Se la Cassazione dimentica il diritto alla bigenitorialità, le vittime sono i figli.

I Servizi Sociali dovrebbero avere varie funzioni. Ogni anno costano un sacco di soldi. Soldi pagati dai cittadini in nome di uno stato sociale che deve garantire, a chi si trovi in situazioni di difficoltà, il rispetto dei diritti umani fondamentali.

Come non considerare tra questi diritti umani il diritto di un bambino ad avere un papa’ ed una mamma? La legge lo prescrive e i servizi sociali comunali sicuramente hanno titolo per intervenire laddove difficoltà di tipo economico pongano in pericolo i diritti di minori.

Di fronte ad una qualsiasi accusa anche solo verbale di abuso su minori, il nostro sistema ben nutrito di onlus create ad hoc, è capace di spendere centinaia di migliaia di euro al fine di mettere in atto tutta una serie di accertamenti volti a provare se l’abuso ipotizzato sulla base di indicatori assolutamente ASPECIFICI sia vero o meno. E il nostro sistema poi traccia anche le statitistiche per giungere a dire che il 92% delle accuse di abuso formulate in concomitanza di una separazione di coppia, è infondata e che tuttavia i minori sottoposti a questi accertamenti finiscono poi per vivere un trauma psicologico vero e proprio equivalente ad un abuso realmente perpretato. Un disastro. Inutile dire che per i colpevoli dell’abuso simulato che ha distrutto la vita dei minori, nessun colpevole sara’ mai cercato e che nessuno mai paghera’ un euro che sia un euro di risarcimento.
(FONTE DATI)

E’ alla luce di queste considerazioni che una recente sentenza di cassazione lascia tutti allibiti facendo ben intendere che in assenza di una vera legge che tuteli il diritto dei figli ad avere un papa’ ed una mamma, il rischio della cosiddetta AMPUTAZIONE GENITORIALE è dietro l’angolo.

Infatti, secondo una sentenza della Corte Supema dei giorni scorsi, se la madre vuol farsi mantenere dai genitori, è legittimata a privare i figli del padre.

Ecco la storia tratta da cassazione.net

Lei? Porta via i figli dal loro «habitat» per portarli al paesello d’origine, un «contesto arcaico e rurale». A lui non basta giocare la carta dello sradicamento della prole per ottenere l’affido dei minori e la revoca dell’assegno di mantenimento. La scelta, osservano i giudici, è compiuta nell’interesse dei figli: l’affidataria cerca nella famiglia d’origine, residente nelle campagne del Sud, quel sostegno anche economico che l’esiguo contributo a carico dell’ex coniuge da solo non è in grado di assicurare. È quanto emerge da una sentenza pubblicata il 19 maggio 2011 dalla prima sezione civile della Cassazione.

Confermato l’affidamento dei figli alla signora, nonostante il trasferimento da un ridente cittadina balneare del Centro come Senigaglia a una ruspante e piccola località pugliese. Sarà pure “arretrato” il contesto sociale meridionale in cui dovranno ambientarsi i figli, ma certo è che nulla si può rimproverare alla signora: ha dimostrato di saper fare il ruolo di madre e decide di tornare al paese d’origine perché là ha i genitori che possono prendersi cura dei bambini, mentre i 200 euro al mese che le passava l’ex marito non bastano di certo.

Doppia batosta per lui: il mantenimento aumenta a 450 euro mensili perché l’onerato ha finito di pagare il mutuo, diventando proprietario dell’ex casa coniugale. Incensurabile la motivazione della decisione di merito, censurata per la (presunta) mancata comparazione fra i contesti sociali di vita dei figli prima e dopo il trasferimento voluto dalla madre.
.

La paternità negata di Gianluca Schiavon e "Il bambino del mercoledì". A Matrix il 31-03-2011 (parte 3)

Matrix 31-03-2011. Le premesse per una buona audience c’erano tutte: un pò di provocazione (avv. Bernardini De Pace), l’autorevolezza (avv. Gassani), l’equilibrio e la ragionevolezza (Timperi) e la mamma famosa (Lucarelli), ma chi ha visto la trasmissione non si aspettava certo che il ruolo da protagonista lo assumessero due ingredienti che lo chef di Matrix/Canale5 non aveva previsto: il “caso umano” (Schiavon) — il cui racconto ha spiazzato tutti e ha aperto uno squarcio insanabile tra ciò che la gente non sapeva, e ciò che adesso sa -, e le lacrime di Tiberio Timperi.

Chi aveva qualche dubbio sull’autenticità delle motivazioni del noto giornalista, impegnato sempre di più nella campagna di sensibilizzazione delle Istituzioni verso il vero affido condiviso, si è dovuto ricredere.

Durante il racconto del genitore/Schiavon, durante il quale si raccontava l’ultima telefonata intercorsa con il figlio (che mimava una segreteria telefonica, in preda alla più totale alienazione genitoriale) c’era una sola persona con le lacrime agli occhi, ed era Tiberio. A dire il vero, anche il conduttore era particolarmente scosso da quel racconto, dall’auto-analisi con cui era stato meditato per anni e dalla forza dirompente che solo la verità sa attribuire alle parole.

