La Corte di Appello di Brescia si è di nuovo pronunciata sul “bambino di Padova”.
E ha disposto che ritorni a essere collocato presso il padre.
Alla madre è stata negata, al momento, la reintegra della potestà genitoriale.
La Corte d’Appello ha riconosciuto che la PAS è un Disturbo Relazionale come tale incluso nel DSM IV.
Nel procedimento n. °**. promosso da -MADRE- rappresentata e difesa dall’avv.to *** del foro di *** e dall’Avv.to **** del foro di ***;
contro-PADRE- , in proprio;
con l’intervento del Procuratore Generale presso questa Corte, ****; ****, madre del minore XY XY, nato a **** il ****, con ricorso depositato il **** ha riassunto avanti a questa corte il procedimento conclusosi innanzi la Corte d’Appello di Venezia in data °°°°° ed impugnato davanti alla Corte di Cassazione, annullato dalla stessa in data °°°° con rinvio alla Corte.La -MADRE- premesso di essersi separata consensualmente dal marito – PADRE – ; che la separazione veniva omologata dal Tribunale di **** nel febbraio del 2**** ; che le condizioni concordate dai coniugi prevedevano l’affidamento esclusivo del bambino alla madre con diritto di visita del padre secondo modalità più estese al progredire dell’età del bambino; che la frequentazione con il padre cessava completamente nel 2008; che il – PADRE – presentava ricorso al Tribunale per i Minorenni di Venezia chiedendo la decadenza della madre dalla potestà sul figlio e provvedimenti diretti a favorire la ripresa della frequentazione del predetto con il padre; che la madre, pur ammettendo che -FIGLIO- si rifiutava di vedere il padre, respingeva le accuse di esserne la causa; che veniva disposta CTU con nomina dello psichiatra e psicoterapeuta Dott. ***; che il predetto ravvisava la sussistenza della sindrome di alienazione genitoriale ( PAS ); che il tribunale adito con decreto22/12 ottobre 2009 dichiarava la decadenza della -MADRE- dalla potestà genitoriale, affidando il bambino al Servizio Sociale del Comune di °°° per la predisposizione di un progetto diretto alla riattivazione dei rapporti dello stesso con il padre; che successivamente con ricorso in data 6.7.2010 il – PADRE – presentava un altro ricorso al Tribunale per i Minorenni di °°° chiedendo l’allontanamento del figlio dal contesto familiare materno con collocamento dello stesso presso di sé o altri famigliari o un ambiente terzo, nonché la sostituzione del Servizio Sociale di °°°° con altro servizio, lamentando l’incapacità del primo di assolvere il compito assegnatoli con il precedente decreto; che essa -MADRE- si era costituita anche in tale procedura negando ogni sua responsabilità in ordine al rifiuto del figlio di vedere il padre e chiedendo da una parte i più opportuni provvedimenti per proseguire nel percorso di riavvicinamento tra i predetto e dall’altra la sua reintegra nella potestà genitoriale ;che il tribunale per i Minorenni con decreto reso in data 10.12.10 rigettava quest’ultima domanda , nominava il Servizio Sociale del Comune di **** in sostituzione di quello di °°°° al quale conferiva il preciso compito di sostenere i genitori ed il bambino nel progetto di riavvicinamento padre-figlio, regolando nel contempo tempi e modalità di questi rapporti; che questo secondo decreto veniva impugnato dal -PADRE- avanti alla Corte d’appello di Venezia- sezione minorenni chiedendo che si disponesse altra CTU sul bambino; che questi venisse allontanato dalla madre e dalla famiglia materna cui veniva addebitata l’aggravarsi della PAS, venisse mantenuto l’affidamento al Servizio Sociale del Comune di **** per affidarlo successivamente al genitore ritenuto più idoneo, preferibilmente il padre; che venisse nel frattempo disposto ogni più utile provvedimento; che essa -MADRE- si costituiva anche in questa procedura e con reclamo incidentale chiedeva la reintegra nella potestà, pur concordando nella necessità di attività di sostegno da parte del servizio sociale incaricato ed autorizzando la valutazione neuropsichiatria del figlio; che i servizi sociali depositavano nel corso del giudizio tre relazioni di aggiornamento e la corte disponeva nuova CTU affidata al dott. °°°° per valutare se il permanere nell’ambiente materno aggravasse ulteriormente la salute del bambino e quale potesse essere il pregiudizio conseguente ad una diversa sua collocazione con