Le donne evitano i centri anti-violenza come la peste

Come si è arrivati a questa situazione? […] Molti centri sono caduti nell’ideologia femminista radicale.  […] Solo uno su 4 dice di perseguire lo scopo di “aiutare le donne vittime di violenza”. […] Questo significa che è più probabile trovarvi propaganda neo-Marxista su quanto è cattiva la famiglia patriarcale piuttosto che qualcosa che possa assomigliare ad un aiuto pratico ai vostri problemi reali.

Una volta diffusasi la voce che i centri anti-violenza sono una tale fogna ideologica, chi ne avrebbe davvero bisogno ha smesso di andarci.

Ma un centro vuoto è un incubo per chi raccoglie i fondi.  Quindi sono stati riempiti di drogate, di senza casa, o di donne in fuga dopo aver commesso reati.   Per questo motivo le persone davvero abusate che davvero avrebbero bisogno di aiuto evitano i centri anti-violenza come la peste.

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Fonte: estratto e tradotto da un articolo dell’opinionista ed analista Carey Roberts, http://www.renewamerica.com/columns/roberts/080909

La Sindrome di Alienazione Genitoriale e i negazionisti. Ne parla il pediatra Vittorio Vezzetti

PAS sì, PAS… no ! Riflessioni sulla Sindrome di Alienazione Genitoriale – di V. Vezzetti

Nella mia vita ho visto negazionisti di ogni specie. Un mio collega, per esempio, pubblica a sue spese libri volti a dimostrare che l’olocausto non è mai avvenuto e che i campi di sterminio sono stati un’invenzione della propaganda anti nazifascista.

Non può sorprendermi più di tanto, quindi, che si trovino anche i negazionisti della sindrome di alienazione genitoriale. Anche se, veramente, a questi mi risulta spesso meno facile attribuire l’attenuante della buona fede.

Chi sostiene l’inesistenza della sindrome in questione, infatti, gioca sulla buona fede e sull’inesperienza del lettore (parecchi abboccano).

Una delle argomentazioni più comuni è che, siccome non si trova in quell’elenco periodicamente aggiornato di malattie psichiatriche che si chiama DSM allora la PAS non esiste. Ciò che non sta nel DSM non esiste !

Bene: non esisterebbero neppure il mobbing o lo stalking su cui tanti Stati hanno elaborato dettagliate leggi. Non esisterebbero neppure il plagio o la Sindrome di Stoccolma di cui, invece, nessuno mette in dubbio l’esistenza. Non esisterebbe il danno da deprivazione genitoriale: la presenza delle due figure genitoriali sarebbe ininfluente! E’ quindi ovvio che il fatto che una situazione clinica non sia citata nella vigente edizione del DSM – tale argomentazione è il “cavallo di battaglia” della maggior parte dei detrattori della PAS -, evidentemente, non significa che essa non esista.

Basti pensare che, dalla prima edizione del DSM (datata 1950) a quella attualmente in vigore (datata 1994), le malattie incluse nel trattato sono passate da 112 a 374. Pertanto non possiamo certo pensare a una attendibilità assoluta e atemporale del DSM, cosa cui non credono gli stessi redattori visto che lo aggiornano periodicamente.

Ben 252 malattie – sulla base di mutate situazioni e mutate conoscenze – sono poi entrate a far parte del DSM. Forse che prima non esistevano ? Secondo i nostri amici… sì !!

Per spiegare meglio il fatto che la Scienza muta vorrei ricordare, ad esempio, che chi era affetto da morbo di Alzheimer, pedofilia, morbo di Gilles de la Tourette nel 1993 poteva non esserlo più nel 1995, visto che il DSM IV mutò radicalmente i criteri diagnostici.

Oppure rammento che, prima del DSM III, si poneva diagnosi di schizofrenia per tutti i disturbi psicotici precoci. Col DSM III, inoltre, vennero introdotte la bellezza di altre 32 malattie in un colpo solo !

Mi pare veramente azzardato e antistorico dire quindi che la PAS non esiste solo perché non contemplata nell’elenco attualmente in vigore.

Conosco ad  esempio alcuni scienziati di valore che non mettono in dubbio l’esistenza di quella forma di condizionamento che si chiama PAS ma, più semplicemente, dubitano del fatto che possa essere –da un punto di vista scientifico- malattia autonoma a sé stante piuttosto che disturbo associato ad altre condizioni noseologiche. Insomma: essi credono ciecamente alla PAS  ma non la inserirebbero nel DSM. Gli ingenui si fanno abbindolare da chi sostiene, spesso in malafede, che ciò che non esiste nel DSM non c’è!

Da un certo punto di vista, paradossalmente, non essere inclusi nel DSM potrebbe quasi essere motivo d’orgoglio: chi c’è finito, infatti, spesso lo ha fatto sotto la spinta di potenti lobbies: la metà degli psichiatri che hanno partecipato alla stesura dell’ultima edizione del DSM ha avuto rapporti economici (tra il 1989 e il 2004, con ruoli di ricercatore o consulente) con società farmaceutiche.

Si tratta di tutti gli psichiatri che hanno curato la sezione del manuale sui disturbi dell’umore e sulle psicosi, definizioni di disturbi che in quegli anni si sono accompagnate all’impennata nelle vendite di farmaci “appropriati”. Queste scoperte hanno fatto tornare in auge, negli ultimi anni, il tema delle “malattie finte”, disturbi creati ad hoc (ad esempio, attraverso un semplice “accorciamento” del cut-off per l’inclusione in una diagnosi) per lanciare nuovi farmaci.

Questo, secondo taluni, potrebbe avere facilitato negli anni l’ingresso di situazioni discusse come l’ADHD (Sindrome da deficit di attenzione e iperattività, curata farmacologicamente) a discapito della PAS (che non ha nessuno sponsor tra i colossi dell’industria farmaceutica) nel DSM, negli elenchi OMS e ICD-10.

Se mai la PAS dovesse entrare nel DSM lo avrà fatto per meriti personali: non esiste, infatti, nessuna azienda farmaceutica che abbia interessi a spingere per l’introduzione della PAS nei manuali.  Alcune lobbies minoritarie di professionisti della salute mentale, invece, perderebbero lucrosi quanto inutili cicli psicoterapici volti a normalizzare i rapporti dell’alienato col genitore bersaglio senza prendere in considerazione l’esistenza dell’alienazione.