Chi ha vissuto un grande dolore sulla propria pelle non rimane mai freddo di fronte ad una storia così forte, anche se la sofferenza ha lasciato il posto alla ragionevolezza e alla determinazione a cambiare le cose. Le lacrime di Timperi non sono soltanto una testimonianza del dolore personale, ma il simbolo del pianto di tutti gli italiani che sbattono quotidianamente contro il muro di gomma della malagiustizia familiare.

Negli ultimi vent’anni abbiamo ascoltato spesso un utile refrain: cambiare si può. Grazie a questa consapevolezza è arrivata la legge sull’affido condiviso, che però non ha cambiato nulla nella pratica più becera dei tribunali civili. Però ha cambiato molte coscienze, e la commozione di Timperi ne rappresenta una bella fetta.

Adesso, di fronte a tanto dolore diffuso, è arrivato il momento di cambiare il refrain: cambiare si deve.

“IL BAMBINO DEL MERCOLEDÌ” di Gianluigi Schiavon

Il libro racconta una storia che colpisce allo stomaco. La storia è quella del piccolo Giò e del suo babbo separato, il Signor B.

Una vicenda di ordinaria e straordinaria ingiustizia, che trasforma la vita di un bambino in un percorso a ostacoli popolato di angeli e di demoni.

I primi, in questa guerra chiamata separazione, lo difendono, gli altri lo tormentano. Giò e il Signor B lottano per restare insieme. Scendono in campo anche magistrati e assistenti sociali capaci di azioni tanto efferate sulle spalle di un bambino in età da scuola materna, da riuscire a trasformare il suo rapporto con il padre in un vicolo cieco, talmente disseminato di trappole da rendere le loro visite un giallo.

Dalla notte della Vigilia di Natale, in cui il bambino fu strappato ai suoi regali e ai suoi affetti, fino agli incontri protetti, e al giorno in cui il piccolo Giò si vide improvvisamente e senza ragione negata la possibilità della consueta visita settimanale.

Assieme a tutto il resto.

E si ritrovò a protestare, e piangere, e fra le lacrime urlare: “Ma domani è mercoledì!”

Titolo : “Il bambino del mercoledì”
Autore : Gianluigi Schiavon
Editore : Giraldi Editore
Anno : 2008

Gianluigi Schiavon, nato a Padova, vive a Bologna. Giornalista de “Il Resto del Carlino”, ha lavorato anche a “La Repubblica”, “Il Gazzettino” e per varie riviste.
Per Giraldi ha pubblicato il romanzo “50 minuti. L’inganno nel cassetto”, surreale storia di un morto che continua a vedere e sentire ciò che accade intorno a lui.

[Fonte http://www.giraldieditore.it/index.php?option=com_content&view=article&id=398%3Ail-bambino-del-mercoledi&catid=45%3Aopere&Itemid=1]

La paternità negata di Gianluca Schiavon e "Il bambino del mercoledì". A Matrix il 31-03-2011 (parte 2)

Matrix 31-03-2011. Le premesse per una buona audience c’erano tutte: un pò di provocazione (avv. Bernardini De Pace), l’autorevolezza (avv. Gassani), l’equilibrio e la ragionevolezza (Timperi) e la mamma famosa (Lucarelli), ma chi ha visto la trasmissione non si aspettava certo che il ruolo da protagonista lo assumessero due ingredienti che lo chef di Matrix/Canale5 non aveva previsto: il “caso umano” (Schiavon) – il cui racconto ha spiazzato tutti e ha aperto uno squarcio insanabile tra ciò che la gente non sapeva, e ciò che adesso sa -, e le lacrime di Tiberio Timperi.

Chi aveva qualche dubbio sull’autenticità delle motivazioni del noto giornalista, impegnato sempre di più nella campagna di sensibilizzazione delle Istituzioni verso il vero affido condiviso, si è dovuto ricredere.

Durante il racconto del genitore/Schiavon, durante il quale si raccontava l’ultima telefonata intercorsa con il figlio (che mimava una segreteria telefonica, in preda alla più totale alienazione genitoriale) c’era una sola persona con le lacrime agli occhi, ed era Tiberio. A dire il vero, anche il conduttore era particolarmente scosso da quel racconto, dall’auto-analisi con cui era stato meditato per anni e dalla forza dirompente che solo la verità sa attribuire alle parole.

Chi ha vissuto un grande dolore sulla propria pelle non rimane mai freddo di fronte ad una storia così forte, anche se la sofferenza ha lasciato il posto alla ragionevolezza e alla determinazione a cambiare le cose. Le lacrime di Timperi non sono soltanto una testimonianza del dolore personale, ma il simbolo del pianto di tutti gli italiani che sbattono quotidianamente contro il muro di gomma della malagiustizia familiare.

Negli ultimi vent’anni abbiamo ascoltato spesso un utile refrain: cambiare si può. Grazie a questa consapevolezza è arrivata la legge sull’affido condiviso, che però non ha cambiato nulla nella pratica più becera dei tribunali civili. Però ha cambiato molte coscienze, e la commozione di Timperi ne rappresenta una bella fetta.

Adesso, di fronte a tanto dolore diffuso, è arrivato il momento di cambiare il refrain: cambiare si deve.

“IL BAMBINO DEL MERCOLEDÌ” di Gianluigi Schiavon

Il libro racconta una storia che colpisce allo stomaco. La storia è quella del piccolo Giò e del suo babbo separato, il Signor B.

Una vicenda di ordinaria e straordinaria ingiustizia, che trasforma la vita di un bambino in un percorso a ostacoli popolato di angeli e di demoni.

