Torna dal padre il bambino di Cittadella. Ecco il decreto.

La Corte di Appello di Brescia si è di nuovo pronunciata sul “bambino di Padova”.
E ha disposto che ritorni a essere collocato presso il padre.
Alla madre è stata negata, al momento, la reintegra della potestà genitoriale.
La Corte d’Appello ha riconosciuto che la PAS è un Disturbo Relazionale come tale incluso nel DSM IV.

madre1

DECRETO

Nel procedimento n. °**. promosso da -MADRE- rappresentata e difesa dall’avv.to *** del foro di *** e dall’Avv.to **** del foro di ***;
contro

-PADRE- , in proprio;
con l’intervento del Procuratore Generale presso questa Corte, ****; ****, madre del minore XY XY, nato a **** il ****, con ricorso depositato il **** ha riassunto avanti a questa corte il procedimento conclusosi innanzi la Corte d’Appello di Venezia in data °°°°° ed impugnato davanti alla Corte di Cassazione, annullato dalla stessa in data °°°° con rinvio alla Corte.

La -MADRE- premesso di essersi separata consensualmente dal marito – PADRE – ; che la separazione veniva omologata dal Tribunale di **** nel febbraio del 2**** ; che le condizioni concordate dai coniugi prevedevano l’affidamento esclusivo del bambino alla madre con diritto di visita del padre secondo modalità più estese al progredire dell’età del bambino; che la frequentazione con il padre cessava completamente nel 2008; che il – PADRE – presentava ricorso al Tribunale per i Minorenni di Venezia chiedendo la decadenza della madre dalla potestà sul figlio e provvedimenti diretti a favorire la ripresa della frequentazione del predetto con il padre; che la madre, pur ammettendo che -FIGLIO- si rifiutava di vedere il padre, respingeva le accuse di esserne la causa; che veniva disposta CTU con nomina dello psichiatra e psicoterapeuta Dott. ***; che il predetto ravvisava la sussistenza della sindrome di alienazione genitoriale ( PAS ); che il tribunale adito con decreto22/12 ottobre 2009 dichiarava la decadenza della -MADRE- dalla potestà genitoriale, affidando il bambino al Servizio Sociale del Comune di °°° per la predisposizione di un progetto diretto alla riattivazione dei rapporti dello stesso con il padre; che successivamente con ricorso in data 6.7.2010 il – PADRE – presentava un altro ricorso al Tribunale per i Minorenni di °°° chiedendo l’allontanamento del figlio dal contesto familiare materno con collocamento dello stesso presso di sé o altri famigliari o un ambiente terzo, nonché la sostituzione del Servizio Sociale di °°°° con altro servizio, lamentando l’incapacità del primo di assolvere il compito assegnatoli con il precedente decreto; che essa -MADRE- si era costituita anche in tale procedura negando ogni sua responsabilità in ordine al rifiuto del figlio di vedere il padre e chiedendo da una parte i più opportuni provvedimenti per proseguire nel percorso di riavvicinamento tra i predetto e dall’altra la sua reintegra nella potestà genitoriale ;che il tribunale per i Minorenni con decreto reso in data 10.12.10 rigettava quest’ultima domanda , nominava il Servizio Sociale del Comune di **** in sostituzione di quello di °°°° al quale conferiva il preciso compito di sostenere i genitori ed il bambino nel progetto di riavvicinamento padre-figlio, regolando nel contempo tempi e modalità di questi rapporti; che questo secondo decreto veniva impugnato dal -PADRE- avanti alla Corte d’appello di Venezia- sezione minorenni chiedendo che si disponesse altra CTU sul bambino; che questi venisse allontanato dalla madre e dalla famiglia materna cui veniva addebitata l’aggravarsi della PAS, venisse mantenuto l’affidamento al Servizio Sociale del Comune di **** per affidarlo successivamente al genitore ritenuto più idoneo, preferibilmente il padre; che venisse nel frattempo disposto ogni più utile provvedimento; che essa -MADRE- si costituiva anche in questa procedura e con reclamo incidentale chiedeva la reintegra nella potestà, pur concordando nella necessità di attività di sostegno da parte del servizio sociale incaricato ed autorizzando la valutazione neuropsichiatria del figlio; che i servizi sociali depositavano nel corso del giudizio tre relazioni di aggiornamento e la corte disponeva nuova CTU affidata al dott. °°°° per valutare se il permanere nell’ambiente materno aggravasse ulteriormente la salute del bambino e quale potesse essere il pregiudizio conseguente ad una diversa sua collocazione con indicazione delle più opportune modalità di attuazione; che in data 13.7.2012 veniva emesso il decreto successivamente impugnato in cassazione con il quale veniva revocato il collocamento del bambino presso la madre, veniva disposto il suo allontanamento dalla stessa e dalla famiglia materna e lo stesso veniva affidato al padre, con inserimento temporaneo in struttura residenziale educativa; che detto decreto veniva impugnato per violazione del contraddittorio ed omessa motivazione sulla sussistenza della Sindrome di Alienazione Parentale, punto controverso e decisivo della causa; che il – PADRE – in tale sede chiedeva la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ed il rigetto nel merito; che dopo l’annullamento con rinvio del provvedimento de quo in data 5.4.2013 veniva depositata avanti la Corte di Brescia un’istanza urgente finalizzata ad ottenere inaudita altera parte l’ordine alla scuola elementare di **** di nulla osta per l’iscrizione di -FIGLIO- alla scuola elementare di °°°°; che detta istanza veniva dichiarata inammissibile per mancata riassunzione della causa principale; che veniva comunque fissata l’udienza del 19.4.2013; ciò premesso, contestando il fondamento della diagnosi di PAS attraverso le argomentazioni già svolte nel ricorso per cassazione e fatto presente che il bambino è tornato a vivere con la madre, la predetta chiede oltre al nulla osta per l’iscrizione presso la scuola elementare di °°°° ( istanza decisa all’udienza del 19 aprile con il rigetto della medesima), la reintegra nella potestà genitoriale nei confronti del figlio, il rigetto del reclamo del marito avverso il decreto del Tribunale per i Minorenni di Venezia, la definizione dei tempi e modalità degli incontri di -FIGLIO- con il padre, incaricando i Servizi Sociali di **** per seguirne l’attuazione, vittoria di spese e competenze dei gradi di giudizio.