Altre considerazioni sono poi così inconsistenti e frutto di travisamenti che mi pare difficile non considerare dolosi che non ritengo di dovermi soffermare più di tanto:

leggevo, per esempio, l’affermazione di uno psichiatra pugliese anti-PAS che parlava di tautologia di Gardner:se un figlio non vuole stare con un genitore è perché l’altro gli ha causato prescription drugs without prescription la PAS”. Tutto falso: Gardner parlava di possibile PAS solo in assenza di motivi obiettivi che giustificassero l’avversione verso il bersaglio.

Altra affermazione fuorviante: Gardner non era professore universitario ! Solo i professori universitari possono avere intuizioni ? Secondo alcuni sì. Non lo erano, però, al momento delle due  più rivoluzionarie scoperte della Medicina neppure Jenner e Fleming. Il primo, simpatico medico di campagna del Settecento, vagava tra i contadini inglesi portando con sé il succo delle pustole del vaiolo bovino: aveva notato che chi prendeva il vaiolo bovino guariva e non si ammalava di vaiolo umano. I detrattori, nei paesini, lo accoglievano addirittura a sassate!! Un Gardner ante litteram. Eppure aveva scoperto la prima vaccinazione della storia moderna….

Il secondo, invece, fu nominato professore pochi mesi dopo che aveva notato –da semplice ricercatore in un modesto laboratorio- l’effetto miracoloso di una muffa: nasceva la penicillina!! I colleghi di Oxford rimasero di sasso (vennero comunque premiati anche loro col Nobel, in seguito).

Altra accusa: Gardner era uno speculatore !! Il suo onorario s’aggirava sui 500 dollari l’ora: cifra importante ma comune ad altri professionisti statunitensi dell’epoca. Pensate invece che un noto avvocato divorzista di Milano chiede oggi oltre 900 euro all’ora… e li ha chiesti anche a un mio conoscente.

Altra sciocchezza. La PAS è contro le donne ! Gardner, in realtà, difendeva anche le mamme: nella sua casistica nel 10 per cento dei casi il genitore bersaglio dell’avversione immotivata era proprio quello di sesso femminile. Negare che, forse solo per i costumi giudiziari occidentali che fanno della mamma il genitore maggiormente convivente con la prole, il fenomeno sia più comunemente causato dalle donne, non vuol dire fare discriminazione sessuale (quanti comportamenti scorretti sono invece più comunemente perpetrati dai maschi ?).

La bufala più clamorosa è che la PAS sia stata ideata per salvare i pedofili: modo demagogico e fuorviante per accalappiare il massimo di adepti. Il fenomeno della denuncia di abusi è infinitesimalmente meno frequente (per fortuna!!) del fenomeno PAS: personalmente ho visto molti alienati ma solo in pochi casi vi era una storia, vera o presunta, di abusi. Secondo Gardner solo nella frazione di alienati gravi era possibile riscontrare, nella misura del 10 per cento, una denuncia autonoma del minore di abusi.

Altra idiozia: la PAS è rifiutata da tutti i Paesi del mondo. Infatti… un recente numero monografico della prestigiosissima American Family Therapy (scusate se è poco) ha ospitato  (http://www.figlipersempre.com/res/site39917/res536551_Bernet10.pdf) un interessantissimo contributo con decine di voci bibliografiche sul tema. In Inghilterra la famosa Family court review parla con regolarità della PAS. In Francia parecchie sono ormai le tesi di laurea sull’argomento; il professor Barnett di Baltimora ha raccolto in tutto il mondo migliaia di leggi, decreti, sentenze che citano la PAS.  Vi risparmio migliaia di citazioni sulla alienazione che andrebbero a superare di gran lunga quelle portate a supporto della sua inconsistenza.

La PAS, a mio modo di vedere, ha solo un punto debole: partendo dal presupposto che i pochi studi caso-controllo effettuati non hanno ricevuto né sponsorizzazioni dall’industria farmaceutica (che non vi ravvede un profitto) né la collaborazione degli uffici giudiziaria la modesta casistica a disposizione che si è potuta racimolare  non ha consentito oggettivamente una validazione statistica della condizione. Ripeto: ciò è avvenuto non per inconsistenza della teoria, ma per esiguità del campione richiesto.

La PAS è quindi rimasta a livello di modello psicologico e non di condizione di interesse medico: una teoria, quindi, come tutta la psicologia. Di cui, però, pochi si sognano oggi di negarne in toto il valore.

[Fonte adiantum.it]

L´abuso "perfettamente legale" dei servizi sociali in Italia. Le origini del male

Dopo aver letto un articolo di stampa intitolato: “Assistenti sociali in ferie ed io non vedo più mia figlia”, vi invito a considerare con attenzione le seguenti considerazioni. La Legge quadro che stabilisce le procedure da adottare in caso di allontanamento coatto dei figli dalla propria famiglia di origine è la Legge 4 maggio 1983 n. 184 (in breve 184/83) e successive modificazioni, apportate con Legge 28 marzo 2001 n. 149 (che non abroga la L.184/83 ma la modifica parzialmente).

Un pò di storia:

– La Legge 4 maggio 1983 nasce allo scadere della ottava legislatura (VIII legislatura) dove la coalizione di maggioranza parlamentare era formata dai partiti DC – PSI – PSDI – PLI, il Presidente del Consiglio era l’On. Amintore fanfani (DC) ed il partito di maggioranza della coalizione era la DC.

– Il giorno 8 luglio 1998 La Corte Europea di Strasburgo riunisce in un unico ricorso i ricorsi presentati dalle cittadine Dolorata Scozzari e Carmela Giunta le quali adirono la Corte per le vessazioni subite dalle istituzioni italiane dopo l’allontanamento dei figli della prima ricorrente e nipoti della seconda ricorrente per mezzo del Tribunale per i Minorenni.

– Il giorno 13 luglio 2000 la Corte condanna lo Stato italiano al risarcimento di circa 200.000.000 delle vecchie lire da liquidarsi entro tre mesi a favore della prima ricorrente (NOTIZIA MAI DIVULGATA DAI MEDIA – http://www.dirittiuomo.it/Corte%20Europea/Italia/2002/Scozzari.htm)

– Il nostro Parlamento durante la tredicesima legislatura (XIII legislatura) dove la coalizione di maggioranza parlamentare era formata dai partiti Ulivo – PDCI – UDEUR – INDIPENDENTI, il Presidente del Consiglio era l’On. Giuliano Amato (DS), ed il partito di maggioranza della coalizione era DS, ha modificato la Legge 184/83 con la Legge 149/01.