I primi, in questa guerra chiamata separazione, lo difendono, gli altri lo tormentano. Giò e il Signor B lottano per restare insieme. Scendono in campo anche magistrati e assistenti sociali capaci di azioni tanto efferate sulle spalle di un bambino in età da scuola materna, da riuscire a trasformare il suo rapporto con il padre in un vicolo cieco, talmente disseminato di trappole da rendere le loro visite un giallo.

Dalla notte della Vigilia di Natale, in cui il bambino fu strappato ai suoi regali e ai suoi affetti, fino agli incontri protetti, e al giorno in cui il piccolo Giò si vide improvvisamente e senza ragione negata la possibilità della consueta visita settimanale.

Assieme a tutto il resto.

E si ritrovò a protestare, e piangere, e fra le lacrime urlare: “Ma domani è mercoledì!”

Titolo : “Il bambino del mercoledì”
Autore : Gianluigi Schiavon
Editore : Giraldi Editore
Anno : 2008

Gianluigi Schiavon, nato a Padova, vive a Bologna. Giornalista de “Il Resto del Carlino”, ha lavorato anche a “La Repubblica”, “Il Gazzettino” e per varie riviste.
Per Giraldi ha pubblicato il romanzo “50 minuti. L’inganno nel cassetto”, surreale storia di un morto che continua a vedere e sentire ciò che accade intorno a lui.

[Fonte http://www.giraldieditore.it/index.php?option=com_content&view=article&id=398%3Ail-bambino-del-mercoledi&catid=45%3Aopere&Itemid=1]

La paternità negata di Gianluca Schiavon e "Il bambino del mercoledì". A Matrix il 31-03-2011 (parte 1)

Matrix 31-03-2011. Le premesse per una buona audience c’erano tutte: un pò di provocazione (avv. Bernardini De Pace), l’autorevolezza (avv. Gassani), l’equilibrio e la ragionevolezza (Timperi) e la mamma famosa (Lucarelli), ma chi ha visto la trasmissione non si aspettava certo che il ruolo da protagonista lo assumessero due ingredienti che lo chef di Matrix/Canale5 non aveva previsto: il “caso umano” (Schiavon) – il cui racconto ha spiazzato tutti e ha aperto uno squarcio insanabile tra ciò che la gente non sapeva, e ciò che adesso sa -, e le lacrime di Tiberio Timperi.

Chi aveva qualche dubbio sull’autenticità delle motivazioni del noto giornalista, impegnato sempre di più nella campagna di sensibilizzazione delle Istituzioni verso il vero affido condiviso, si è dovuto ricredere.

Durante il racconto del genitore/Schiavon, durante il quale si raccontava l’ultima telefonata intercorsa con il figlio (che mimava una segreteria telefonica, in preda alla più totale alienazione genitoriale) c’era una sola persona con le lacrime agli occhi, ed era Tiberio. A dire il vero, anche il conduttore era particolarmente scosso da quel racconto, dall’auto-analisi con cui era stato meditato per anni e dalla forza dirompente che solo la verità sa attribuire alle parole.

Chi ha vissuto un grande dolore sulla propria pelle non rimane mai freddo di fronte ad una storia così forte, anche se la sofferenza ha lasciato il posto alla ragionevolezza e alla determinazione a cambiare le cose. Le lacrime di Timperi non sono soltanto una testimonianza del dolore personale, ma il simbolo del pianto di tutti gli italiani che sbattono quotidianamente contro il muro di gomma della malagiustizia familiare.

Negli ultimi vent’anni abbiamo ascoltato spesso un utile refrain: cambiare si può. Grazie a questa consapevolezza è arrivata la legge sull’affido condiviso, che però non ha cambiato nulla nella pratica più becera dei tribunali civili. Però ha cambiato molte coscienze, e la commozione di Timperi ne rappresenta una bella fetta.

Adesso, di fronte a tanto dolore diffuso, è arrivato il momento di cambiare il refrain: cambiare si deve.

“IL BAMBINO DEL MERCOLEDÌ” di Gianluigi Schiavon

Il libro racconta una storia che colpisce allo stomaco. La storia è quella del piccolo Giò e del suo babbo separato, il Signor B.

Una vicenda di ordinaria e straordinaria ingiustizia, che trasforma la vita di un bambino in un percorso a ostacoli popolato di angeli e di demoni.

I primi, in questa guerra chiamata separazione, lo difendono, gli altri lo tormentano. Giò e il Signor B lottano per restare insieme. Scendono in campo anche magistrati e assistenti sociali capaci di azioni tanto efferate sulle spalle di un bambino in età da scuola materna, da riuscire a trasformare il suo rapporto con il padre in un vicolo cieco, talmente disseminato di trappole da rendere le loro visite un giallo.

Dalla notte della Vigilia di Natale, in cui il bambino fu strappato ai suoi regali e ai suoi affetti, fino agli incontri protetti, e al giorno in cui il piccolo Giò si vide improvvisamente e senza ragione negata la possibilità della consueta visita settimanale.

Assieme a tutto il resto.

E si ritrovò a protestare, e piangere, e fra le lacrime urlare: “Ma domani è mercoledì!”