Il – PADRE – si è costituito e ribadisce il contenuto dei suoi scritti precedenti con i quali sosteneva che l’atteggiamento di rifiuto nei suoi confronti espresso dal figlio era addebitabile al comportamento materno ed alla famiglia della -MADRE- che ripetutamente frapponeva ostacoli alla frequentazione del padre da parte del figlio sino al provvedimento della corte d’appello veneziana che favoriva con l’allontanamento dello stesso dalla casa materna la ripresa del dialogo.
Il resistente richiama l’inserimento della PAS nel DSM IV, sezione problemi relazionali, ne sottolinea il carattere psicopatogenetico e sottolinea la gravità del comportamento materno, rivelatosi ostruzionistico anche dopo la cassazione dl provvedimento veneziano; atteggiamento contrario alle prescrizioni dei Servizi Sociali, impeditivo dei rapporti con il figlio stabiliti dal programma, allontanamento del medesimo dalla scuola di **** e tentativo improprio di iscriverlo a quella di °°°°. Conseguentemente chiede l’allontanamento del minore dalla madre e dalla famiglia della predetta, l’affidamento in via esclusiva al padre ed il collocamento presso di sé, la ripresa del sostegno psicologico interrotto, l’incarico del Servizio Sociale di **** di regolamentare i rapporti madre-figlio, disposizione di un assegno di mantenimento del figlio da porsi a carico della madre, rigetto della domanda di reintegra della medesima nella potestà genitoriale, vittoria di spese.

Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo una nuova consulenza, ed in attesa degli esiti della stessa, che il minore rimanga collocato presso la madre -MADRE- **** al fine di permettere la conclusione del corrente anno scolastico e rimanga affidato al servizio Sociale di **** per favorire il riavvicinamento al padre – PADRE – *** ;

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’ammissibilità del ricorso inquadrando le domande del – PADRE – che aveva adito l’autorità giudiziaria dopo il provvedimento di decadenza della -MADRE- nei confronti del figlio ( decreto del 2009) adducendo un inasprimento della sua condotta, responsabile dell’avversione del minore nei suoi confronti tanto da rendere necessario un cambiamento di collocamento ed affidamento del predetto, nell’ambito del mutamento delle condizioni della separazione riguardanti la regolamentazione del regime di affidamento , del tutto svincolata dagli aspetti inerenti all’applicazione degli artt.330 e ss. cod. civ.

Il provvedimento della Corte territoriale veneziana è stato cassato per vizio di motivazione su di un punto decisivo e controverso della causa, vale a dire per non avere affrontato il tema dell’attendibilità scientifica della teoria posta alla base della diagnosi di sindrome da alienazione parentale, pur avendo posto la consulenza di cui richiama ampi brani nella sua motivazione a fondamento della decisione.

La corte di legittimità, nel rinviare alla corte territoriale bresciana il procedimento richiama le critiche avanzate dal mondo scientifico e dalla stessa difesa della -MADRE- e prescrive di verificare il fondamento della teoria richiamata dalla ctu.

La difesa della ricorrente sostiene che la teoria della PAS risalente a Gardner e seguita in Italia da alcuni autori come il prof. Gulotta e le dott. Cavedon e Liberatore richiama otto elementi significativi per l’individuazione della ritenuta psicopatologia, dei quali la Ctu °°°° ne individua sei in -FIGLIO- , pervenendo alla infausta diagnosi sulla quale si fonda il provvedimento cassato.

Dal riscontro di questi sigma l’esperto dimostra la manipolazione materna in danno del minore, senza alcun riferimento al comportamento della -MADRE- .