Notate cosa ERA scritto all’art. 5 della Legge 184/83: “L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall’autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 316 del codice civile. L’affidatario deve agevolare i rapporti tra il minore e i suoi genitori e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine. Le norme di cui ai commi precedenti si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità alloggio o ricoverati presso un istituto“.

Ed ora notate come è stato modificato tale articolo dalla Legge 149/01 entrata parzialmente in vigore dopo la sentenza della Corte Europea dell’anno 2000. All’art. 5 della Legge 149/01 si legge:

1. L’articolo 5 della legge n. 184 è sostituito dal seguente:

«Art. 5. – 1. L’affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall’autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 316 del codice civile. In ogni caso l’affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L’affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato.

2. Il servizio sociale, nell’ambito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità Cialis Online buy più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell’opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.

3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato».

4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria».

Bene !

Di tutto quanto evidenziato col grassetto sottolineo maggiormente questa frase: Art. 5 – comma 2 – Legge 149/01: “secondo le modalità più idonee”. Queste 5 parole, in sostanza, danno al Servizio Sociale, una facoltà che prima non aveva (rileggete il testo corrispondente dalla L.184/83) ovvero la facoltà di determinare a sua discrezione le modalità più idonee. Così facendo il Parlamento italiano ha rafforzato il potere del Servizio Sociale esonerando anche il Tribunale per i Minorenni il quale, così, risponde tranquillamente che il suo compito si ferma ad emettere il Decreto ma la gestione dell’affidamento spetta per legge all’ente preposto ( IL COMUNE).

Per completare il quadro della situazione vorrei anche evidenziare che con l’entrata del primo Governo Berlusconi, nella quattordicesima legislatura (XIV legislatura), il Governo a forza di Decreti Legge presentati dall’allora Ministro della Giustizia On. Roberto Castelli (Lega Nord) poi regolarmente convertiti in Legge dal Parlamento italiano, ha bloccato l’entrata in vigore di alcune parti della Legge 149/01.

Ogni anno il dichiaratosi paladino dei bambini sottratti ingiustamente dal Tribunale per i Minorenni alle famiglie di origine, On. Castelli, ha presentato al Governo dei Decreti Legge in attesa che venisse proposto ed approvato un Disegno Di Legge (DDL) che riguardava “La difesa d’ufficio davanti al Tribunale per i Minorenni e modifica degli artt. 336 e 337 del Codice Civile”, DDL che fu presentato dalla Commissione Giustizia della Camera, e che fu da questa approvato e poi trasmesso a quella del Senato che invece lo ha ritirato.

Ovvero non ne vuole sapere !

N.B. Il paladino dei minori sottratti alle famiglie che, in qualità di Ministro della Giustizia, aveva la facoltà (che a questo punto – dati i molteplici casi di strana giustizia sulla materia – diventa DOVERE) di promuovere le azioni disciplinari (art. 107 Cost.) non ha mai nemmeno inviato gli ispettori ministeriali presso i Tribunale per i Minorenni più famosi. Si è solo limitato a presentare un Disegno Di Legge truffaldino per mera propaganda politica.

CONCLUSIONI: se gli assistenti sociali si comportano come vogliono è perché lo STATO glielo ORDINA ! E se ragionate sulle informazioni di cui sopra vi renderete conto che la questione è legata alla RAGION DI STATO. Bisognerà che prima o poi ve ne facciate una ragione e non crediate alle favole che vi propongono politici, partiti ed anche, purtroppo, alcune associazioni. La “Democrazia Diretta” riconosce ai cittadini la sovranità che gli appartiene (art. 1 Cost.) che include il potere di abrogare le leggi fatte dal Parlamento (art. 75 Cost.), il potere di fare le leggi (art. 71 Cost.), il diritto di chiedere (art. 50 Cost.).

Se non ci facciamo (o correggiamo) le leggi sbagliate.. non potremo sperare mai in nulla di buono da questa banda di furfanti che pullano le Istituzioni italiane e, come molti potranno avere avuto modo di constatare, qui ci sono dentro tutti (!) :

– Legislatore

– Magistratura

– Governo

– Compiacenti e sedicenti avvocati, psicologi, e forze dell’ordine

Come si fa, così interconnessi tra loro, a ritenere uno più responsabile dell’altro ?

[Fonte: Bruno Aprile – Democrazia Diretta – www.brunoaprile.blogspot.com]

Interrogazione parlamentare sugli abusologi

Dati di presentazione dell’atto

Legislatura: 15
Seduta di annuncio: 178 del 27/06/2007

Firmatari

Primo firmatario: LUCCHESE FRANCESCO PAOLO
Gruppo: UDC (UNIONE DEI DEMOCRATICI CRISTIANI E DEI DEMOCRATICI DI CENTRO)
Data firma: 27/06/2007

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per le politiche per la famiglia, il Ministro della pubblica istruzione, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

sempre più fatti di recente cronaca giudiziaria dimostrano come Giudici e pubblici Ministeri fanno sempre più affidamento alle opinioni, perizie e conclusioni di psicologi e psichiatri con l’assunto che grazie alla loro conoscenza sia possibile determinare la colpevolezza o l’innocenza di una persona (vedi casi Cogne, pedofilia a Brescia, pedofilia a Milano, Rignano Flaminio eccetera) senza che queste perizie secondo l’interpellante possano considerarsi prove concrete come dovrebbe essere in un giusto processo;

lo stesso sistema, cioè l’uso di perizie psicologiche e psichiatriche usate a quel che consta all’interpellante come uniche prove, determina le decisioni del Tribunale dei Minori nell’adottare il provvedimento con la formula «urgente e provvisorio» per l’allontanamento dei minori dalle famiglie, diventano gli unici riscontri in fase iniziale per cause di pedofilia: queste perizie si basano secondo l’interpellante non su riscontri oggettivi, come nel caso della criminologia, ma su opinioni degli psicologi e psichiatri;

mentre in Italia è chiaro a tutti che per opere d’ingegneria occorre l’ingegnere, non lo è, invece, per la criminologia; posto che ad occuparsi di crimini non è il criminologo clinico (figura specializzata con corso triennale post-laurea comprendente 22 esami più la tesi di specializzazione, oltre la laurea quadriennale del percorso vecchio ordinamento), ma lo psicologo, lo psichiatra, l’assistente sociale, eccetera. La laurea (in psicologia, medicina, giurisprudenza, lettere o filosofia) era la condizione necessaria per accedere allo studio di criminologia clinica ma insufficiente per potersi occupare di crimine. Abolendo tale specializzazione si è lasciato campo libero a professioni (psicologi e psichiatri) che hanno la pretesa di essere esperti, pretesa mai suffragata da fatti concreti -:

il numero di bambini sottratti alle famiglie e dati in affidamento alle comunità alloggio oscilla tra i 23.000 e i 28.000 con un costo per la comunità di miliardi di euro, senza contare l’indotto in termini di necessità di assistenti sociali, spazi protetti, psicologi e neuropsichiatri infantili;

molti genitori, se vogliono rivedere i loro figli, si devono sottoporre a trattamenti psicologici prolungati ed estenuanti con il ricatto morale di non rivedere più il loro figlio;

quale sia l’entità dei bambini sotto tutela dei servizi sociali e collocati in comunità alloggio o in affido;

quale sia il numero di comunità-alloggio distribuite sul territorio italiano e la loro capacità ricettiva;

quale sia l’entità dei soldi erogati dai Comuni, Province, Regioni e Stato per il mantenimento dei bambini nelle comunità alloggio;

quale sia il tempo medio del procedimento ablativo;

quale sia il numero di bambini che torna nelle famiglie di origine dopo essere stato allontanato;

perché si siano chiuse le scuole di specializzazione post-lauream in criminologia clinica presso le facoltà di medicina e se si intenda ripristinare;

come mai dietro le cattedre di criminologia in Italia, anziché criminologi clinici, siedano quasi tutti psichiatri;

perché anziché promuovere specialisti di criminologia di alto livello si favorisca la nascita di «corsi fast-food», senza rendersi conto che il crimine ed i criminali si aggiornano anche con le tecnologie, mentre le figure che si occupano del crimine in Italia (psicologi, psichiatri, assistenti sociali) non hanno conoscenze ermeneutiche, epistemologiche e scientifiche.

(2-00630)«Lucchese».

Fonte: http://documenti.camera.it/leg15/resoconti/assemblea/html/sed0178/bt11.htm

http://legislature.camera.it/chioschetto.asp?content=/deputati/composizione/leg13/Composizione/schede_/d00326.ASP prescription drugs without a prescription

Mettere pretestuosamente in dubbio le capacita' genitoriali del papa' o della mamma costituisce una condotta perseguibile penalmente.

E´ reato mettere in dubbio l’autorevolezza drugs without prescription genitoriale

di Mariagabriella Corbi

La Corte di Cassazione, V sezione penale, con la sentenza n. 23979/2010, dice testualmente: “……..l’autorevolezza nell’espletamento del ruolo genitoriale faccia parte di quel bagaglio di qualità’ che, nell’apprezzamento dei consociati, contribuisce all’onore e al decoro di una persona: sicché la denigrazione di tale aspetto della personalità costituisce un’offesa penalmente rilevante“.

Così gli Ermellini hanno condannato una coppia di Bologna, Vittorio e Mercedes F., che aveva esplicitato il proprio dissenso nei confronti di R.F., figlio dei vicini di casa. Questi l’avevano apostrofato con l’epiteto di drogato e discreditato l’azione educativa genitoriale paterna.

La coppia rea, già condannata dal Tribunale di Bologna, nell’ottobre 2008, – era stata censurata per ingiuria e penalizzata con  risarcimento dei danni in favore di quel padre di cui era stato messo in dubbio il ruolo di genitore-, non s’era data per vinta ricorrendo in Cassazione. La Corte ha confermato la condanna (sentenza n. 23979/2010) motivandola: “”la menzione fatta da entrambi gli imputati a uno stato di tossicodipendenza del figlio” si riflette sull’ “efficacia lesiva dell’autorevolezza” dell’azione educativa familiare, “nonché dell’onore e del decoro suo e della sua famiglia recante in se una situazione spregevole quanto meno dal punto di vista sociale” con l’esborso di 1.200 euro per le spese processuali sostenute da R.F. costituitosi parte civile nel processo.

Per i Supremi Giudici la denigrazione dell’aspetto genitoriale della persona costituisce un’offesa penalmente rilevante sotto il profilo di cui all’articolo 594 c.p..

Infatti l’art. 594 del Capo II: DEI DELITTI CONTRO L’ONORE prevede l’ingiuria e cita testualmente: “Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente e’ punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro cinquecento. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa. La pena e’ della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro mille, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato. Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di piu’ persone”.

I genitori moderni vivono reali difficoltà nell’azione educativa della prole perché non hanno dei modelli di riferimento, non esistono contesti educativi condivisi come succedeva alla generazione precedente: una volta (40 – 50 anni fa) era più facile crescere ed educare i figli perché ci si avvaleva dell’ausilio della propria famiglia che conviveva nello stesso cortile/palazzo. Intorno agli anni ’70 una rivoluzione culturale ha annullato lo stile autoritario, basato su regole e gerarchie per lasciare il posto ad una  educazione consenziente che affermava “tutto deve essere permesso” ai bambini, con l’eliminazione di ogni forma di frustrazione e massima trasparenza delle manifestazioni personali. Oggi, oltre la dispersione familiare (per lavoro fuori sede, per abitazioni più economiche etc) e le problematiche  proprie dell’essere tecnologico, gli archetipi educativi sono alquanto evanescenti ed i genitori sporadicamente trovano alleanze ed occasioni di confronto. L’influenza mediatica, che sprona al consumismo e fornisce esempi spesso divergenti dall’idee dei genitori, incornicia il quadro.

E’ più facile dire  “sì”. Questa parola  rende la vita del genitore più comoda, meno faticosa ed esasperante. Dare avvio e sostenere poi un conflitto sul riordino della camera o sul tipo di merenda al rientro di una giornata stressante di lavoro è sicuramente deprimente, pertanto è preferibile, più immediato, cedere e rimandare il conflitto a “tempi migliori”. In queste circostanze non rimane altro che avere pazienza e reimpostare il proprio ruolo genitoriale, prestando attenzione alle necessità psicologiche dei propri figli ed impartendo ad essi  poche regole di vita che poi, in un futuro, potranno agevolarli nel corso della propria esistenza.