Titolo : “Il bambino del mercoledì”
Autore : Gianluigi Schiavon
Editore : Giraldi Editore
Anno : 2008

Gianluigi Schiavon, nato a Padova, vive a Bologna. Giornalista de “Il Resto del Carlino”, ha lavorato anche a “La Repubblica”, “Il Gazzettino” e per varie riviste.
Per Giraldi ha pubblicato il romanzo “50 minuti. L’inganno nel cassetto”, surreale storia di un morto che continua a vedere e sentire ciò che accade intorno a lui.
[Fonte http://www.giraldieditore.it/index.php?option=com_content&view=article&am…

]

La storia di un allarme inutile e diffamatorio. L'"emendamento" 1707 del 2010 erroneamente chiamato "salva-pedofili"

La questione è semplice: a partire dall’estate scorsa girava questa storia dell’emendamento 1707 pro-pedofili.  C’era un appello che gridava allo scandalo, ma soprattutto chiedeva alla gente di annotarsi i nomi dei senatori firmatari dell’emandamento. Il tutto in perfetto stile linciaggio.

In realtà la questione, come spiega Paolo Buscaglino è molto, molto diversa, e quell’emendameno non era assolutamente pro-pedofili. Vediamo [Fonte]

La bufala dell’emendamento salva-pedofili

di Paolo Buscaglino:

Da giorni circolava in rete questo messaggio:

« EMENDAMENTO 1707: NIENTE OBBLIGO DI ARRESTO PER CHI VERRA’ SORPRESO A COMPIERE VIOLENZE SESSUALI “DI LIEVE ENTITA’ ” VERSO I MINORI.

Firme in calce all’emendamento: Gasparri (PdL), Bricolo (Lega), Quagliariello (PdL), Centaro (PdL), Berselli (PdL), Mazzatorta (Lega), Divina (Lega) VERGOGNATEVIIII BESTIEEEEE E VOI CONTINUATE A VOTARLI!!!!!! »

…e nulla più. Anche cercando in rete, si trovavano solo commenti, indignazione, ironia… ma da nessuna parte saltava fuori il testo originale dell’emendamento, che sarebbe stato ritirato a furor d’opposizione. La versione più completa dell’appello risultava questa:

« VIOLENZA SESSUALE “LIEVE” AI MINORI: ECCO I NOMI DEI SENATORI!Si erano inventati un emendamento proprio carino.
Zitti zitti, nel disegno di legge sulle intercettazioni avevano infilato l’emendamento 1.707, quello che introduceva il termine di “Violenza sessuale di lieve entità” nei confronti di minori.
Firmatari, alcuni senatori di Pdl e Lega che proponevano l’abolizione dell’obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori, se – appunto – di “minore entità”.
Senza peraltro specificare come si svolgesse, in pratica, una violenza sessuale “di lieve entità” nei confronti di un bambino.
Dopo la denuncia del Partito Democratico, nel Centrodestra c’è stato il fuggi-fuggi, il “ma non lo sapevo”, il “non avevo capito”, il “non pensavo che fosse proprio così” uniti all’inevitabile berlusconiano “ci avete frainteso”.
Poi, finalmente, un deputato del Pd ha scoperto i firmatari dell’emendamento 1707.Annotateli bene:

sen. Maurizio Gasparri (Pdl),
sen. Federico Bricolo (Lega Nord Padania),
sen. Gaetano Quagliariello (Pdl),
sen. Roberto Centaro (Pdl),
sen. Filippo Berselli (Pdl),
sen. Sandro Mazzatorta (Lega Nord Padania) e il
sen. Sergio Divina (Lega Nord Padania).

Per la cronaca, il sen. Bricolo era colui che proponeva il “carcere per chi rimuove un

LA CAMPAGNA DIFFAMATORIA

crocifisso da un edificio pubblico” (ma non per chi palpeggia o mette un dito dentro ad una bambina);
il sen. Berselli è colui che ha dichiarato “di essere stato iniziato al sesso da una prostituta” (e da qui si capisce molto…);
il sen. Mazzatorta ha cercato di introdurre nel nostro ordinamento vari “emendamenti per impedire i matrimoni misti”;
mentre il sen Divina è divenuto celebre per aver pubblicamente detto che “i trentini sono come cani ringhiosi e che capiscono solo la logica del bastone”
(citazione di una frase di Mussolini).
Complimenti alle carogne. »

Peccato che, così come formulato, il testo sia l’ennesima bufala, che si è diffusa a macchia d’olio senza che fosse possibile verificarla. I sospetti mi venivano dall’enormità di quel “l’abolizione dell’obbligo di arresto in flagranza nei casi di violenza sessuale nei confronti di minori”, dall’invito all’annotarsi i nomi e dall’assenza di rifrimenti al testo incriminato, che avrebbe dovuto essere invece la prova del misfatto.

Dopo lunghe ricerche, ho trovato il link alla discussione avvenuta in Senato sull’argomento – http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=483752 – da cui emerge una realtà molto diversa.

Anzitutto, emerge che non si parla affatto di “violenza sessuale di minore entità” bensì di “atti sessuali di minore gravità”, che non è la stessa cosa come vediamo subito:
ciò che determina la “minore gravità”, infatti, è il fatto che tali atti siano compiuti tra quasi coetanei entrambi consenzienti!

Infine, risulta che il concetto di “minore gravità” non viene introdotto ex novo ma è già presente nel Codice Penale – http://www.usciamodalsilenzio.org/rassegnastampa/articoli-codice-penale.pdf – e si trattava solo di applicarvi la non obbligatorietà (che non vuol dire esclusione assoluta) di arresto.