indicazione delle più opportune modalità di attuazione; che in data 13.7.2012 veniva emesso il decreto successivamente impugnato in cassazione con il quale veniva revocato il collocamento del bambino presso la madre, veniva disposto il suo allontanamento dalla stessa e dalla famiglia materna e lo stesso veniva affidato al padre, con inserimento temporaneo in struttura residenziale educativa; che detto decreto veniva impugnato per violazione del contraddittorio ed omessa motivazione sulla sussistenza della Sindrome di Alienazione Parentale, punto controverso e decisivo della causa; che il – PADRE – in tale sede chiedeva la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ed il rigetto nel merito; che dopo l’annullamento con rinvio del provvedimento de quo in data 5.4.2013 veniva depositata avanti la Corte di Brescia un’istanza urgente finalizzata ad ottenere inaudita altera parte l’ordine alla scuola elementare di **** di nulla osta per l’iscrizione di -FIGLIO- alla scuola elementare di °°°°; che detta istanza veniva dichiarata inammissibile per mancata riassunzione della causa principale; che veniva comunque fissata l’udienza del 19.4.2013; ciò premesso, contestando il fondamento della diagnosi di PAS attraverso le argomentazioni già svolte nel ricorso per cassazione e fatto presente che il bambino è tornato a vivere con la madre, la predetta chiede oltre al nulla osta per l’iscrizione presso la scuola elementare di °°°° ( istanza decisa all’udienza del 19 aprile con il rigetto della medesima), la reintegra nella potestà genitoriale nei confronti del figlio, il rigetto del reclamo del marito avverso il decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia, la definizione dei tempi e modalità degli incontri di -FIGLIO- con il padre, incaricando i Servizi Sociali di **** per seguirne l’attuazione, vittoria di spese e competenze dei gradi di giudizio.
Il – PADRE – si è costituito e ribadisce il contenuto dei suoi scritti precedenti con i quali sosteneva che l’atteggiamento di rifiuto nei suoi confronti espresso dal figlio era addebitabile al comportamento materno ed alla famiglia della -MADRE- che ripetutamente frapponeva ostacoli alla frequentazione del padre da parte del figlio sino al provvedimento della corte d’appello veneziana che favoriva con l’allontanamento dello stesso dalla casa materna la ripresa del dialogo.
Il resistente richiama l’inserimento della PAS nel DSM IV, sezione problemi relazionali, ne sottolinea il carattere psicopatogenetico e sottolinea la gravità del comportamento materno, rivelatosi ostruzionistico anche dopo la cassazione dl provvedimento veneziano; atteggiamento contrario alle prescrizioni dei Servizi Sociali, impeditivo dei rapporti con il figlio stabiliti dal programma, allontanamento del medesimo dalla scuola di **** e tentativo improprio di iscriverlo a quella di °°°°. Conseguentemente chiede l’allontanamento del minore dalla madre e dalla famiglia della predetta, l’affidamento in via esclusiva al padre ed il collocamento presso di sé, la ripresa del sostegno psicologico interrotto, l’incarico del Servizio Sociale di **** di regolamentare i rapporti madre-figlio, disposizione di un assegno di mantenimento del figlio da porsi a carico della madre, rigetto della domanda di reintegra della medesima nella potestà genitoriale, vittoria di spese.Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo una nuova consulenza, ed in attesa degli esiti della stessa, che il minore rimanga collocato presso la madre -MADRE- **** al fine di permettere la conclusione del corrente anno scolastico e rimanga affidato al servizio Sociale di **** per favorire il riavvicinamento al padre – PADRE – *** ;
La Corte di Cassazione ha dichiarato l’ammissibilità del ricorso inquadrando le domande del – PADRE – che aveva adito l’autorità giudiziaria dopo il provvedimento di decadenza della -MADRE- nei confronti del figlio ( decreto del 2009) adducendo un inasprimento della sua condotta, responsabile dell’avversione del minore nei suoi confronti tanto da rendere necessario un cambiamento di collocamento ed affidamento del predetto, nell’ambito del mutamento delle condizioni della separazione riguardanti la regolamentazione del regime di affidamento , del tutto svincolata dagli aspetti inerenti all’applicazione degli artt.330 e ss. cod. civ.