[Fonte: overlex.com]

Le violazioni più frequenti dei tribunali minorili e dei servizi sociali in materia di figli

Denunce, esposti, lettere, richieste di azioni disciplinari, suppliche e perfino insulti, da parte di genitori che non hanno più niente da perdere, giacchè il bene più prezioso – i propri bambini – è stato a loro sottratto dallo Stato. Dall’altra parte della barricata, eretta con le alte mura dell’indifferenza e con i mattoni delle prassi vetero-fasciste, tribunali minorili e servizi sociali che si muovono come elefanti dentro un negozio di cristalli di Boemia.

La sensazione è che le vicende che arrivano in rete o in qualche raro articolo di cronaca, segnalate anche sui social network con pagine dedicate e financo le copie dei documenti, siano semplicemente la “punta dell’iceberg”. La statistica, in realtà, è ben diversa, e se i 9.500 casi di allontanamenti (sul totale di 32.000) causati da “alta conflittualità e incapacità genitoriale”, o da “stato di indigenza economica”, sono un dato più che certo, è evidente che il fenomeno è diffuso sopratutto tra chi non sa come affrontare questo tipo di emergenza – pensando che sia “normale” -, oppure tra chi non ha un sufficiente livello di istruzione per pensare di contrastare questi provvedimenti.

In tutti i casi c’è una certezza: nessuno tra gli operatori istituzionalizzati (avvocati, psicologi di parte, assistenti sociali) sprona i genitori a ribellarsi, a fare di più e ad alzare la voce. Quelli che lo fanno, alla fine, sono in pochi, come se questa pratica così dannatamente anti-democratica venisse, in qualche modo, considerata come ineluttabile e necessaria.

L’Ordinamento Italiano prevede esplicitamente la presunzione d’innocenza, il che vuol dire che i cittadini non possono essere riconosciuti colpevoli senza  un regolare processo e tre gradi di giudizio. Accade spesso, invece, che alcuni giudici dichiarino cittadini colpevoli subito senza che questi possano aver accesso al diritto di difesa, senza avere analizzato e valutato le prove, ma solamente in base ad affermazioni, spesso incoerenti (quando non addirittura false), dei servizi sociali. A volte si ha la sensazione che, in molti processi, la parte rappresentata dai servizi sociali sia in realtà una “controparte occulta”, che si aggiunge e sostituisce in toto a chi ha presentato accuse pesanti e prive di fondamento.

Di più, in diversi casi si è avuta la certezza che, a fronte di quelle accuse, si sia voluto costruire le prove successivamente, violando con ciò le regole più elementari dei diritti umani.

L’art. 4 comma 3 L.149/2001 – Diritto del minore alla famiglia – prevede che “sui decreti degli affidamenti devono essere esplicitamente indicati: le motivazioni, i tempi e i modi dell’esercizio dei poteri riconosciuti all’affidatario, le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri esponenti del nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore, deve essere indicato il servizio sociale a cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza”. L’art. 4 comma 4  della stessa legge prevede che “deve essere indicato il periodo di durata presumibile dell’affidamento rapportabile al complesso degli interventi volti al recupero della famiglia d’origine”.

Da un esame attento dei decreti emessi dai tribunali dei minori, risalta immediatamente come i giudici osservino raramente questi obblighi di legge, e nei casi di privazione della potestà genitoriale ai bambini non vengano assegnati tutote e protutore. Anche nei casi di adozione molto spesso si prendono provvedimenti di allontanamento definitivo dalla famiglia di origine anche quando i bambini, in realtà, non sono mai stati abbandonati e/o maltrattati dalle loro famiglie.

Le dichiarazioni dell’ex presidente del tribunale dei minori di Genova Dr.ssa Anna Maria Faganelli, rilasciati al giornale “Il Secolo XIX” (edizione di Genova del 26 Luglio 2002 – pag.27), attestano che diversi giudici compiono dei reati dolosamente e consapevolemente: “Quando diamo un bambino in adozione siamo molto cauti. Se c’è un’azione legale da parte dei genitori naturali, avvisiamo i genitori adottivi che esiste un rischio” – la legge italiana prevede che i bambini possono essere dati in adozione esclusivamente se si trovano nello stato di abbandono, se c’è “un’azione legale” da parte della famiglia, ovviamente il bambino non è abbandonato. Quindi, i giudici sono consapevoli che il bambino non può essere dato in adozione, e la famiglia “avvertita” sa che esiste la famiglia di origine e che il bambino adottato non è stato mai abbandonato.

C’è poi il capitolo delle perizie psichiatriche e psicologiche, per le quali i consulenti hanno precisi doveri indicati nel Codice deontologico, nella Carta di Noto e nelle Linee Guida per lo psicologo forense. Secondo uno di questi, il perito non può assolutamente dare i consigli al giudice. L’art. 4 delle Linee Giuda dice che il consulente del tribunale “….nel rispondere al quesito peritale, tiene presente che il suo scopo è quello di fornire chiarificazioni al giudice senza assumersi le responsabilità decisionali né tendere alla conferma di opinioni preconcette“. In realtà, in quasi tutte le perizie, si danno consigli ai giudici e ci si occupa poco della descrizione scientifica dei fatti.

Per definire una persona come affetta dalle malattie mentali il perito ha il dovere di compilare 5 schede specifiche, i cosiddetti 5 assi, nei quali deve descrivere dettagliatamente i sintomi della malattie, le date in cui essi si sono verificati ed i testimoni, un’anamnesi dettagliata, la descrizione delle altre malattie presenti che non hanno un’origine psichiatrica e altro. Ebbene, nella maggioranza dei casi, le perizie dei tribunali minorili proclamano i cittadini come malati mentali senza aver adempiuto preventivamente al dovere di compilare i “5 assi”, compiendo pertanto un reato di falso ideologico e di omissione di atti d’ufficio.

Un altro dovere importante del perito consiste nel rendere esplicito il quadro teorico di riferimento e le tecniche utilizzate così da permettere una effettiva valutazione e critica all’interpretazione dei risultati da parte degli altri specialisti (art.5 delle Linee guida). Invece, la maggior parte delle perizie effettuate presso i Tribunali dei minori rappresentano in sé solo una raccolta delle frasi e delle affermazioni “nude” – non corredate da nessun valido accertamento scientifico -, e quindi queste perizie devono essere ritenute false.

In Italia, sembra che i periti non abbiano alcun tipo di responsabilità nel caso di falsa perizia o del favoreggiamento doloso ad una delle parti. Sembra che nella storia d’Italia fino ad oggi nessun perito sia stato condannato.