Inoltre dalla rilevazione di una malattia che viene contestata sarebbe scaturito un atteggiamento salvifico paterno che avrebbe indotto il – PADRE – ad un atteggiamento connotato da aggressività ed ossessività al punto da presentare oltre venti denunce penali nei confronti della moglie.

Pertanto sarebbe stata la errata diagnosi di PAS, stato patologico inesistente, a scatenare il conflitto tra i genitori e a diventare essa stessa causa del conflitto, moltiplicando la drammaticità della situazione in cui vi sarebbe , senza alcuna prova, un genitore vittima ( genitore bersaglio ) di un genitore criminale ( genitore alienante) ed un figlio affetto da psicopatologia.

Di conseguenza anche la terapia proposta, vale a dire l’interruzione in maniera radicale di ogni rapporto del genitore alienante con il minore sarebbe del tutto priva di fondamento scientifico e nel caso in esame avrebbe prodotto grande frustrazione nel bambino.

Secondo la parte resistente, – PADRE – , la comunità scientifica riconosce in modo pressoché unanime questo disturbo relazionale psicopatogenico.

Invero vi sono psicologi e psichiatri importanti che hanno sottoscritto alcuni documenti in cui si dà atto dell’esistenza di tale forma di alienazione, come risulta dalla documentazione prodotta dal convenuto.

La SINPIA, Società italiana di Neuro psichiatria Infantile la riconosce sin dal 2007; essa risulta essere inserita nel DSM IV nella sezione problemi relazionali genitore-bambino; molte sono le pubblicazioni che riguardano l’alienazione genitoriale ( doc 8 ).

Si deve aggiungere che anche la corte di cassazione con la sentenza n.5847/12 pubblicata 1’8.3.13 non ha posto in discussione la diagnosi di PAS posta a fondamento del provvedimento impugnato.

Il fatto che altri esperti neghino il fondamento scientifico di tale sindrome non significa che essa non possa essere utilizzata quanto meno per individuare un problema relazionale molto frequente in situazione di separazione dei genitori, se non come una propria e vera malattia.
Più volte è stato ritenuto in decisioni giurisprudenziali che l’atteggiamento del bambino che rifiuta l’altro genitore, per un patto di lealtà con il genitore ritenuto più debole, può condurlo ad una forma di “invischiamento” capace di produrre nella sua crescita non solo una situazione di sofferenza, ma anche una serie di problemi psicologici alienanti.

Il problema è verificare se i disturbi certamente rilevati dal Ctu a carico del minore, riconosciuti dalla stessa -MADRE- , siano riconducibili alla responsabilità della madre in quanto generati dal suo comportamento nei confronti del padre.
Questi, la cui personalità è parimenti stata posta in discussione dal consulente per la sua rigidità, ha riconosciuto all’atto della separazione l’importanza che il bambino crescesse con la madre, accettando l’affidamento esclusivo alla medesima, come all’epoca era prassi, non essendo ancora stata attuata la modifica dell’art.155 cod. civ. che presuppone di regola l’affidamento condiviso, ma riservando a se stesso la frequentazione con il figlio da attuarsi in termini maggiormente ampi con la crescita del medesimo.

Nessuna colpa può ravvisarsi, né gli è stata addebitata da controparte per il comportamento del figlio che ad un certo punto ha manifestato un atteggiamento straordinariamente repulsivo e pervicace, giungendo al punto da non volere nemmeno scendere dall’autovettura con la quale la madre lo portava agli appuntamenti programmati con il padre, né voler entrare nella stanza dove questi si trovava ed al punto anche di rivolgergli epiteti ingiuriosi e manifestazioni gravi di avversione, come prenderlo a calci e pugni.

L’uso degli epiteti utilizzati per offendere il padre inoltre non è quello tipico di un bambino , ma sembra veramente suggerito dalle espressione degli adulti.

La lettura delle relazioni dei servizi sociali, oltre che degli esami del Ctu ( dati obiettivamente rilevati che non sono stati posti in discussione ) lasciano veramente sbigottiti per la forza, la tenacia dell’aggressività e del rifiuto di fronte ad un padre che aveva sempre cercato di svolgere il proprio ruolo.

Con il ricorso presentato dal – PADRE – in data 6.2.08, volto ad ottenere la decadenza dalla potestà della -MADRE- , questi lamentava di non vedere il figlio da dieci mesi e che la madre, nonostante fosse stato previsto il pernotto del bambino presso il padre, consentiva che questi lo vedesse prima dell’interruzione definitiva solo nel garage della sua abitazione. Nel corso dell’audizione dei genitori la madre del minore ammetteva di avere rifiutato al padre il pernotto presso di lui e di conseguenza anche il trascorrere della vacanze perché il bambino non l’aveva mai chiesto.