Il provvedimento della Corte territoriale veneziana è stato cassato per vizio di motivazione su di un punto decisivo e controverso della causa, vale a dire per non avere affrontato il tema dell’attendibilità scientifica della teoria posta alla base della diagnosi di sindrome da alienazione parentale, pur avendo posto la consulenza di cui richiama ampi brani nella sua motivazione a fondamento della decisione.
La corte di legittimità, nel rinviare alla corte territoriale bresciana il procedimento richiama le critiche avanzate dal mondo scientifico e dalla stessa difesa della -MADRE- e prescrive di verificare il fondamento della teoria richiamata dalla ctu.
La difesa della ricorrente sostiene che la teoria della PAS risalente a Gardner e seguita in Italia da alcuni autori come il prof. Gulotta e le dott. Cavedon e Liberatore richiama otto elementi significativi per l’individuazione della ritenuta psicopatologia, dei quali la Ctu °°°° ne individua sei in -FIGLIO- , pervenendo alla infausta diagnosi sulla quale si fonda il provvedimento cassato.
Dal riscontro di questi sigma l’esperto dimostra la manipolazione materna in danno del minore, senza alcun riferimento al comportamento della -MADRE- .
Inoltre dalla rilevazione di una malattia che viene contestata sarebbe scaturito un atteggiamento salvifico paterno che avrebbe indotto il – PADRE – ad un atteggiamento connotato da aggressività ed ossessività al punto da presentare oltre venti denunce penali nei confronti della moglie.
Pertanto sarebbe stata la errata diagnosi di PAS, stato patologico inesistente, a scatenare il conflitto tra i genitori e a diventare essa stessa causa del conflitto, moltiplicando la drammaticità della situazione in cui vi sarebbe , senza alcuna prova, un genitore vittima ( genitore bersaglio ) di un genitore criminale ( genitore alienante) ed un figlio affetto da psicopatologia.
Di conseguenza anche la terapia proposta, vale a dire l’interruzione in maniera radicale di ogni rapporto del genitore alienante con il minore sarebbe del tutto priva di fondamento scientifico e nel caso in esame avrebbe prodotto grande frustrazione nel bambino.
Secondo la parte resistente, – PADRE – , la comunità scientifica riconosce in modo pressoché unanime questo disturbo relazionale psicopatogenico.
Invero vi sono psicologi e psichiatri importanti che hanno sottoscritto alcuni documenti in cui si dà atto dell’esistenza di tale forma di alienazione, come risulta dalla documentazione prodotta dal convenuto.
La SINPIA, Società italiana di Neuro psichiatria Infantile la riconosce sin dal 2007; essa risulta essere inserita nel DSM IV nella sezione problemi relazionali genitore-bambino; molte sono le pubblicazioni che riguardano l’alienazione genitoriale ( doc 8 ).
Si deve aggiungere che anche la corte di cassazione con la sentenza n.5847/12 pubblicata 1’8.3.13 non ha posto in discussione la diagnosi di PAS posta a fondamento del provvedimento impugnato.
Il fatto che altri esperti neghino il fondamento scientifico di tale sindrome non significa che essa non possa essere utilizzata quanto meno per individuare un problema relazionale molto frequente in situazione di separazione dei genitori, se non come una propria e vera malattia.