Un esempio classico di quanto descritto è quello del Sig. G.M.L., la cui vicenda è tratta presso il Tribunale dei minori di Genova. GML ha subito una serie di perizie psichiatriche, e nessuno dei medici ha elencato sintomi delle malattie mentali esistenti e/o preesistenti. I periti del tribunale lo hanno invece dichiarato affetto da una malattia mentale non presente nella classifica psichiatrica, e i periti indipendenti l’hanno dichiarato, al contrario, perfettamente sano. Il medico di famiglia ed i famigliari lo ritengono sano. Il giudice incaricato sta obbligando GML a frequentare il Servizio di salute mentale, allo scopo di “curare la malattia mentale non meglio definita”.

In pratica, il Servizio di Salute mentale responsabile non è in grado né di provare la malattia (nonostante il cittadino l’avesse chiesto), né ha preparato un progetto di cure per curare questa malattia “misteriosa”. Attualmente GML, stanco e umiliato da queste continue vessazioni, si dichiara disponibile di essere curato solo dopo che la sua malattia sarà provata, e ha chiesto al giudice di indicare ai medici i sintomi della malattia e di obbligarli a preparare un percorso clinico specifico. Il giudice non risponde, così come non risponde il presidente del tribunale, ma nel frattempo GML vede la figlia solo 1 volta al mese, per una ora sotto gli occhi dei Servizi sociali che pare critichino ogni sua parola e ogni suo movimento.

Lo stesso GML racconta: “….sono stato diffamato e calunniato ancora prima che la mia figlia nascesse, da un assistente sociale che non mi aveva mai visto e conosciuto. Non ho mai avuto una citazione e un’udienza in contraddittorio con la mia controparte, non ho potuto difendermi, nessuno dei miei testimoni è stato sentito, però mia figlia è stata portata via subito dopo il parto e affidata ad ignoti. Se non vado bene io, affidate la mia figlia almeno ad una delle mie 3 sorelle, alla mia figlia maggiorenne o alla mia ex convivente, che hanno già chiesto tantissime volte di avere la bambina in affidamento.

E Buy Generic Drugs Without Prescription mentre i magistrati non rispondono, la bambina non conosce ancora le proprie sorelle, e non sa di avere una grande famiglia che l’aspetta con ansia. La famiglia affidataria (si tratta di persone di alto livello culturale) impediscono alla bambina di avere i rapporti con la sua famiglia d’origine, e hanno già convinto la piccola a chiamarli “papà” e “mamma”.

Questo è solo un esempio di ciò che può accadere a tutti noi, oggi, nel nostro Paese.

[Fonte – adiantum.it GE.SE.F.]

Ronde padane e centri anti-violenza

Sareste favorevoli a dare a ronde di privati cittadini il potere di difendervi dalla violenza, magari arrivando a chiudere, senza il consenso dei genitori, i vostri figli in centri di protezione che per ogni bambino ricevono soldi dallo Stato?

Anche la maggioranza dei nostri amici padani è contraria: la sicurezza è un bene pubblico, che deve essere gestita per tutti da tutti, e quindi dallo Stato.  Se viene gestita da privati, c’è il rischio dell’interesse economico (rinchiudere i bambini per arricchirsi), o della distorsione ideologica, come suggerito dalla vignetta-parodia.

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La legge anti-famiglia

Distruggi la famiglia, distruggerai la nazione
Datemi un bambino per 8 anni e sarà comunista per sempre
V.I. Lenin, ideologo comunista
Le leggi attuali tentano le donne a sfasciare le loro famiglie promettendo loro vantaggi personali.  Infatti è previsto sia il “diritto” al mantenimento che il “diritto” unilaterale al divorzio, cioè senza che il coniuge abbia nessuna colpa.   Come risultato, il 70% delle separazioni è chiesto da mogli.  Con casi limite, come la signora bolognese che dopo una settimana di matrimonio ha chiesto gli alimenti, ottenendo un vitalizio di 250€ mensili.  Ma lo Stato dovrebbe dovrebbe aiutare le famiglie, non provocare inutili sofferenze ai bambini: chi sono gli idioti che hanno fatto questi leggi?
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Le introdusse Vlamidir Lenin, non per idiozia, ma per calcolo politico: con il preciso intento di sfasciare le famiglie.
Durante la rivoluzione russa del 1918, i bolscevichi volevano distruggere il sistema capitalistico-borghese per imporre il Marxismo, secondo cui uomini e donne dovevano lavorare per lo Stato (non per la famiglia), e lo Stato (non la famiglia) doveva educare i figli.  Come scriveva la pre-femminista Alexandra Kollontai: “la madre lavoratrice deve imparare a non distinguere i suoi figli da quelli degli altri, ci sono solo i nostri figli, i figli del Partito Comunista dei Lavoratori”.  Ma queste idee non piacevano alla gente: come fare a proletarizzare la società, facendo credere agli “utili idioti” (così Lenin chiamava i borghesi che credevano alle sue idee), di stare dando loro dei diritti?
Per abolire il denaro, Lenin provocò una enorme svalutazione, che mandò tutti in rovina.
Per abolire la famiglia, Lenin impose la Legge Familiare Bolscevica del 16 settembre 1918, nella quale inventò il “diritto” al divorzio senza colpa del coniuge assieme al “diritto” a farsi mantenere ed al “diritto” all’aborto.
Secondo questa legge bastava mandare una lettera al locale registro per ottenere come mantenimento 1/3 dello stipendio Buy Drugs Without Prescription del marito, senza neanche il bisogno di informarlo. Alcune donne prive di scrupoli ne approfittarono con matrimoni e divorzi ripetuti: sposavano contadini ricchi, e divorziavano obbligando i loro ex-mariti a vendere anche l’ultima mucca per pagarli.  Il Commissario Kursky stabilì che, se una donna non sapeva chi fosse il padre dei figli, poteva scegliere chi dovesse mantenerli.  Altre donne soffrirono per essere state abbandonate come una bottiglia di vodka.  “Alcuni hanno venti matrimoni, una settimana con uno, un mese con un altro. Fanno bambini con tutti e li lasciano per strada”.  Lo Stato, che avrebbe dovuto occuparsi dei bambini, era in bancarotta. I ragazzi vedevano il matrimonio come un gioco, e non era inusuale per un ventenne aver avuto tre o quattro mogli, e per una ventenne tre o quattro aborti.

Visti i risultati, i comunisti cambiarono rotta: reintrodussero il rublo e leggi per evitare lo sfacelo sociale.