Analizziamo nel dettaglio questi punti, attingendo alla relazione del Senato:

« Il presidente BERSELLI, nell’avvertire che si passerà all’illustrazione dei subemendamenti all’emendamento 1.707, sollecita l’attenzione dei colleghi su questa disposizione, osservando come in questo caso si trovi di fronte al problema di un grave travisamento da parte dell’opinione pubblica e degli organi di informazione circa gli scopi di questo emendamento, che è stato da più parti presentato come una sorta di disposizione favorevole ai pedofili, proposta sulla base di fantomatiche pressioni da parte di ambienti vaticani, e sarebbe pertanto opportuno lavorare in vista di una formulazione che non lasciasse dubbi sulle reali intenzioni dell’emendamento.
Il relatore CENTARO (PdL) ricorda che l’emendamento è stato presentato sostanzialmente per ragioni di armonia del sistema: infatti, come è noto, l’articolo 380 del codice di procedura penale non prevede il reato di atti sessuali con minorenni, di cui all’articolo 609-quater, fra quelli per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza, mentre lo prevede per la violenza sessuale, di cui all’articolo 609-bis, escludendo però la predetta obbligatorietà per i casi di minore gravità: era quindi logico che, una volta inserito il reato di cui al 609-quater fra quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, che venisse prevista un’analoga causa di esclusione. »

Traduzione: in origine il c.p.p. prevedeva l’arresto in caso di atti tra maggiorenni, mentre non lo prevedeva per quelli tra minorenni. A questa mancanza è stato posto rimedio, ma in modo asimmetrico: per i maggiorenni, infatti, la legge prevedeva già la non obbligatorietà dell’arresto per i casi “di minore gravità” (quelli non violenti) mentre per i minorenni, no.

[Ndr. Preciso meglio: l’obbligo di arresto è previsto dall’art. 380 c.p.p. comma 2 lettera d-bis) per i reati di violenza sessuale, escludendo – già ora! – i casi di minore entità. Col comma 22 del ddl 1611 in discussione veniva aggiunto l’obbligo di arresto anche per il reato di atti sessuali (non violenza sessuale). Ma si erano dimenticati di escludere anche per questo reato i casi di minore entità, come per la violenza sessuale.  Così che ci sarebbe stato l’assurdo per cui conveniva dire che c’era violenza anche se non c’era stata].

La cosa viene spiegata da un senatore del Partito Democratico, non certamente filogovernativo, che pur criticando la forma riconosce la bontà delle intenzioni:

« Dopo un intervento del senatore CASSON (PD), il quale ritiene che il problema che ha determinato la presentazione dell’emendamento, e cioè la necessità di evitare l’arresto obbligatorio in caso di rapporti fra adolescenti… »

Seguono le valutazioni nel merito – su cui sorvolo, tanto ho linkato la relazione completa – da cui però emerge non una barricata a difesa dei fanciulli minacciati dagli orchi berlusconiani avidi di vittime per i loro amici preti, bensì una banale critica sulla formulazione del testo con richiesta di accantonarlo provvisoriamente per giungere ad una versione che, pur mantenendo la distinzione tra atti di pedofilia vera e propria e intimità tra minorenni, eviti fraintendamenti che possano aprire pericolose scappatoie.

« Dopo interventi della senatrice DELLA MONICA (PD) e del senatore CASSON (PD), i quali ritengono che il problema possa essere meglio affrontato intervenendo sul codice penale, la senatrice FINOCCHIARO (PD) osserva come, per quanto riguarda l’articolo 609-bis, la questione della minore gravità si riferisce essenzialmente alla condotta del reato, e di fatto si ricollega alla caduta della distinzione fra due diversi tipi di reato a seconda che si fosse consumata o meno la congiunzione carnale, distinzione che ricorreva prima della riforma del 1996, con i reati rispettivamente puniti dagli abrogati articoli 519 e 521 del codice penale.


Nel caso però dell’articolo 609-quater questo problema si sovrappone a quello dell’età dei soggetti coinvolti e della necessità di non criminalizzare i rapporti fra adolescenti, problema che all’epoca venne risolto in maniera probabilmente insoddisfacente e poco elastica; del resto non è solo in questa circostanza che ella si è posta il problema di come modificare il terzo comma dell’articolo 609-quater, una questione certamente di non facile soluzione. »
La replica evidenzia che anche la scelta di intervenire sul Codice Penale ha i suoi rischi, ma soprattutto fa un esempio concreto di cosa sia un atto “di minore gravità”:

« Il relatore CENTARO (PdL) osserva come gli interventi sul codice penale, magari opportuni, rischiano di lasciare irrisolte alcune questioni che il suo emendamento si proponeva di riservare alla prudente valutazione del giudice. Ad esempio, laddove si decidesse di allargare la sfera di non punibilità per i minorenni, resterebbe il rischio di dover disporre l’arresto obbligatorio per un ragazzo di 18 anni sorpreso ad accompagnarsi con una tredicenne.