Più volte è stato ritenuto in decisioni giurisprudenziali che l’atteggiamento del bambino che rifiuta l’altro genitore, per un patto di lealtà con il genitore ritenuto più debole, può condurlo ad una forma di “invischiamento” capace di produrre nella sua crescita non solo una situazione di sofferenza, ma anche una serie di problemi psicologici alienanti.Il problema è verificare se i disturbi certamente rilevati dal Ctu a carico del minore, riconosciuti dalla stessa -MADRE- , siano riconducibili alla responsabilità della madre in quanto generati dal suo comportamento nei confronti del padre.
Questi, la cui personalità è parimenti stata posta in discussione dal consulente per la sua rigidità, ha riconosciuto all’atto della separazione l’importanza che il bambino crescesse con la madre, accettando l’affidamento esclusivo alla medesima, come all’epoca era prassi, non essendo ancora stata attuata la modifica dell’art.155 cod. civ. che presuppone di regola l’affidamento condiviso, ma riservando a se stesso la frequentazione con il figlio da attuarsi in termini maggiormente ampi con la crescita del medesimo.Nessuna colpa può ravvisarsi, né gli è stata addebitata da controparte per il comportamento del figlio che ad un certo punto ha manifestato un atteggiamento straordinariamente repulsivo e pervicace, giungendo al punto da non volere nemmeno scendere dall’autovettura con la quale la madre lo portava agli appuntamenti programmati con il padre, né voler entrare nella stanza dove questi si trovava ed al punto anche di rivolgergli epiteti ingiuriosi e manifestazioni gravi di avversione, come prenderlo a calci e pugni.
L’uso degli epiteti utilizzati per offendere il padre inoltre non è quello tipico di un bambino , ma sembra veramente suggerito dalle espressione degli adulti.
La lettura delle relazioni dei servizi sociali, oltre che degli esami del Ctu ( dati obiettivamente rilevati che non sono stati posti in discussione ) lasciano veramente sbigottiti per la forza, la tenacia dell’aggressività e del rifiuto di fronte ad un padre che aveva sempre cercato di svolgere il proprio ruolo.
Con il ricorso presentato dal – PADRE – in data 6.2.08, volto ad ottenere la decadenza dalla potestà della -MADRE- , questi lamentava di non vedere il figlio da dieci mesi e che la madre, nonostante fosse stato previsto il pernotto del bambino presso il padre, consentiva che questi lo vedesse prima dell’interruzione definitiva solo nel garage della sua abitazione. Nel corso dell’audizione dei genitori la madre del minore ammetteva di avere rifiutato al padre il pernotto presso di lui e di conseguenza anche il trascorrere della vacanze perché il bambino non l’aveva mai chiesto.
Il tribunale dava atto che l’atteggiamento della -MADRE- non aveva in alcun modo favorito il rapporto del figlio con il padre, ma lo aveva ostacolato al punto che, disposto dallo stesso ufficio giudiziario una specifica disciplina di visite, la madre aveva violato tale programma portando con sé il bambino per le vacanze estive alla fine delle quali si veniva a verificare una regressione nei rapporti padre-figlio, nonostante vi fosse stato un iniziale miglioramento dovuto alla calendarizzazione degli incontri. Tale comportamento proseguiva anche in seguito nonostante l’intervento dei Servizi Sociali di °°°° incaricati dal Tribunale per i Minorenni di attivarsi sia per il sostegno al minore , sia per la predisposizione di un programma quanto meno minimale degli incontri del figlio con il padre.
Era all’esito di tale procedimento che la madre veniva dichiarata decaduta dalla potestà con un
provvedimento che, reclamato avanti alla Corte d’appello veneziana, veniva confermato.Dalla relazione dei Servizi Sociali di °°°° del ** ** 2010 si apprende che il programma di incontri predisposto sulle indicazione del tribunale veniva accettato dai genitori, ma che l’atteggiamento del bambino si rivelava quanto mai preoccupante tanto che questi nel rifiutare ogni forma di comunicazione con il padre giungeva al punto di scagliarli contro un libro che questi gli aveva portato in dono; altra volta mimava una sberla nei confronti dello stesso e gli dava un calcio senza che la madre, presente, desse segni di disapprovazione.
