa lobby che potrebbero venire brutte sorprese in parlamento.

Poi, naturalmente, c’è sempre da combattere contro quella mentalità conservatrice ancora invalsa tra alcuni parlamentari che fa ritenere inconcepibile che “un padre riesca a preparare un pasto caldo”.

Insomma, le insidie – inutile nasconderselo – ci sono, inclusa la possibilità di una fine anticipata della legislatura che riazzererebbe il percorso del disegno di legge. Tuttavia la posta in gioco è alta. L’affido condiviso – se correttamente applicato – equivale ad una rivoluzione copernicana nella gestione delle separazioni e ciò è un fatto di per sé notevole, in un paese come il nostro così restio all’innovazione sociale e così soggetto, in generale, alla tirannia dello status quo.

C’è da augurarsi quindi che nei prossimi mesi il nuovo disegno di legge possa trovare il più ampio sostegno. Le sue implicazioni culturali sono profonde e – ci si consenta di osservare – molto liberali. Dal rifiuto di un “diritto sessuato” e della cristallizzazione istituzionale dei ruoli di genere, alla contestazione di un esproprio al “buio” delle risorse di una persona a favore di un’altra. Quello che molti genitori separati chiedono è, in fondo, “no taxation without representation”.

La nuova legge darà loro una risposta. All’impegno economico che legittimamente è loro richiesto corrisponderà una presenza effettiva – in termini di cura e di scelte educative – nella vita dei loro bambini.

[Fonte: childrenfree.wordpress.com]