Il senatore LONGO (PdL) rileva come nell’affrontare questa materia si debba tener conto del fatto che, a seguito della soppressione della distinzione tra violenza carnale e atti di libidine violenta, negli ultimi 14 anni la giurisprudenza ha elaborato una nozione estremamente lata di atti sessuali, il che induce a valutare con attenzione le conseguenze che avrebbe la mancata valutazione, ai fini dell’obbligatorietà dell’arresto in flagranza dell’esistenza di ipotesi di minore gravità. »

In particolare, l’intervento di Longo evidenzia la differenza tra “violenza carnale” e “atti sessuali”; riferendoci ai maggiorenni (per i quali la legge è già completa) va ricordato, infatti, che tra gli “atti sessuali” sono compresi la mano morta, la carezza, i fischi d’apprezzamento e in certi casi addirittura gli sguardi indiscreti. Tutti “atti” che sono indubbiamente di “minore gravità” rispetto ad uno stupro; e non sarebbe sensato prevedere l’arresto obbligatorio per aver fischiato al passaggio di una bella ragazza…

A questo punto, evidenziata la complessità della materia e la non precisa formulazione che potrebbe dar adito a fraintendimenti, viene proposto di ridiscuterne in seguito. La proposta è ragionevole e viene prontamente accolta.

La questione, in Senato, finisce così; inizia la campagna di criminalizzazione a mezzo internet…

Il che riporta al concetto dell’uso incontrollato di internet come pericolo per la democrazia, altra materia delicatissima che prima o poi dovrà essere affrontata seriamente. Perché se è così facile creare mostri da additare al pubblico disprezzo, è altrettanto facile manipolare l’opinione pubblica (e quindi gli elettori) attraverso la diffusione di “notizie false e tendenziose” come questa…

Una cosa possiamo farla noi utenti fin da subito, però: evitare di diffondere appelli clamorosi senza aver verificato adeguatamente le fonti e cercare di smontare quelli diffusi da altri. Ad esempio linkando questa nota…

PS) Tutto il testo del famigerato emendamento 1.707 (riportato tra gli allegati nel primo link) si riduce a questa frase: “Al comma 22, dopo le parole: «dall’articolo 609-quater» inserire le seguenti: «, escluso il caso previsto dal quarto comma».” riferita all’articolo del Codice Penale riportato nel secondo link.

[Fonte]

Non sentirete mai qualcuno che nega l'esistenza della Pas sostenere che i figli hanno diritto ad entrambi i genitori

La PAS – o “Sindrome di Alienzazione Parentale” – è una malattia o non è una malattia?

Il problema di voler decretare la “non scientificità della PAS” -una posizione epistemologica discutibile quanto da discutere in dibattiti specialistici- spesso occulta, infatti, la volontà di non prendere in alcuna considerazione i gravi problemi psicopatologici che i comportamenti di questi genitori creano nei figli.

Che la “PAS” sia o no una malattia, ovvero frutto di un comportamento insensato di uno o entrambi i genitori, non conta nulla: quello a cui si deve dare grave attenzione, sono le ripercussioni che l'”amputazione di un genitore” (utilizzo l’ottimo linguaggio dello psichiatra Gianmaria Benedetti, di Firenze) crea nel minore travolto da un sistema conflittivo, nel quale spesso non si capisce se sono i genitori, i legali, i consulenti di parte, o tutti insieme, a creare un contesto patogenizzante.

Si può anche sperare di riuscire ad elencare le prove per cui la PAS non è una malattia. Ma questo che significa? Fregarsene delle tragedie provocate nei minori?

In sintesi, sembra curioso che tutti vogliano dibattere se la PAS è o no una malattia, ma non si preoccupano di evitare le conseguenze delle conflittualità in corso di separazione. Ad esempio Mi sembra strano: molti si preoccupano dei bambini che finiscono sotto il Ritalin, ma -quando si parla di PAS- nessuno si preoccupa di quelli che finiscono sotto la carta bollata di avvocati e periti di parte.

Per questo ritengo che la querelle sulla PAS come malattia o no nasconda interessi di parte, vuoi anche ideologici. O, come a volte ho constatato, gravi problemi personali.

In realtà, la discussione sulla Pas come malattia o come malattia inventata e inesistente, sembra essere solo un ulteriore modo per guadagnare -come psicologi, come psichiatri, come legali o come periti- dalla conflittualità genitoriale.

Negare il “valore scientifico” alla PAS sembra essere infatti il cavallo di battaglia di nuovi sedicenti esperti che, in tal modo, si accattivano le simpatie ed il consenso, anche economico, di quei genitori i cui figli, guarda caso, non vogliono incontrare l’altro genitore.

Detto in altri termini, dibattere sulla esistenza o meno della PAS è un ulteriore modo per cercare consensi e guadagni da un sistema che vive di conflitti e non garantisce ai bambini un adeguato rapporto con entrambi i genitori.

Non sentirete mai, infatti, qualcuno che nega l’esistenza della Pas come patologia sostenere che, comunque, i figli hanno diritto ad entrambi i genitori.

Ed è da qui che si scopre l’intenzione di questi “esperti”

Gaetano Giordano

 

http://mobbing-genitoriale.blogspot.com/2011/02/la-pas-o-sindrome-di-alienzazione_22.html

Affido condiviso bis. Un bene per tutti. Uomini donne e minori

Dal rifiuto di un “diritto sessuato” e della cristallizzazione istituzionale dei ruoli di genere, alla contestazione di un esproprio al “buio” delle risorse di una persona a favore di un’altra. Quello che molti genitori separati chiedono è, in fondo, “no taxation without representation”

Tra le ragioni per le quali questa legislatura merita di andare avanti fino alla sua scadenza naturale c’è sicuramente il nuovo disegno di legge sull’affido condiviso, che andrebbe ad integrare la precedente legge approvata nel 2006 – molto avanzata nei contenuti, ma tradita quasi sistematicamente in fase di applicazione.