Lo psicologo dott. -PSICOLOGO- sottolineava il fatto che -FIGLIO- si presentava come un bambino normalissimo nelle relazioni con gli altri, salvo cambiare improvvisamente al solo parlargli del padre che definiva come ” persona cattiva, un diavolo, persona sgradevole” e perdere il controllo ed il rispetto delle più elementari relazioni con ricorso ad aggressività verbale ed agita, senza alcuna
provocazione.Dal punto di vista clinico lo psicologo segnalava che -FIGLIO- risultava capace di controllare e tenere in scacco gli adulti e manifestava una strutturazione in un’area in cui si sentiva onnipotente, con il rischio di estensione di tali modalità disfunzionali ad altre aree di funzionamento.
Non migliore è stato il risultato ottenuto dal Servizio Sociale di ****, sostituito a quello di °°°°, nonostante il percorso di sostegno a cura della dott. N°°°, psicologa, l’avvio di un percorso di sostegno alla genitorialità a cura del Consultorio Familiare iniziato nel mese di marzo 2***, il sostegno dell’educatore P*D*. L’equipe ha riscontrato in -FIGLIO- una sindrome o disturbo emozionale inquadrata nei criteri diagnostici dell’ICD 10.
Il bambino non veniva portato dalla madre agli incontri con il padre nello spazio neutro individuato dai servizi, fissati nel mese di giugno e di luglio, assenze giustificate dalla -MADRE- con uno stato di malessere del figlio; per le stesse ragioni non sono state effettuate le sedute fissate dal servizio di Neuropsichiatria infantile mentre sono stati effettuati gli incontri con la psicologa N°°°.
Né si è potuta realizzare la frequentazione del minore al centro estivo in quanto la madre non lo ha condotto , portando in vacanza il figlio senza tenere conto del progetto del Servizio Sociale.
In sostanza da tutte le relazioni, informazioni e non solo dalle due CTU del dott. °°°° emerge lo stato di grave disagio del minore ed il suo invischiamento in un conflitto coniugale in cui la madre ha avuto la possibilità di qualificare in modo negativo il marito, tanto da acquisire l’alleanza del figlio.
Il rifiuto del predetto non ha altra origine perché non sono state nemmeno ipotizzate attività del padre che possano avere distolto il figlio da qualsiasi forma di rapporto con lui.
La madre in molte circostanze si è manifestata come un soggetto apparentemente collaborativo con gli esperti che hanno seguito la vicenda, ma nella sostanza non ha accompagnato psicologicamente il figlio alla ripresa dei rapporti con il padre, predisponendo il suo comportamento quanto meno ad una accettazione formale del genitore; lo ha lasciato solo nella sue difficoltà, non ha ripreso il suo eloquio sconveniente, né gli agiti violenti.Inoltre ha sacrificato il programma di sostegno predisposto dai servizi Sociali alle vacanze.
Solo nel corso della prima consulenza tecnica il bambino ha ripreso il contatto con il padre, regalandogli nel vero senso della parola alcune giornate normali in cui si sono ritrovati per proseguire successivamente nel rifiuto.
Questo atteggiamento è molto sintomatico e strumentale ad ottenere una disamina favorevole da te dell’esperto incaricato dal giudice tenuto ad esprimere un giudizio importante al fine di conseguire un provvedimento favorevole e poiché questo atteggiamento non può essere frutto della determinazione di un bambino di sette-otto anni, non può che essere stato dettato dalla madre.
Fortunatamente le cose sono radicalmente cambiate: il provvedimento della corte territoriale che è stato cassato, comportante l’allontanamento del minore dalla madre e dall’ambiente materno ha consentito al bambino di liberarsi dalla sua condizione di avversione nei confronti del padre. Ne ha accettato la compagnia e finanche di trascorrere la notte con lui attraverso un graduale riavvicinamento.
