La violenza di genere è una calunnia femminista

Non ho dubbi che prima o poi la distorsione della verità compiuta dalle femministe radicali verrà vista come il più grande crimine intellettuale della seconda metà del XX secolo. Oggi viviamo sotto l’aegis di questo crimine, e segnalarlo è un atto di grande coraggio morale”.

Prof. Howard. S. Schwartz, Oakland University

Uno studioso ha riassunto i risultati delle centinaia pubblicazioni scientifiche prodotte nel mondo in tema di violenza domestica (allegati unodue, in spagnolo). Secondo la letteratura scientifica:

  • La violenza lieve colpisce principalmente: gli uomini (secondo 166 pubblicazioni), le donne (secondo 57 pubblicazioni); in misura simile uomini e donne (secondo 92 pubblicazioni);
  • La violenza grave colpisce principalmente: gli uomini (secondo 76 pubblicazioni), le donne (secondo 31 pubblicazioni); in misura simile uomini e donne (secondo 29 pubblicazioni);
  • Ad avviare in modo preponderante la violenza domestica sono le donne (secondo 51 pubblicazioni); gli uomini (secondo 13 pubblicazioni); in misura simile uomini e donne (secondo 11 pubblicazioni).

Viene così falsificata l’ideologia femminista secondo cui esisterebbe una “violenza di genere” di cui le donne sarebbero vittime e gli uomini colpevoli.  In realtà non esiste nessuna violenza di genere, a meno che non si voglia considerare come tale la stupefacente manipolazione dell’opinione pubblica in chiave anti-maschile.

In un’epoca di inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario”.

George Orwell

La pallottola d’argento

«Le collaboratrici e le avvocate dei centri anti-violenza per donne chiamano “pallottola d’argento” la falsa accusa di abusi: funziona e colpisce sempre». Queste le parole in un articolo americano dedicato al problema.

Una PM italiana dice: «ho visto madri che si inventavano abusi sessuali subiti dalla figlia per interrompere le visite del padre». Queste le parole di Simonetta Matone, che è stata PM presso il tribunale dei minori di Roma per 17 anni ed oggi è capo di gabinetto del Ministro per le Pari Opportunità, come riportate su Panorama (del 30 settembre 2010) in un articolo che racconta storie di bambini privati dell’affetto dei loro papà. Una in particolare fa accapponare la pelle:

Mi sono sposato nel marzo 1996 e N è nata il 22 dicembre 1997. Dopo 1 anno e mezzo, mia moglie presenta un’istanza di separazione sostenendo che sono un padre «assente». È la prima bugia. Ci separiamo e il giudice affida la bambina alla madre, dando a me la facoltà di vederla due pomeriggi a settimana. Dopo le prime due visite, scatta contro di me una prima denuncia per lesioni e maltrattamenti nei suoi confronti. Posso vedere N solo in presenza dei servizi sociali in una tetra stanza del consultorio. Vengo assolto in appello e nella motivazione c’è scritto che la mia ex moglie ha mentito. Ma poco dopo mi denuncia per abusi sessuali nei confronti della bambina. Le visite si ribloccano e la bambina racconta alla neuropsichiatra che la mamma le ha suggerito di raccontare che io e la mia compagna la toccavamo con una  penna nelle parti intime. Viene provato che è tutto falso. Nuovo proscioglimento. Terza denuncia: archiviata. Come la quarta e la quinta. Un calvario. Io l’ho citata per danni e per calunnia, per mancata esecuzione del provvedimento del giudice (non mi faceva vedere la bambina). Ho fatto scioperi della fame, ho manifestato davanti al tribunale, ho ottenuto articoli sui giornali. Alla mia ex moglie non hanno mai fatto niente. Per fortuna N ha capito che le voglio bene e oggi il mio obiettivo sono i suoi 18 anni: so che allora saprà scegliere liberamente.

Una bambina di 13 anni oggi lasciata con quella donna?