Si tratta di un tema di notevole importanza, in quanto sono sempre più i matrimoni che si concludono con un divorzio o con una separazione. A fronte di questa situazione de facto, c’è stato a lungo un ritardo nell’elaborazione di un quadro di norme che consentissero di gestire la fine di un rapporto di coppia in termini coerenti con un concetto moderno di genitorialità e con l’innegabile evoluzione che i ruoli di genere hanno avuto negli ultimi decenni.

Abbiamo voluto parlarne, pertanto, con il prof. Marino Maglietta, presidente dell’associazione Crescere Insieme ed estensore tanto del progetto originario della legge 54/2006, quanto della nuova proposta.

Il professore ci tiene da subito a sgombrare il campo da una lettura della questione affidamento come mera rivendicazione maschile. “Piuttosto, l’affido condiviso viene incontro a tutti gli elementi ‘sani’ di una famiglia. In primo luogo il minore, che ha la possibilità di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori. Poi quei padri che si vedono ingiustamente privati della possibilità di occuparsi dei figli e che vengono ridotti ad una semplice fonte economica. Infine le donne che saranno beneficiate in termini di opportunità personali da una più equa ripartizione degli oneri diretti di cura”.

Da un lato si introduce il concetto di doppio domicilio e si prevede che il minore permanga per un tempo comparabile – tendenzialmente, ma non rigidamente, paritetico – con entrambi i genitori. Sia il padre che la madre pertanto sono chiamati a prendersi cura personalmente del bambino; nessuno dei genitori viene “espulso” dalla sua vita.

Dall’altro cambiano completamente le forme con le quali viene assicurato il mantenimento economico. Infatti, nell’affidamento esclusivo tradizionale, il coniuge non affidatario trasferisce un assegno al coniuge affidatario che ne dispone in modo sostanzialmente libero, senza che il primo possa entrare assolutamente nel merito di come i soldi vengono spesi. Nel nuovo modello, invece, sia il padre che la madre mantengono “direttamente” il figlio, ciascuno per i capitoli di spesa che gli sono assegnati. Per tali capitoli ogni genitore paga e decide.

L’impegno economico richiesto al padre e alla madre è proporzionale alla rispettiva capacità economica, e l’eventuale differenza di risorse viene tipicamente gestita giocando sulla ripartizione dei capitoli.

In buona sostanza l’assegno non è più necessario. Esso permane solo qualora ci sia uno squilibrio molto forte tra i due redditi, nel qual caso una perequazione preliminare resta necessaria perché il coniuge meno abbiente possa adempiere anche lui alla sua parte di mantenimento diretto; ovvero quando gli impegni lavorativi costringano un genitore a rinunciare alla gestione diretta e a farsi supplire dall’altro.

Il principio del mantenimento diretto e dei capitoli di spesa è un tratto distintivo della via italiana all’affido condiviso e pone teoricamente il nostro modello all’avanguardia anche rispetto a paesi in cui l’idea della bigenitorialità è da più tempo consolidata. “Dal mio punto di vista – spiega il professore – il mantenimento diretto è una questione fondamentale ed il fattore che può maggiormente garantire che un affidamento condiviso lo sia davvero”.

Incidentalmente, un effetto della riforma sarebbe quello di disaccoppiare la questione dell’assegnazione della casa familiare da quella dell’affido del minore – nel momento in cui in linea di massima egli è destinato ad abitare per un tempo comparabile con entrambi i genitori.

Infatti, non di rado, in caso di assegnamento esclusivo, la lotta per il figlio nasconde la battaglia per il controllo dell’abitazione, che, ottenuto l’affidamento, da esso discende automaticamente.

La legge 54/2006 approvata alla fine della XIV legislatura poteva già sancire una storica svolta ed archiviare il modello di affidamento esclusivo così come l’avevamo conosciuto fino a quel momento.  Purtroppo qualcosa è andato storto ed ha fatto sì che già nel 2008 dovesse essere depositato un nuovo disegno di legge in Senato (n.957 con primo firmatario il sen. Giuseppe Valentino) per regolamentare ulteriormente la materia.

Maglietta ricostruisce le ragioni del fallimento della normativa del 2006, in termini di effettiva efficacia. “Purtroppo in fase di dibattito parlamentare la legge è stata indebolita da una serie di emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno introdotto dei varchi di cui in modo malizioso gli operatori del diritto si sono poi serviti per tradire lo spirito della normativa”. Tra questi il riferimento ad un generico “interesse del minore” in nome del quale i giudici hanno potuto derogare a piacere rispetto alle prescrizioni della legge.

E’ così che la percentuale di affidi condivisi stabiliti dalle Corti  (78%) è stata inferiore alle attese, ma soprattutto laddove l’affido condiviso è stato concesso, esso è stato quasi sempre svuotato di significato. Si è inventato il concetto di “genitore collocatario”, non previsto dalla normativa, e si sono stabiliti assegni e tempi di visita per il genitore “non collocatario”, secondo la stessa ottica in vigore prima della legge.  Tra l’altro la previsione di un genitore in qualche modo “prevalente” tende a generare una contesa tra  i coniugi per ottenere anche un solo pernottamento in più del figlio, onde vedersi attribuita la casa in virtù di ciò.