Questo cambiamento di comportamento sta a dimostrare che i soggetti in età evolutiva sono dotati di un alto grado di resilenzia, vale a dire sanno resistere alle condizioni della vita che li pone in difficoltà ed all’azione degli adulti che attraverso il loro conflitto li possono spingere ad allearsi con uno di loro e a rifiutare l’altro.La -MADRE- , subito dopo la sentenza della corte di cassazione, ha prelevato il figlio dalla casa paterna, gli ha impedito di frequentare la scuola in cui era iscritto, ha tentato di ottenere l’iscrizione presso la scuola di °°°°, ha disatteso il programma del servizio sociale affidatario, ha impedito al figlio di trascorrere parte dei giorni festivi pasquali con il padre portandolo con sé in Toscana da alcuni parenti.
In questa situazione i comportamenti che emergono da fatti obiettivi ed inconfutabili consentono di corroborare la prova del suo comportamento alienante e possessivo, nonostante i limiti imposti dal provvedimento del tribunale per i minorenni che ha rigettato la sua reintegra nella potestà ed ha confermato l’affidamento del bambino al servizio sociale.
Dalle sue dichiarazioni orali rese in udienza la -MADRE- risulta desiderosa di restituire al figlio ” tutta la sua vita” e non solo la metà che è costituita nel suo rientro nella casa materna. L’altra metà a suo dire è costituita dall’ambiente scolastico ed amicale di °°°°.Nessuno spazio nel suo concetto di vita del figlio è riservato al rapporto con il padre, nonostante le preoccupazioni che asserisce di avere avuto per il rifiuto nei confronti dello stesso.
Di fronte a tale pervicacia nel comportamento materno non si ravvisano le garanzie che la predetta sappia far proseguire il figlio nel rapporto con il padre e non ponga nuovamente in atto ostacoli alla normalità del medesimo, facendo regredire il minore e ponendolo in posizione di grave rischio di disturbi della personalità, siano essi quelli che in campo scientifico vengono da parte degli esperti qualificati come PAS, siano gli agiti aggressivi che derivano dallo stato d’ansia rilevati dagli esperti dei Servizi Sociali.
Indipendemente dalla loro qualificazione dal punto di vista medico, la descrizione dei comportamenti del bambino sulla quale tutti hanno concordato consente di ritenere che i suoi agiti , se non ricomposti, porterebbero a disturbi che impedirebbero a -FIGLIO- di crescere e sviluppare tutte le sue notevoli capacità intellettuali ed espressive.
Non si tratta solo di conservare al bambino la bigenitorialità da intendersi come un patrimonio prezioso di cui i figli debbono poter disporre, ma di evitare che attraverso il rifiuto si vada strutturando una personalità deviante.
Si tratta anche di preservare il bambino dal dolore perché le gravi manifestazioni di rifiuto emerse nel passato sono anche espressione di sofferenza.Per tale ragione va confermato l’affidamento al servizio sociale per la predisposizione di un progetto di sostegno psicologico del bambino e di aiuto alla genitorialità in quanto solo attraverso l’abbassamento del conflitto della coppia si può sperare che il bambino acquisisca sicurezza e serenità.
Poiché la madre non lo ha garantito in questo percorso, ma al contrario lo ha ostacolato, la predetta non può ritenersi essere il genitore più idoneo a favorire la crescita del bambino, per cui il collocamento principale dello stesso va disposto presso il padre che ne esercita la potestà.Va tuttavia garantito a -FIGLIO- anche la frequentazione dell’ambiente materno che certamente ha costituito per anni il centro dei suoi affetti; affetti che non gli possono essere negati, salvo il rischio di porlo in situazione di grave sofferenza.
Pertanto va disposto un calendario di “visite” materne molto nutrito che consenta di conservargli l’ambiente della prima infanzia: -FIGLIO- trascorrerà con la madre otto settimane all’anno di vacanze , ivi compreso una settimana a Natale o a Capodanno ed alcuni giorni a Pasqua; starà presso l’abitazione materna dal venerdì pomeriggio all’uscita da scuola sino al lunedì mattina per due volte al mese e per le altre due settimane dal martedì all’uscita della scuola sino al venerdì mattina.
Frequenterà la scuola a ****, salvo diversa decisione da parte del padre ed in ogni caso potrà frequentare un’attività sportiva, culturale o ludica scelta della madre anche eventualmente in °°°°.