Il tribunale dava atto che l’atteggiamento della -MADRE- non aveva in alcun modo favorito il rapporto del figlio con il padre, ma lo aveva ostacolato al punto che, disposto dallo stesso ufficio giudiziario una specifica disciplina di visite, la madre aveva violato tale programma portando con sé il bambino per le vacanze estive alla fine delle quali si veniva a verificare una regressione nei rapporti padre-figlio, nonostante vi fosse stato un iniziale miglioramento dovuto alla calendarizzazione degli incontri. Tale comportamento proseguiva anche in seguito nonostante l’intervento dei Servizi Sociali di °°°° incaricati dal Tribunale per i Minorenni di attivarsi sia per il sostegno al minore , sia per la predisposizione di un programma quanto meno minimale degli incontri del figlio con il padre.

Era all’esito di tale procedimento che la madre veniva dichiarata decaduta dalla potestà con un
provvedimento che, reclamato avanti alla Corte d’appello veneziana, veniva confermato.

Dalla relazione dei Servizi Sociali di °°°° del ** ** 2010 si apprende che il programma di incontri predisposto sulle indicazione del tribunale veniva accettato dai genitori, ma che l’atteggiamento del bambino si rivelava quanto mai preoccupante tanto che questi nel rifiutare ogni forma di comunicazione con il padre giungeva al punto di scagliarli contro un libro che questi gli aveva portato in dono; altra volta mimava una sberla nei confronti dello stesso e gli dava un calcio senza che la madre, presente, desse segni di disapprovazione.

Lo psicologo dott. -PSICOLOGO- sottolineava il fatto che -FIGLIO- si presentava come un bambino normalissimo nelle relazioni con gli altri, salvo cambiare improvvisamente al solo parlargli del padre che definiva come ” persona cattiva, un diavolo, persona sgradevole” e perdere il controllo ed il rispetto delle più elementari relazioni con ricorso ad aggressività verbale ed agita, senza alcuna
provocazione.

Dal punto di vista clinico lo psicologo segnalava che -FIGLIO- risultava capace di controllare e tenere in scacco gli adulti e manifestava una strutturazione in un’area in cui si sentiva onnipotente, con il rischio di estensione di tali modalità disfunzionali ad altre aree di funzionamento.

Non migliore è stato il risultato ottenuto dal Servizio Sociale di ****, sostituito a quello di °°°°, nonostante il percorso di sostegno a cura della dott. N°°°, psicologa, l’avvio di un percorso di sostegno alla genitorialità a cura del Consultorio Familiare iniziato nel mese di marzo 2***, il sostegno dell’educatore P*D*. L’equipe ha riscontrato in -FIGLIO- una sindrome o disturbo emozionale inquadrata nei criteri diagnostici dell’ICD 10.

Il bambino non veniva portato dalla madre agli incontri con il padre nello spazio neutro individuato dai servizi, fissati nel mese di giugno e di luglio, assenze giustificate dalla -MADRE- con uno stato di malessere del figlio; per le stesse ragioni non sono state effettuate le sedute fissate dal servizio di Neuropsichiatria infantile mentre sono stati effettuati gli incontri con la psicologa N°°°.

Né si è potuta realizzare la frequentazione del minore al centro estivo in quanto la madre non lo ha condotto , portando in vacanza il figlio senza tenere conto del progetto del Servizio Sociale.

In sostanza da tutte le relazioni, informazioni e non solo dalle due CTU del dott. °°°° emerge lo stato di grave disagio del minore ed il suo invischiamento in un conflitto coniugale in cui la madre ha avuto la possibilità di qualificare in modo negativo il marito, tanto da acquisire l’alleanza del figlio.

Il rifiuto del predetto non ha altra origine perché non sono state nemmeno ipotizzate attività del padre che possano avere distolto il figlio da qualsiasi forma di rapporto con lui.
La madre in molte circostanze si è manifestata come un soggetto apparentemente collaborativo con gli esperti che hanno seguito la vicenda, ma nella sostanza non ha accompagnato psicologicamente il figlio alla ripresa dei rapporti con il padre, predisponendo il suo comportamento quanto meno ad una accettazione formale del genitore; lo ha lasciato solo nella sue difficoltà, non ha ripreso il suo eloquio sconveniente, né gli agiti violenti.

Inoltre ha sacrificato il programma di sostegno predisposto dai servizi Sociali alle vacanze.
Solo nel corso della prima consulenza tecnica il bambino ha ripreso il contatto con il padre, regalandogli nel vero senso della parola alcune giornate normali in cui si sono ritrovati per proseguire successivamente nel rifiuto.
Questo atteggiamento è molto sintomatico e strumentale ad ottenere una disamina favorevole da te dell’esperto incaricato dal giudice tenuto ad esprimere un giudizio importante al fine di conseguire un provvedimento favorevole e poiché questo atteggiamento non può essere frutto della determinazione di un bambino di sette-otto anni, non può che essere stato dettato dalla madre.
Fortunatamente le cose sono radicalmente cambiate: il provvedimento della corte territoriale che è stato cassato, comportante l’allontanamento del minore dalla madre e dall’ambiente materno ha consentito al bambino di liberarsi dalla sua condizione di avversione nei confronti del padre. Ne ha accettato la compagnia e finanche di trascorrere la notte con lui attraverso un graduale riavvicinamento.
Questo cambiamento di comportamento sta a dimostrare che i soggetti in età evolutiva sono dotati di un alto grado di resilenzia, vale a dire sanno resistere alle condizioni della vita che li pone in difficoltà ed all’azione degli adulti che attraverso il loro conflitto li possono spingere ad allearsi con uno di loro e a rifiutare l’altro.

