Un interesse superiore del minore ormai privo di qualsiasi contenuto reale

“Sia le donne che gli uomini possono essere crudeli. L’unica cosa di cui un bambino ha davvero bisogno, i suoi genitori assieme sotto lo stesso tetto, viene minata dall’ideologia che dice di difendere i diritti delle donne.”  avvertiva Erin Pizzey, fondatrice del primo centro antiviolenza per donne vittime di maltrattamenti ed esperta di tematiche legate alla violenza domestica.

Parole forse inutili quelle della Pizzey, parole e appelli comunque inascoltati i suoi. Quanti crimini, quanti saccheggi, quanta ingiustizia, invece, sono stati perpetrati al riparo di questo  slogan abusato – l’interesse superiore del minore appunto – nel corso di interi decenni avendolo ormai (o forse da sempre) svuotato di qualsiasi reale contenuto.

Quante volte e per quanto tempo, invece, l’interesse vero dei bambini è stato la leva di battaglie di tutt’altro ordine e genere. A cominciare da quelle per i diritti femminili anni 70 dove i figli diventarono figli di una guerra senza luce e senza pietà nel naufragio di matrimoni iniziati e terminati spesso nel giro di pochi anni.

Quelle che si consumano all’interno delle separazioni sono guerre ignobile e terribili, che raccontano la folle crudeltà di un sistema che attraverso la “giustizia” riesce a creare solo dolore e ingiustizia.

Una vera cattiveria umana vissuta sulla pelle di adulti e bambini e sostenuta da un sistema folle come quello che nei nostri paesi dovrebbe garantire per prima cosa “giustizia” ai bambini, e che invece la prima cosa che regala loro è il conflitto e le relative tragedie.

Ci sono tanti genitori che, a causa di questa logica folle, hanno perso ogni contatto con i propri figli. Casi nei quali si evidenzia tutta la paradossalità della nostra cultura – una cultura che vive nella logica di identificare nelle separazioni e nel conflitto la soluzione ai conflitti e alle separazioni.

La nostra – in altri termini – è una cultura che considera normale il fare la guerra contro la guerra, o combattere la violenza con altre violenze: una logica della contrapposizione che implica solo la contrapposizione e la scissione come soluzioni alle contrapposizioni e alle scissioni.

Una cultura che non punta mai ad accrescere e integrare ciò che appare separato e in conflitto.

Ci sono figli che, in seguito alle lotte (spontanee ma piu’ spesso fomentate) fra i genitori, vengono portati per sempre in altri stati, bambini letteralmente rapiti ad un loro genitore, un genitore che oggi forse loro stessi non conoscono e non ricordano più, e che vivono all’estero, in terre assolutamente lontane.

Moltissimi i bambini italiani cui viene reso impossibile per anni incontrare uno dei due genitori.

Siamo una cultura che vive di leggi e sentenze, ma nessuno di noi vuole rispettarne davvero una, se non è quella che gli conviene. Impedire ad un figlio di frequentare l’altro genitore è un comportamento che in realtà crea una lesione profondissima dell’equilibrio di un bambino che sarà sempre un adulto amputato.

Per contro il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, implica una violazione degli obblighi di assistenza familiare: per il nostro codice e la nostra magistratura, dunque, si accudisce un bambino solo dando i soldi. Poi, si può pure sparire, o fargli sparire un genitore, e non si commette reato.

Sono tragedie disumane, queste, e ogni volta che un bambino è costretto a perdere un genitore muore un mondo.

Ma noi viviamo in una cultura che non solo è indifferente a questo, ma che addirittura ne trae profitto: il contenzioso per l’affido dei figli genera decine di milioni di euro l’anno, e nessuno vuole rinunciarci: né le lobby professionali, né coloro che traggono altri profitti, più o meno indiretti, da tutto questo.

Ci sono intere categorie che traggono potere e denaro dal permanere di questo clima di continua conflittualità nella nostra società.

Non parlo solo degli avvocati, ma anche di chi si occupa di assistenza sociale, chi si occupa di perizie, chi ha case famiglie dove ospitare i bambini vittime del disagio genitoriale.

Sono in tanti a guadagnare dalle tragedie che triturano il cuore dei bambini.

Di fronte all’immane tragedia della realtà familiare occidentale c’è chi adesso è pronto a giurare che ciò che manca è il Padre interno, quindi la capacità di crescere e di non essere figli in accontentabili e privi di regole. Figli in accontentabili, viziati, incapaci di trovare un Senso e un Logos nell’esistenza capace di definirci attraverso limiti e non soltanto bisogni.