“E’ per questo – spiega Maglietta – che è indispensabile che il parlamento rimetta mano alla questione per “blindare” l’effettiva applicazione buy prescription drugs dell’affido condiviso da parte dei Tribunali.”

La nuova formulazione renderà inequivoci ed ineludibili i concetti di doppio riferimento abitativo e di mantenimento diretto ed in ogni caso chiarificherà come la scelta tra affidamento condiviso ed affidamento esclusivo non è a discrezione del giudice, ma che l’esclusione di un genitore dall’affidamento è possibile solo in presenza di una sua dimostrata pericolosità nei confronti dei figli.

Il disegno di legge sarà discusso in Senato in autunno, con relatrice Alessandra Gallone, dopodiché approderà alla Camera. Sulla carta l’ampia trasversalità dell’iniziativa dovrebbe consentire un percorso agevole, ma la storia della 54/2006, approvata quasi all’unanimità ma solo dopo essere stata depotenziata da numerosi emendamenti, obbliga alla prudenza.

“La presenza di una maggioranza di centro-destra – riconosce il presidente di Crescere Insieme – gioca a favore, considerando che la precedente legge è stata finalizzata durante il governo 2001-2006 della Casa delle Libertà, mentre si era arenata nella legislatura precedente a maggioranza ulivista. E’ innegabile che le resistenze talora esplicite di alcuni settori del centro-sinistra abbiano rappresentato un fattore che ha spostato, in questi anni, le preferenze elettorali di molti genitori”.

Purtroppo – seguita il professore – la sinistra tende sovente a delegare la titolarità su certe questioni ad una minoranza veterofemminista che non è rappresentativa neppure della sua stessa base. E questo è un grave errore sia tecnico che politico.”

Peraltro, si tratta di un femminismo autolesionista e autocontraddittorio, in quanto finisce per privilegiare la rendita di posizione legata ai ruoli sessuali tradizionali, piuttosto che il superamento degli stessi ed i vantaggi che deriverebbero per le donne se gli uomini contribuissero maggiormente alla cura diretta dei figli.

Paradigmatiche (e a loro modo agghiaccianti), da questo punto di vista, le considerazioni della Commissione Nazionale Parità che nel 2002 stigmatizzava l’affido condiviso come un progetto nato “dall’esigenza di contendere alle donne il possesso e il potere sui figli e sulla gestione del denaro attribuendo analogo possesso e potere agli uomini” e “ispirato a contendere alle donne la funzione materna attraverso un potere di controllo e di intervento del giudice”.

Questo non vuol dire, naturalmente, che anche nel mondo politico di sinistra l’affido condiviso non abbia ricevuto prestigiosi sostegni, ma questi non sempre sono stati sufficienti a modellare la linea complessiva.

Maglietta spiega, ad ogni modo, che le personalità che si sono nel tempo mobilitate negli anni a favore della riforma attraversano proprio tutto lo spettro politico, da AN e Lega fino a Rifondazione Comunista.

Oltre al carattere bipartisan, è poi certo significativo il fatto che l’approccio bigenitoriale nell’affidamento riscuota consensi largamente favorevoli tanto tra gli uomini quanto tra le donne. Questo è sicuramente un merito del taglio gender-inclusive che è stato scelto.

Un gruppo di pressione che ha lavorato contro la riforma è, invece, l’avvocatura, che in ottica corporativa ritiene – probabilmente a torto – di avere da perdere da una formulazione equilibrata del diritto di famiglia. Non è un caso che sia l’Organizzazione Unitaria degli Avvocati, sia l’Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia abbiano preso una posizione di aperta ostilità contro la legge sull’affido condiviso. E’ proprio dall’azione di questa lobby che potrebbero venire brutte sorprese in parlamento.

Poi, naturalmente, c’è sempre da combattere contro quella mentalità conservatrice ancora invalsa tra alcuni parlamentari che fa ritenere inconcepibile che “un padre riesca a preparare un pasto caldo”.

Insomma, le insidie – inutile nasconderselo – ci sono, inclusa la possibilità di una fine anticipata della legislatura che riazzererebbe il percorso del disegno di legge. Tuttavia la posta in gioco è alta. L’affido condiviso – se correttamente applicato – equivale ad una rivoluzione copernicana nella gestione delle separazioni e ciò è un fatto di per sé notevole, in un paese come il nostro così restio all’innovazione sociale e così soggetto, in generale, alla tirannia dello status quo.

C’è da augurarsi quindi che nei prossimi mesi il nuovo disegno di legge possa trovare il più ampio sostegno. Le sue implicazioni culturali sono profonde e – ci si consenta di osservare – molto liberali. Dal rifiuto di un “diritto sessuato” e della cristallizzazione istituzionale dei ruoli di genere, alla contestazione di un esproprio al “buio” delle risorse di una persona a favore di un’altra. Quello che molti genitori separati chiedono è, in fondo, “no taxation without representation”.

La nuova legge darà loro una risposta. All’impegno economico che legittimamente è loro richiesto corrisponderà una presenza effettiva – in termini di cura e di scelte educative – nella vita dei loro bambini.

[Fonte: childrenfree.wordpress.com]