La -MADRE- , subito dopo la sentenza della corte di cassazione, ha prelevato il figlio dalla casa paterna, gli ha impedito di frequentare la scuola in cui era iscritto, ha tentato di ottenere l’iscrizione presso la scuola di °°°°, ha disatteso il programma del servizio sociale affidatario, ha impedito al figlio di trascorrere parte dei giorni festivi pasquali con il padre portandolo con sé in Toscana da alcuni parenti.

In questa situazione i comportamenti che emergono da fatti obiettivi ed inconfutabili consentono di corroborare la prova del suo comportamento alienante e possessivo, nonostante i limiti imposti dal provvedimento del tribunale per i minorenni che ha rigettato la sua reintegra nella potestà ed ha confermato l’affidamento del bambino al servizio sociale.
Dalle sue dichiarazioni orali rese in udienza la -MADRE- risulta desiderosa di restituire al figlio ” tutta la sua vita” e non solo la metà che è costituita nel suo rientro nella casa materna. L’altra metà a suo dire è costituita dall’ambiente scolastico ed amicale di °°°°.

Nessuno spazio nel suo concetto di vita del figlio è riservato al rapporto con il padre, nonostante le preoccupazioni che asserisce di avere avuto per il rifiuto nei confronti dello stesso.

Di fronte a tale pervicacia nel comportamento materno non si ravvisano le garanzie che la predetta sappia far proseguire il figlio nel rapporto con il padre e non ponga nuovamente in atto ostacoli alla normalità del medesimo, facendo regredire il minore e ponendolo in posizione di grave rischio di disturbi della personalità, siano essi quelli che in campo scientifico vengono da parte degli esperti qualificati come PAS, siano gli agiti aggressivi che derivano dallo stato d’ansia rilevati dagli esperti dei Servizi Sociali.

Indipendemente dalla loro qualificazione dal punto di vista medico, la descrizione dei comportamenti del bambino sulla quale tutti hanno concordato consente di ritenere che i suoi agiti , se non ricomposti, porterebbero a disturbi che impedirebbero a -FIGLIO- di crescere e sviluppare tutte le sue notevoli capacità intellettuali ed espressive.

Non si tratta solo di conservare al bambino la bigenitorialità da intendersi come un patrimonio prezioso di cui i figli debbono poter disporre, ma di evitare che attraverso il rifiuto si vada strutturando una personalità deviante.
Si tratta anche di preservare il bambino dal dolore perché le gravi manifestazioni di rifiuto emerse nel passato sono anche espressione di sofferenza.

Per tale ragione va confermato l’affidamento al servizio sociale per la predisposizione di un progetto di sostegno psicologico del bambino e di aiuto alla genitorialità in quanto solo attraverso l’abbassamento del conflitto della coppia si può sperare che il bambino acquisisca sicurezza e serenità.
Poiché la madre non lo ha garantito in questo percorso, ma al contrario lo ha ostacolato, la predetta non può ritenersi essere il genitore più idoneo a favorire la crescita del bambino, per cui il collocamento principale dello stesso va disposto presso il padre che ne esercita la potestà.

Va tuttavia garantito a -FIGLIO- anche la frequentazione dell’ambiente materno che certamente ha costituito per anni il centro dei suoi affetti; affetti che non gli possono essere negati, salvo il rischio di porlo in situazione di grave sofferenza.

Pertanto va disposto un calendario di “visite” materne molto nutrito che consenta di conservargli l’ambiente della prima infanzia: -FIGLIO- trascorrerà con la madre otto settimane all’anno di vacanze , ivi compreso una settimana a Natale o a Capodanno ed alcuni giorni a Pasqua; starà presso l’abitazione materna dal venerdì pomeriggio all’uscita da scuola sino al lunedì mattina per due volte al mese e per le altre due settimane dal martedì all’uscita della scuola sino al venerdì mattina.

Frequenterà la scuola a ****, salvo diversa decisione da parte del padre ed in ogni caso potrà frequentare un’attività sportiva, culturale o ludica scelta della madre anche eventualmente in °°°°.

La -MADRE- non ha la potestà sul figlio, né questa corte può esaminare la sua domanda di reintegra dal momento che essa non è stata respinta, ma rinviata nella decisione da parte della corte veneziana ( in questo senso è stato inteso anche dalla corte di cassazione che per altro non avrebbe potuto prendere in esame la questione non soggetta a ricorso per cassazione ), per cui il giudice di rinvio non può considerarsi investito della questione. Tuttavia si ritiene equo consentire che la madre possa assumere informazioni anche dirette dalla scuola in ordine al profitto ed al comportamento del figlio e parimenti possa avere informazioni dirette sulla sua salute. Tutte le altre decisioni ( gite scolastiche, attività all’interno della scuola, decisioni importanti sulla salute del figlio ecc.) debbono avere l’avallo del padre.