Del resto gli stessi figli vengono ridotti a optional del passatempo, e buttati in un cassonetto se considerati un peso, un ostacolo, o anche i testimoni di una vita non goduta: la madre figlicida è sempre considerata incapace di intendere e volere, al contrario del padre figlicida che viene sempre considerato colpevole perchè capace di intendere e volere, proprio perché il figlio è considerato sempre più una cosa destinata solo ad allietare e gratificare un’esistenza.

Il Padre è una figura fondamentale, presente, come lo è quella della Madre, archetipicamente nella psiche di tutti, una figura che ci guida nel mondo mediante regole senza le quali siamo persi, che ci dà la capacità di elaborare il dolore, che ci dà stima e forza in noi stessi, e ci regala la voglia, e la possibilità, di guardare in alto, e oltre, alla ricerca di nuovi domini e nuove dimensioni da affrontare.

Perdere il Padre interno, ma anche quello esterno, vuole dire perdere il diritto alla vita, al confronto con l’esistenza, alla possibilità di vivere la propria autonomia come autonomia e non come desideri che qualcun altro ci deve soddisfare, lasciandoci alla nostra impotenza.

Chi rispondera’ di tutto questo?
Quando riusciremo a porre la parola fine al massacro?

Le domande appaiono lecite.
Le risposta, invece, ancora e nonostante tutto, tardano a venire.

gf

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Non sentirete mai qualcuno che nega l'esistenza della Pas sostenere che i figli hanno diritto ad entrambi i genitori

La PAS – o “Sindrome di Alienzazione Parentale” – è una malattia o non è una malattia?

Il problema di voler decretare la “non scientificità della PAS” -una posizione epistemologica discutibile quanto da discutere in dibattiti specialistici- spesso occulta, infatti, la volontà di non prendere in alcuna considerazione i gravi problemi psicopatologici che i comportamenti di questi genitori creano nei figli.

Che la “PAS” sia o no una malattia, ovvero frutto di un comportamento insensato di uno o entrambi i genitori, non conta nulla: quello a cui si deve dare grave attenzione, sono le ripercussioni che l'”amputazione di un genitore” (utilizzo l’ottimo linguaggio dello psichiatra Gianmaria Benedetti, di Firenze) crea nel minore travolto da un sistema conflittivo, nel quale spesso non si capisce se sono i genitori, i legali, i consulenti di parte, o tutti insieme, a creare un contesto patogenizzante.

Si può anche sperare di riuscire ad elencare le prove per cui la PAS non è una malattia. Ma questo che significa? Fregarsene delle tragedie provocate nei minori?

In sintesi, sembra curioso che tutti vogliano dibattere se la PAS è o no una malattia, ma non si preoccupano di evitare le conseguenze delle conflittualità in corso di separazione. Ad esempio Mi sembra strano: molti si preoccupano dei bambini che finiscono sotto il Ritalin, ma -quando si parla di PAS- nessuno si preoccupa di quelli che finiscono sotto la carta bollata di avvocati e periti di parte.

Per questo ritengo che la querelle sulla PAS come malattia o no nasconda interessi di parte, vuoi anche ideologici. O, come a volte ho constatato, gravi problemi personali.

In realtà, la discussione sulla Pas come malattia o come malattia inventata e inesistente, sembra essere solo un ulteriore modo per guadagnare -come psicologi, come psichiatri, come legali o come periti- dalla conflittualità genitoriale.

Negare il “valore scientifico” alla PAS sembra essere infatti il cavallo di battaglia di nuovi sedicenti esperti che, in tal modo, si accattivano le simpatie ed il consenso, anche economico, di quei genitori i cui figli, guarda caso, non vogliono incontrare l’altro genitore.

Detto in altri termini, dibattere sulla esistenza o meno della PAS è un ulteriore modo per cercare consensi e guadagni da un sistema che vive di conflitti e non garantisce ai bambini un adeguato rapporto con entrambi i genitori.

Non sentirete mai, infatti, qualcuno che nega l’esistenza della Pas come patologia sostenere che, comunque, i figli hanno diritto ad entrambi i genitori.

Ed è da qui che si scopre l’intenzione di questi “esperti”

Gaetano Giordano

 

http://mobbing-genitoriale.blogspot.com/2011/02/la-pas-o-sindrome-di-alienzazione_22.html