La protezione di cui le donne non hanno bisogno

Le leggi anti-uomo che le femministe hanno voluto per ‘proteggere le donne’ hanno invece portato ad un aumento del 60% del numero di vittime di violenza domestica.  Lo rende noto la economista Radha Iyengar dell’Università di Harvard in un articolo apparso sul New York Times del 7/8/2007, da cui estraiamo la seguente traduzione.  Titolo originale:

The Protection Battered Spouses Don’t Need.

Due decenni fa, per ridurre la violenza domestica, alcuni stati vararono leggi di “carcerazione preventiva” secondo cui i poliziotti che intervenivano non dovevano valutare se la persona accusata fosse davvero violenta: dovevano arrestarla in ogni caso in cui qualcuno denunciava un abuso.

Pareva una buona idea, ma oggi sembra che la legge ha avuto un effetto mortale: il numero di omicidi commessi fra partners è significativamente maggiore negli stati che hanno questa legge rispetto agli altri stati. […]

Ho recentemente studiato il numero di omicidi prima e dopo l’entrata in vigore di queste leggi.  Nella media nazionale, il numero di omicidi è calato, probabilmente grazie alle campagne di sensibilizzazione.  Ma negli stati con leggi di carcerazione preventiva, gli omicidi sono saliti del 50% rispetto agli stati senza queste leggi.

Le donne evitano i centri anti-violenza come la peste

Come si è arrivati a questa situazione? […] Molti centri sono caduti nell’ideologia femminista radicale.  […] Solo uno su 4 dice di perseguire lo scopo di “aiutare le donne vittime di violenza”. […] Questo significa che è più probabile trovarvi propaganda neo-Marxista su quanto è cattiva la famiglia patriarcale piuttosto che qualcosa che possa assomigliare ad un aiuto pratico ai vostri problemi reali.

Una volta diffusasi la voce che i centri anti-violenza sono una tale fogna ideologica, chi ne avrebbe davvero bisogno ha smesso di andarci.

Ma un centro vuoto è un incubo per chi raccoglie i fondi.  Quindi sono stati riempiti di drogate, di senza casa, o di donne in fuga dopo aver commesso reati.   Per questo motivo le persone davvero abusate che davvero avrebbero bisogno di aiuto evitano i centri anti-violenza come la peste.

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Fonte: estratto e tradotto da un articolo dell’opinionista ed analista Carey Roberts, http://www.renewamerica.com/columns/roberts/080909

Da Die Welt: “Perchè i rifugi per donne sono focolai di misandria”

L’autore, il sociologo Gehrard Amendt, è professore all’Università di Brema ove dirige l’Istituto di ricerca sui rapporti fra i generi e le generazioni (Instituts für Geschlechter- und Generationenforschung).  Abbiamo abbozzato una traduzione del suo saggio apparso su Die Welt con titolo originale Why Women’s Shelters Are Hotbeds of Misandry.

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Non appena l’operato dei rifugi per donne è stato per la prima volta analizzato in Germania, il Comitato per gli Affari Familiari del Budenstag ha deciso di valutare se questi centri debbano continuare ad essere finanziati dal governo. Vista l’ideologia politica di questi centri e le sue implicazioni, questa proposta deve essere studiata seriamente. I servizi offerti da questi centri hanno dato risultati? Sono operati in maniera professionale, o sono degenerati verso un’ideologia che vede gli uomini come unici violenti? Hanno sviluppato una comprensione professionale dei conflitti familiari tale da includere tutti i membri di una famiglia violenta?

Come al solito, i fondi vengono erogati sulla base della conveniente statistica secondo cui “una donna su 4 è vittima di violenza domestica”. Poiché non esistono dati analoghi sulla violenza contro gli uomini, tale numero non legittima adeguatamente centri per sole donne. Finora, ci si è focalizzati sulle donne come vittime, rinnovando i fondi per tali centri. La loro efficacia non è stata monitorata. […]

Tali centri furono aperti più di 20 anni fa, con lo scopo di focalizzare l’attenzione pubblica sull’esperienza della violenza da un punto di vista femminile. Questo autore all’epoca tentò di sostenerli politicamente […] non potendo immaginare che i rifugi per donne avrebbero contribuito a polarizzare la società in uomini violenti opposte a donne pacifiche, quindi causando anni di stagnazione nel rapporto fra i generi.