Il servizio sociale disporrà il calendario dei periodi di vacanza che il bambino potrà trascorrere presso la madre, sentiti previamente i genitori; potrà regolare ogni minuta esigenza del bambino che non risultasse dal provvedimento, come stabilire quale dei due genitori debba portare o prendere da scuola il figlio, dividendo equamente i compiti; dovrà monitorare la situazione e riferire alla Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni nel caso si verificasse qualche grave problema che renda non praticabile il progetto di vita che questa corte ha previsto per il minore.

Quanto alla richiesta del – PADRE – di contribuzione economica a carico della -MADRE- per il mantenimento del figlio, tenuto conto che in sostanza il bambino trascorrerà periodi di tempi quasi uguali nelle due case a sua disposizione, si ritiene di non porre una contribuzione economica, salvo ribadire che i genitori sono tenuti a concorrere alle spese straordinarie per il 50% ciascuno, apparendo entrambi in condizioni di poter affrontare tale esborso.

Quanto alle spese di lite in considerazione della delicatezza del caso, della novità delle questioni trattate e dell’esito del procedimento si ritiene equo compensare le medesime tra le parti, ivi comprese quelle del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Definitivamente decidendo nel procedimento di cui in epigrafe conferma l’affidamento del minore – PADRE – -FIGLIO- al Servizio Sociale di **** che continuerà nel sostegno alla genitorialità nei confronti dei genitori e nel sostegno psicologico del minore, effettuerà il monitoraggio e darà attuazione ai provvedimenti del giudice attraverso la candelarizzazione dei periodi di vacanza ed per ogni disposizione necessaria non prevista nel presente decreto;
colloca il minore presso il padre ; consente che il bambino stia presso la madre per otto settimane complessive nei periodi di vacanza, ivi compreso il Natale, il Capodanno e la Pasqua, nonché per due settimane al mese dal martedì pomeriggio al venerdì mattina e per altre due settimane al mese dal venerdì pomeriggio ( all’uscita della scuola ) sino al lunedì mattina ( rientro a scuola ), disponendo che i genitori dividendo equamente gli oneri del viaggio.

Dispone che il bambino frequenti la scuola a **** o a °°°°, se il padre lo consentirà; che la madre anche se non esercente la potestà possa avere informazioni dirette dalla scuola e dai medici del figlio e possa scegliere con lo stesso un’attività sportiva, ludica o culturale gradita al figlio da svolgersi a **** o a °°°° nei giorni a sua disposizione.

Pone a carico dei genitori le spese di mantenimento e di abbigliamento necessari nei tempi di frequentazione del figlio e le spese straordinarie in ragione del 50 % per ciascuno.
Dichiara inammissibile in questa sede la domanda di reintegro nella potestà avanzata dalla -MADRE- . Compensa tra le parti le spese di causa ivi comprese quelle del giudizio di cassazione.
Dichiara il decreto immediatamente esecutivo, disponendo che la cancelleria ne dia comunicazione oltre che alle parti, al Servizio Sociale di ****.
Dispone che nel caso di diffusione dello stesso siano cancellati tutti i dati identificativi del minore e dei genitori e dei luoghi di residenza degli stessi.

 

Testo del provvedimento tratto da www.http://mobbing-genitoriale.blogspot.it

DownLoad the Document (Decreto Corte Appello Brescia)

Coppia lesbica tortura bambino di 7 anni

Il piccolo Sean G. di 7 anni è stato trovato mentre vagava in un parco e elemosinava cibo. Il povero bambino pesava solo 17 kg.  Viveva presso la coppia lesbica S.S. (45 anni) e J.L.M. (26 anni), ora accusate di abuso su minore aggravato.

Le due vengono accusate di averlo costretto a bere shampoo, di averlo bruciato con sigarette, drogato con un narcotico per adulti, minacciato con un coltello, legato per i polsi e costretto a stare in posizione verticale per ore, costretto ad usare un armadio come gabinetto, di avergli amputato l’alluce del piede sinistro, che era rotto.  Aveva ustioni da corda sui polsi, essendo stato lasciato appeso ad un lampadario.  La testa di Sean era coperta di lividi e bozzi, ritenuti essere segni di pugni o colpi inferti con altri oggetti.  Aveva ustioni sui lati delle orecchie, ritenute essere causate dall’essere stato trascinato.  Il dottore che ha fornito le prime cure teme che i calci ripetuti possano avergli danneggiato gli organi interni.

Le donne non hanno fornito giustificazioni per gli abusi.  Essendo la loro vittima un bambino maschio, si può ipotizzare che l’odio di genere lesbo-femminista contro il maschile sia concausa.  Le due sono state arrestate e si accusano a vicenda di avere guidato gli abusi.  Nel timore che gli abusi venissero notati, non hanno permesso al piccolo di frequentare la scuola; e ci si chiede come mai nessuno ha notato quello che stava accadendo prima che il piccolo riuscisse a salvarsi da solo.   Il piccolo è parente di una ex compagna della lesbica più anziana, che si era procurata un falso certificato di nascita.