La -MADRE- non ha la potestà sul figlio, né questa corte può esaminare la sua domanda di reintegra dal momento che essa non è stata respinta, ma rinviata nella decisione da parte della corte veneziana ( in questo senso è stato inteso anche dalla corte di cassazione che per altro non avrebbe potuto prendere in esame la questione non soggetta a ricorso per cassazione ), per cui il giudice di rinvio non può considerarsi investito della questione. Tuttavia si ritiene equo consentire che la madre possa assumere informazioni anche dirette dalla scuola in ordine al profitto ed al comportamento del figlio e parimenti possa avere informazioni dirette sulla sua salute. Tutte le altre decisioni ( gite scolastiche, attività all’interno della scuola, decisioni importanti sulla salute del figlio ecc.) debbono avere l’avallo del padre.
Il servizio sociale disporrà il calendario dei periodi di vacanza che il bambino potrà trascorrere presso la madre, sentiti previamente i genitori; potrà regolare ogni minuta esigenza del bambino che non risultasse dal provvedimento, come stabilire quale dei due genitori debba portare o prendere da scuola il figlio, dividendo equamente i compiti; dovrà monitorare la situazione e riferire alla Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni nel caso si verificasse qualche grave problema che renda non praticabile il progetto di vita che questa corte ha previsto per il minore.
Quanto alla richiesta del – PADRE – di contribuzione economica a carico della -MADRE- per il mantenimento del figlio, tenuto conto che in sostanza il bambino trascorrerà periodi di tempi quasi uguali nelle due case a sua disposizione, si ritiene di non porre una contribuzione economica, salvo ribadire che i genitori sono tenuti a concorrere alle spese straordinarie per il 50% ciascuno, apparendo entrambi in condizioni di poter affrontare tale esborso.
Quanto alle spese di lite in considerazione della delicatezza del caso, della novità delle questioni trattate e dell’esito del procedimento si ritiene equo compensare le medesime tra le parti, ivi comprese quelle del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Definitivamente decidendo nel procedimento di cui in epigrafe conferma l’affidamento del minore – PADRE – -FIGLIO- al Servizio Sociale di **** che continuerà nel sostegno alla genitorialità nei confronti dei genitori e nel sostegno psicologico del minore, effettuerà il monitoraggio e darà attuazione ai provvedimenti del giudice attraverso la candelarizzazione dei periodi di vacanza ed per ogni disposizione necessaria non prevista nel presente decreto;
colloca il minore presso il padre ; consente che il bambino stia presso la madre per otto settimane complessive nei periodi di vacanza, ivi compreso il Natale, il Capodanno e la Pasqua, nonché per due settimane al mese dal martedì pomeriggio al venerdì mattina e per altre due settimane al mese dal venerdì pomeriggio ( all’uscita della scuola ) sino al lunedì mattina ( rientro a scuola ), disponendo che i genitori dividendo equamente gli oneri del viaggio.Dispone che il bambino frequenti la scuola a **** o a °°°°, se il padre lo consentirà; che la madre anche se non esercente la potestà possa avere informazioni dirette dalla scuola e dai medici del figlio e possa scegliere con lo stesso un’attività sportiva, ludica o culturale gradita al figlio da svolgersi a **** o a °°°° nei giorni a sua disposizione.
Pone a carico dei genitori le spese di mantenimento e di abbigliamento necessari nei tempi di frequentazione del figlio e le spese straordinarie in ragione del 50 % per ciascuno.
Dichiara inammissibile in questa sede la domanda di reintegro nella potestà avanzata dalla -MADRE- . Compensa tra le parti le spese di causa ivi comprese quelle del giudizio di cassazione.
Dichiara il decreto immediatamente esecutivo, disponendo che la cancelleria ne dia comunicazione oltre che alle parti, al Servizio Sociale di ****.
Dispone che nel caso di diffusione dello stesso siano cancellati tutti i dati identificativi del minore e dei genitori e dei luoghi di residenza degli stessi.
Testo del provvedimento tratto da www.http://mobbing-genitoriale.blogspot.it
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