POLITICHE FAMILIARI SBAGLIATE

Oggi conosciamo le dinamiche familiari che portano alla violenza. Sono stati effettuati più di 200 studi negli Stati Uniti ed in Canada, ma il campo delle politiche familiari ha opposto resistenza al punto principale dei loro risultati: che le donne sono violente ed aggressive quanto gli uomini. Questo si applica anche al loro comportamento con i bambini. Particolarmente durante un divorzio conflittuale. I centri familiari dovrebbero attivarsi per limitare la violenza in modo che i bambini non ne siano coinvolti.

Uno studio a largo raggio condotto dall’autore in Brema ha mostrato che la violenza capita nel 30% dei divorzi, con 1800 uomini che hanno riportato abusi fisici e psicologici dalle loro compagne. Un’incidenza tre volte maggiori che in condizioni ordinarie. In tali divorzi violenti, la violenza è stata nel 60% dei casi iniziata dalle ex-compagne. Tali risultati rivelano la violenza femminile. Secondo i centri femministi, solo gli uomini sono violenti. Invece di attenuare i conflitti legati ai divorzi, tali centri li acuiscono, sostenendo che l’unico pericolo per i bambini siano i padri. Tentano di usare tale pregiudizio per spezzare il diritto dei bambini ad avere entrambi i loro genitori.

Il 60% di violenza femminile in casi di divorzio causa grande sofferenza ai padri che la subiscono. Le ricerche ed i numeri non supportano l’ideologia dell’uomo come nemico adottata nei centri femministi. Considerano come successo non il risolvere i conflitti, ma alimentare l’ostilità contro gli uomini. […]

Un centro di consulto familiare può invece aiutare i coniugi a comunicare, ed a scegliere se riconciliarsi o separarsi con rispetto. Aiutando i bambini a non perdere le esperienze positive del passato.

I centri femministi sono incapaci di fornire questo tipo di intervento professionale per via della loro ideologia: vedono ogni uomo come il nemico di ogni donna. Credono apoditticamente che le donne non siano violente. Secondo la loro ideologia, è superfluo che una donna parli al compagno. Per i loro fini, le donne vengono manipolate a considerarsi vittime e gli uomini vengono denigrati come genere. […]

I centri femministi rappresentano un mondo dove manca la gioia della vita, e gli sforzi di risolvere i conflitti vengono rimpiazzati da disfattismo e rinuncia. La misandria appare come l’unica via di fuga. Questa atmosfera oppressiva è sicuramente responsabile dei tanti abbandoni e dissensi fra il personale. Le donne negli Stati Uniti si tengono sempre più alla larga da tali centri, nonostante la gravità dei loro conflitti. Non vogliono vivere in un mondo che disprezza gli uomini. Hanno già i loro problemi.

Chi sostiene tali centri non da’peso all’obiezione che compromettono l’etica dell’assistenza sociale, in quanto la professionalità non è il loro scopo. Al contrario, si auto-definiscono di parte, che significa vedere le donne come vittime del potere maschile e della maggioranza indifferente. L’etica professionale è stata deliberatamente rimpiazzata dall’ideologia politica. Questo dà loro un senso narcisistico di superiorità morale sul resto del mondo. […] Credono che la loro retorica anti-patriarcale avrà maggior impatto che terapisti ed assistenti preparati professionalmente. In maggioranza, non gli importa di non aiutare genuinamente le persone che chiedono aiuto […].

L’IDEOLOGIA FEMMINISTA: UN CAMPO DI COLTURA DI MISANDRIA

Ci sono centri che hanno superato l’ideologia, ma lo stesso nome di “rifugi per donne” implica la disastrosa ideologia del femminismo radicale, dove le relazioni fra uomini e donne sono cristallizzate nel loro status di violento e vittima. Le donne sono sempre innocenti e gli uomini sempre colpevoli. Tali centri perpetuano la distruzione della comunicazione fra i membri della coppia come progetto politico.