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Questi “diritti” Leninisti arrivarono da noi con il 1968, quando era di moda definirsi Marxisti-Leninisti-Maoisti,  negli anni di piombo in cui le Brigate Rosse sparavano su chi si opponeva e lo Stato cercava di scongiurare il pericolo concedendo privilegi a chi occupava le piazze urlando.

Il comunismo è caduto.  Sono rimaste solo le femministe a fare da cane da guardia alle leggi sfascia-famiglie.

Учение всесильно, потому что оно верно: è il momento di voltare pagina.

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Fonti: Mikhail Heller, “Cogs In The Wheel”, New York, Alfred A. Knopf, Inc.

http://www.ejfi.org/Civilization/Civilization-5.htm#communist

http://tcfcreporter.blogspot.com/2008/11/destroy-family-and-you-destroy-society.html

http://highheeledhistorian.com/2010/06/07/soviet-society-under-lenin/

Il sistema delle false accuse

È oggi uno dei peggiori pericoli per i bambini. Ma non è facile parlarne: in attesa di un intervento della magistratura, è come prima di tangentopoli: si sa tutto, ma non è possibile dirlo. Descriviamo quindi un tipico caso immaginario, che assomma le infamie tipiche di tanti casi reali, mettendo in luce le distorsioni ed il giro di affari che alimentano il sistema.

Piercamillo Davigo (uno dei PM che scoperchiarono tangentopoli) dice che per un uomo «è più facile uccidere la moglie che venire a capo di un divorzio difficile»: il sistema delle false accuse è sessista. Una madre può impadronirsi dei figli, a costo di rovinare loro la vita, in questo modo:

  1. Sottrarre i figli attaccando il padre con false accuse di violenza domestica. In assenza di prove, gli effetti automatici sono: a) lo Stato apre un procedimento penale (in Italia esiste l’obbligatorietà dell’azione penale) che blocca quello per sottrazione di minore; b) lo Stato “tutela il minore” condannandolo ad “incontri protetti” con suo papà (un’ora a settimana in un ufficio dei Servizi Sociali); c) lo Stato paga l’assistenza legale alla sedicente maltrattata. Che può così essere assistita anche nel divorzio da un avvocata di un centro femminista, che ha interesse ideologico ed economico ad inasprire la conflittualità senza pietà per i bambini. La madre può far sparire i figli chiudendosi con loro in una struttura ad indirizzo segreto (mascherata da centro anti-violenza*), in modo da fare colpo sui Giudici ed ottenere altri soldi dallo Stato.
  2. In Italia la Giustizia è lenta e costosa: la manipolatrice approfitta degli anni guadagnati per plagiare i figli, che, strappati dalla loro famiglia e dal loro papà, “sanno” di dipendere dalla sola madre e finiscono per far loro l’odio e le false accuse verso il genitore assente. Questa forma di abuso, che gli psicologi chiamano alienazione genitoriale, spesso provoca ai bambini devianze psico-patologiche ed altri disturbi.  Il sacrificio dei figli aiuta i Giudici a capire che il movente delle accuse era la volontà di impossessamento dei figli e ad evitare che un innocente venga condannato sulla base della sola parola della accusatrice.  Ma, cadute le false accuse, la conclusione più frequente è che i bambini sono persi; la madre mantiene l’affido dei figli, in quanto i Giudici tendono ad accettare il fatto compiuto.
  3. Qualora i Giudici dispongano una perizia psicologica, l’alienatrice può tentare di giustificare le condizioni in cui ha plagiato i figli usandoli per false accuse di pedofilia contro loro padre e/o suoi familiari.  Esistono organizzazioni (mascherate da associazioni anti-pedofilia), con ginecologhe, psicologi ed altri abusologi noti per aver già firmato centinaia di certificati di abusi poi smentiti dai periti dei Tribunali. Nuovamente lo Stato paga l’assistenza legale, ed avvocati senza scrupoli ci guadagnano sopra, anche 100,000€ se riescono a prolungare in appello processi basati sul nulla. Nel frattempo la madre può permettersi di disattendere le decisioni dei Giudici.
  4. Cadute le false accuse, si apre un nuovo pericolo per i bambini. I Giudici decidono di proteggerli allontanandoli da quelle madri che hanno dimostrato di essere irrecuperabili (ad esempio perché mentalmente disturbate) solo quando hanno oramai fatto molto male ai loro figli. I quali possono essere talmente alienati dalla follia pedo-femminista da aver bisogno di un periodo di cure in un luogo neutro. Il rischio è ora di finire in un orfanotrofio (mascherato da casa-famiglia o altro), magari con sotterranei legami economici con le stesse associazioni che la ex-madre considerava sue alleate.  28000 bambini italiani (una cifra senza eguali in altri paesi) sono oggi chiusi in questi centri, che ricevono dallo Stato circa 200€ al giorno per bambino, e quindi tendono a tenerli fino alla maggiore età.

Naturalmente, esiste anche una minoranza di padri colpevoli, così come queste madri malevole sono la minoranza.  Il problema è quella minoranza di organizzazioni che le aiutano, amplificando i loro problemi in tragedie per i bambini.

Sempre più magistrati appaiono consapevoli dell’ondata di false accuse usate per aggirare la legge del 2006 sull’affido condiviso, coincisa con la diffusione di statistiche grottescamente false (“violenza prima causa di morte per le donne”, “un bambino su sei è abusato”…); ci si attende una contro ondata di condanne per calunnia.  Ma occorre prevenire bloccando questa pratica al punto 1.  I cittadini e lo Stato possono aiutare i bambini evitando di donare fondi che possano alimentare il sistema delle false accuse.

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*) Tali problematiche sono state espresse, fra l’altro, da Erin Pizzey (che fondò con ben altri intenti i centri anti-violenza), dal sociologo Gehrard Amendt, dalla giornalista Donna Laframboise. Si veda http://www.centriantiviolenza.it.

Da Die Welt: “Perchè i rifugi per donne sono focolai di misandria”

L’autore, il sociologo Gehrard Amendt, è professore all’Università di Brema ove dirige l’Istituto di ricerca sui rapporti fra i generi e le generazioni (Instituts für Geschlechter- und Generationenforschung).  Abbiamo abbozzato una traduzione del suo saggio apparso su Die Welt con titolo originale Why Women’s Shelters Are Hotbeds of Misandry.