Il piccolo Sean è stato ricoverato in ospedale: il dottore Dobson crede che riuscirà a riprendersi e commenta “da 35 anni che faccio questo lavoro, non avevo mai visto un bambino brutalizzato in così tanti modi”.

Fonti: ABCnews, ToySoldier, BadBreeders.


Versione originale in inglese:

Seven-year-old Sean Gibson was found earlier this month wandering in a parking lot by employees of Westgate Resorts in Kissimee, Florida. He was out late by himself and begging for food at a buffet. The poor kid only weighed 37 pounds. They called authories who took him to the hospital.
Now domestic partners Suzette Stevenson, 45, and Jamie Lynn Martin, 26, have been charged with aggravated child abuse.
Fair warning, the torture these women subjected this boy to is rather graphic:
The boy, who is not a biological child to either woman, was allegedly tied by his wrists and made to stand in an upright position for hours at a time, forced to drink shampoo, was burned with cigarettes and had to urinate and defecate in a closet, according the Baker County Sheriff’s Office documents.
Instead, the two women allegedly threatened him with a box cutter and left him in a car, drugged with some type of adult sleeping pill, as they tried to collect $100 in a real estate promotion awarded to anyone who visited a timeshare open house.
The staff at Celebration was appalled when the extent of Sean’s abuse became apparent.
They amputated the big toe of his left foot, one of two that had been broken by bending. Other injuries include rope burns on his wrists from where he was left hanging by his arms from two large wall lights at the trailer.
“He had burns on the sides of his ears, and they believe those came from being dragged across carpets,” said the investigator. “The doctor initially called him ‘walking death’ and indicated he may have damage to internal organs from repeated kicking.”
Sean’s head was covered in bruises and knots believed to be from blows by fists, hands or other objects.
The one thing about this is that at numerous point people had the opportunity to intervene. At the daycare someone should have noticed. The fact that this boy was pulled out of school should have been a red flag. Or maybe someone could have bothered to verify the fake birth certificate these women had. The social service system was designed to address situations like this, but at every point that someone had a chance to step in no one did a thing. In the end it was the boy had to save himself.
One other element about this stands out. These two women were torturing this boy for apparently no reason at all. That just does not fit with the general profile of abusers. There is always reason, no matter how ridiculous it may be. Given that, I cannot say that the torture was not mitigated by these women’s general attitude towards males as a result of their sexual orientation. That is not to say that being lesbians caused them to be abusive, but there seem to be a propensity for lesbians who abuse children to specifically target boys.

Figli cresciuti senza padre: statistiche choc!

 

IGM (interessengemeinschaft geschiedener und getrennt lebender Männer – www.igm.ch) è un’organizzazione della Svizzera tedesca, che da anni si batte per i diritti di padri separati e divorziati. Recentemente una sua circolare spedita via e-mail spiegava i motivi per cui gli uomini non hanno interesse di sposarsi. Questo slogan è stato concepito in Ticino da un noto avvocato divorzista di Bellinzona quando in una intervista su Ticinosette disse: “XI comandamento: non commettere matrimonio“.

Papageno ha fatto sua questa riflessione senza esitazioni, dando avvio alla campagna informativa “Matrimonio? No grazie!”. Bisogna arrendersi all’evidenza.

Dopo la separazione, niente figli (o quasi) e niente casa, avvocati, servizi sociali, pretori e tutorie al collo, minimo vitale di fr. 1200.(messo di recente in forse dalla CF Sommaruga), discriminazione fiscale, obbligo di mantenere lo standard di vita alla ex e ai figli come ai tempi della luna di miele e, in casi particolarmente sfavorevoli, mantenere la ex fino all’età della pensione.

In una seconda e-mail IGM ha distribuito un rosario di cifre statistiche impressionante sul tema dei figli cresciuti senza padre: 63% dei suicidi di giovani sono cresciuti senza padre, 71% delle minorenni incinte sono cresciute senza padre, 90% dei senzatetto minorenni sono cresciuti senza padre, 70% dei minorenni che finiscono in istituti pubblici sono cresciuti senza padre, 85% dei minorenni che finiscono in carcere sono cresciuti senza padre, 71% dei giovani che abbandonano la scuola sono cresciuti senza padre, 75% dei giovani drogati sono cresciuti senza padre.

La lista continua: 80% dei divorzi è provocato dalle donne, 97% delle denunce mendaci nei confronti dell’ex-marito per atti di violenza e abusi sessuali su se stesse e/o sui propri figli sono inscenate dalle donne che rimangono impunite in quanto, secondo una recente sentenza del tribunale federale, la madre “aveva il sospetto di…” per cui aveva “l’obbligo di denunciare il padre …”.