Le conclusioni sono ovvie. I centri basati sull’ideologia femminista non sono più necessari. Le famiglie con problemi di violenza hanno invece urgente bisogno di una rete di centri di ascolto che possano fornire aiuto non politicizzato e non sessista a tutte le persone. Perché la violenza domestica fa parte della natura. Se una donna picchia suo marito, o un uomo picchia la sua moglie, è probabile che stiano anche abusando dei figli. Ed i bambini picchiati hanno maggior probabilità di diventare adulti violenti, perpetuando la violenza nelle generazioni successive. […]

CENTRI DI SUPPORTO CONTRO LA VIOLENZA FAMILIARE

Nel futuro abbiamo bisogno di sostituire i centri femministi con centri di supporto per famiglie con conflitti violenti. Sarebbero gestiti da uomini e donne ben preparati che cooperano sulla base dell’etica professionale, intervenendo durante le crisi familiari violente. […] Il supporto e la terapia devono semplicemente essere liberi da ideologie politiche, come deve essere nelle società democratiche.

Allo stesso tempo, dobbiamo discutere il problema nelle università: la correttezza politica oggi impedisce di pensare alle donne in termini di aggressione e violenza, e questo deve essere confrontato con i risultati della ricerca internazionale.

Centri Antiviolenza: ne la parla la fondatrice Erin Pizzey

Erin Pizzey: sostiene che le femministe utilizzarono la sua causa per demonizzare tutti gli uomini.

Erin Pizzey denunciò minacce di morte da parte delle femministe,  contro lei e contro i suoi figli.   Le ammazzarono il cane. La sua interessantissima biografia è stata censurato da wikipedia italia.

Ecco le sue idee che LE FEMMINISTE vogliono censurare: “Feminism, I realised, was a lie. Women and men are both capable of extraordinary cruelty. Indeed, the only thing a child really needs – two biological parents under one roof – was being undermined by the very ideology which claimed to speak up for women’s rights”

[Il femminismo, mi resi conto, era una bugia. Le donne e gli uomini sono entrambi in grado di crudeltà straordinaria. In effetti, l’unica cosa che un bambino ha bisogno realmente – due genitori biologici sotto lo stesso tetto – è stato indebolita dalla stessa ideologia che pretendeva di parlare a favore dei diritti delle donne]

Qui la versione inglese della Sua biografia. L’unica ormai presente su WikiPedia.

http://en.wikipedia.org/wiki/Erin_Pizzey

In sostanza, dopo essersi impegnata nella accoglienza delle donne maltrattate e aver aperto anche la prica “casa rifugio” per donne vittime di violenza, Erin Pizzey DISSE ESATTAMENTE QUELLO CHE STIAMO DICENDO NOI:

LA VIOLENZA E’ COMUNE SIA AGLI UOMINI CHE ALLE DONNE E NON ESISTE DIFFERENZA IN QUESTO SENSO TRA GLI APPARTENENTI DEI GENERI

Pizzey sostenne che le femministe militanti – con la complicità dei leader delle donne del lavoro – dirottarono la sua causa e la utilizzarono per tentare di demonizzare tutti gli uomini, non solo in Gran Bretagna, ma a livello internazionale.

La storia poi, la trovate qui http://en.wikipedia.org/wiki/Erin_Pizzey (in inglese)

ma se vi accontentate di una traduzione approssimativa potete leggerla in italiano qui:
http://translate.google.it/translate?hl=it&sl=en&tl=it&u=http%3A%2F%2Fen.wikipedia.org%2Fwiki%2FErin_Pizzey

La versione di WikiPedia-Italia era stata invece vandalizzata e poi approssimativamente ripristinata.

Era qui : http://it.wikipedia.org/wiki/Erin_Pizzey