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Non appena l’operato dei rifugi per donne è stato per la prima volta analizzato in Germania, il Comitato per gli Affari Familiari del Budenstag ha deciso di valutare se questi centri debbano continuare ad essere finanziati dal governo. Vista l’ideologia politica di questi centri e le sue implicazioni, questa proposta deve essere studiata seriamente. I servizi offerti da questi centri hanno dato risultati? Sono operati in maniera professionale, o sono degenerati verso un’ideologia che vede gli uomini come unici violenti? Hanno sviluppato una comprensione professionale dei conflitti familiari tale da includere tutti i membri di una famiglia violenta?

Come al solito, i fondi vengono erogati sulla base della conveniente statistica secondo cui “una donna su 4 è vittima di violenza domestica”. Poiché non esistono dati analoghi sulla violenza contro gli uomini, tale numero non legittima adeguatamente centri per sole donne. Finora, ci si è focalizzati sulle donne come vittime, rinnovando i fondi per tali centri. La loro efficacia non è stata monitorata. […]

Tali centri furono aperti più di 20 anni fa, con lo scopo di focalizzare l’attenzione pubblica sull’esperienza della violenza da un punto di vista femminile. Questo autore all’epoca tentò di sostenerli politicamente […] non potendo immaginare che i rifugi per donne avrebbero contribuito a polarizzare la società in uomini violenti opposte a donne pacifiche, quindi causando anni di stagnazione nel rapporto fra i generi.

POLITICHE FAMILIARI SBAGLIATE

Oggi conosciamo le dinamiche familiari che portano alla violenza. Sono stati effettuati più di 200 studi negli Stati Uniti ed in Canada, ma il campo delle politiche familiari ha opposto resistenza al punto principale dei loro risultati: che le donne sono violente ed aggressive quanto gli uomini. Questo si applica anche al loro comportamento con i bambini. Particolarmente durante un divorzio conflittuale. I centri familiari dovrebbero attivarsi per limitare la violenza in modo che i bambini non ne siano coinvolti.

Uno studio a largo raggio condotto dall’autore in Brema ha mostrato che la violenza capita nel 30% dei divorzi, con 1800 uomini che hanno riportato abusi fisici e psicologici dalle loro compagne. Un’incidenza tre volte maggiori che in condizioni ordinarie. In tali divorzi violenti, la violenza è stata nel 60% dei casi iniziata dalle ex-compagne. Tali risultati rivelano la violenza femminile. Secondo i centri femministi, solo gli uomini sono violenti. Invece di attenuare i conflitti legati ai divorzi, tali centri li acuiscono, sostenendo che l’unico pericolo per i bambini siano i padri. Tentano di usare tale pregiudizio per spezzare il diritto dei bambini ad avere entrambi i loro genitori.

Il 60% di violenza femminile in casi di divorzio causa grande sofferenza ai padri che la subiscono. Le ricerche ed i numeri non supportano l’ideologia dell’uomo come nemico adottata nei centri femministi. Considerano come successo non il risolvere i conflitti, ma alimentare l’ostilità contro gli uomini. […]

Un centro di consulto familiare può invece aiutare i coniugi a comunicare, ed a scegliere se riconciliarsi o separarsi con rispetto. Aiutando i bambini a non perdere le esperienze positive del passato.

I centri femministi sono incapaci di fornire questo tipo di intervento professionale per via della loro ideologia: vedono ogni uomo come il nemico di ogni donna. Credono apoditticamente che le donne non siano violente. Secondo la loro ideologia, è superfluo che una donna parli al compagno. Per i loro fini, le donne vengono manipolate a considerarsi vittime e gli uomini vengono denigrati come genere. […]

I centri femministi rappresentano un mondo dove manca la gioia della vita, e gli sforzi di risolvere i conflitti vengono rimpiazzati da disfattismo e rinuncia. La misandria appare come l’unica via di fuga. Questa atmosfera oppressiva è sicuramente responsabile dei tanti abbandoni e dissensi fra il personale. Le donne negli Stati Uniti si tengono sempre più alla larga da tali centri, nonostante la gravità dei loro conflitti. Non vogliono vivere in un mondo che disprezza gli uomini. Hanno già i loro problemi.

Chi sostiene tali centri non da’peso all’obiezione che compromettono l’etica dell’assistenza sociale, in quanto la professionalità non è il loro scopo. Al contrario, si auto-definiscono di parte, che significa vedere le donne come vittime del potere maschile e della maggioranza indifferente. L’etica professionale è stata deliberatamente rimpiazzata dall’ideologia politica. Questo dà loro un senso narcisistico di superiorità morale sul resto del mondo. […] Credono che la loro retorica anti-patriarcale avrà maggior impatto che terapisti ed assistenti preparati professionalmente. In maggioranza, non gli importa di non aiutare genuinamente le persone che chiedono aiuto […].

L’IDEOLOGIA FEMMINISTA: UN CAMPO DI COLTURA DI MISANDRIA

Ci sono centri che hanno superato l’ideologia, ma lo stesso nome di “rifugi per donne” implica la disastrosa ideologia del femminismo radicale, dove le relazioni fra uomini e donne sono cristallizzate nel loro status di violento e vittima. Le donne sono sempre innocenti e gli uomini sempre colpevoli. Tali centri perpetuano la distruzione della comunicazione fra i membri della coppia come progetto politico.

Le conclusioni sono ovvie. I centri basati sull’ideologia femminista non sono più necessari. Le famiglie con problemi di violenza hanno invece urgente bisogno di una rete di centri di ascolto che possano fornire aiuto non politicizzato e non sessista a tutte le persone. Perché la violenza domestica fa parte della natura. Se una donna picchia suo marito, o un uomo picchia la sua moglie, è probabile che stiano anche abusando dei figli. Ed i bambini picchiati hanno maggior probabilità di diventare adulti violenti, perpetuando la violenza nelle generazioni successive. […]

CENTRI DI SUPPORTO CONTRO LA VIOLENZA FAMILIARE

Nel futuro abbiamo bisogno di sostituire i centri femministi con centri di supporto per famiglie con conflitti violenti. Sarebbero gestiti da uomini e donne ben preparati che cooperano sulla base dell’etica professionale, intervenendo durante le crisi familiari violente. […] Il supporto e la terapia devono semplicemente essere liberi da ideologie politiche, come deve essere nelle società democratiche.

Allo stesso tempo, dobbiamo discutere il problema nelle università: la correttezza politica oggi impedisce di pensare alle donne in termini di aggressione e violenza, e questo deve essere confrontato con i risultati della ricerca internazionale.