Per chi non volesse accontentarsi delle statistiche, IGM mette a disposizione il libro di Flavio Sardo Alptraum Scheidung. Un sottotitolo potrebbe essere “Storia di un appassionato padre svizzero che chiede il rispetto della carta dei diritti umani”: una storia di misandria (odio ai maschi). Per affrontare queste 500 pagine bisogna aver i nervi ben saldi. Dopo aver affrontato questa lettura, non commettere matrimonio non è solo uno slogan politico, ma un avvertimento prezioso per non cadere nel quasi inevitabile precipizio: 60% dei matrimoni finiscono con un fallimento. Ma il divorzista bellinzonese citato non ha paura di rimanere senza lavoro e con un sorriso afferma: “Ci saranno sempre giovani innamorati che si sposeranno”.

Se da una parte i padri si troveranno sul lastrico, per i figli delle generazioni future sono guai. Papageno continua a raccogliere e pubblicare regolarmente testimonianze in questa rubrica del Mattino, ma intanto si può consigliare la lettura di due lavori pionieristici: di Claudio Risé – Il padre, l’assente inaccettabile – e di Luigi Zoia – Il gesto di Ettore.

Papageno si muove anche sul piano pragmatico. In questi anni di intenso lavoro abbiamo identificato un enigma in cerca di soluzione: l’assenza quasi totale di padri che si espongono e conducono una lotta comune per i diritti propri e quelli dei figli. Dall’altra sponda, le istituzioni che si adoperano per negare la crisi della famiglia, affermando che “tutto va bene”. Il 95% dei divorzi sono consenzienti – ribadisce da anni Roberto Sandrinelli, capostaff del dipartimento della sanità e della socialità: un risultato incoraggiante.

Sul fronte giuridico, anche la Svizzera si è accorta che non si può continuare a calpestare i diritti fondamentali dell’uomo: sull’agenda dei parlamentari vi è la questione dell’autorità parentale congiunta. Dal nostro punto di vista è solo un timido passo verso quello che noi proponiamo ai politici del nostro paese: l’affido condiviso (presenza paritaria dei figli con i due genitori) unita ad un’equa ripartizione delle responsabilità finanziarie.

http://www.tio.ch/aa_pagine_comuni/articolo_interna.asp?idarticolo=639479&idsezione=16&idsito=129&idtipo=410

Per le famiglie italiane serve una legge ineludibile. Ma gli avvocati perderebbero lavoro e le loro associazioni si oppongono.

Per evitare conflitti sulla pelle dei figli ci sarebbe bisogno di una legge ineludibile: salvo diverso accordo i bambini hanno diritto ad eguali tempi con entrambi i genitori. Ma gli avvocati perderebbero lavoro e le loro associazioni si oppongono

 

Affido condiviso: riforma ostaggio delle lobby di avvocatura e magistratura

Non fa passi avanti la nuova legge sull’affido condiviso dei minori in caso di separazione (DDL 957 e 2454) che da troppo tempo giace in un cassetto al Senato.
Dopo la chiusura dei termini di iscrizione per le audizioni, il 16 marzo scorso, non ci sono stati fatti nuovi: a questo punto risulta fortemente a rischio la conclusione dell’iter entro questa legislatura.
Questa “legge bis” sull’affido si è resa necessaria dopo che il precedente testo approvato nel 2006 è stato sistematicamente forzato dalla magistratura nella fase applicativa, fino a tradire completamente lo spirito del dispositivo e perpetuare de facto nella maggior parte dei casi un affidamento monogenitoriale – quasi sempre alla madre.

 

Da un lato assistiamo ad una percentuale già di per sé bassa di concessioni “nominali” dell’affido condiviso – considerando che si dovrebbe poter escludere un genitore solo nei rari casi in cui questo sia potenzialmente pericoloso per il bambino. Dall’altro ci troviamo di fronte ad un sostanziale svuotamento del concetto di affido condiviso che viene ricondotto negli effetti pratici all’affidamento esclusivo ad un solo genitore attraverso l’invenzione ad hoc di figure giuridiche non previste, come il “genitore collocatario” o “prevalente”, e attraverso la sistematica adozione di soluzioni, come la “residenza privilegiata” o il mantenimento dei figli mediante assegno, che la riforma invece intenzionalmente superava.

Nei fatti, i nuovi DDL con relatrice la sen.Gallone ribadiscono e rendono vincolanti i principi del doppio domicilio e del mantenimento diretto.
Si prevede, in altre parole, che entrambi i genitori siano chiamati ad oneri diretti di cura del minore e che possano trascorrere con lui, flessibilmente, un tempo comparabile. Inoltre il padre e la madre mantengono direttamente il figlio per i capitoli di spesa che sono loro assegnati e dunque si fuoriesce dalla logica attuale in cui il genitore non affidatario (o “non collocatario”) deve trasferire un assegno all’altro genitore che dispone in pieno dell’effettiva spesa del denaro.

Il principio del diritto dei figli a fruire dell’apporto dei genitori in condizioni di parità nei doveri e nelle opportunità è un concetto moderno, avanzato ed evidentemente fair, tanto che pubblicamente è molto più facile per i politici dirsi favorevoli che contrari, prova ne sia il fatto che, alla fine, la prima legge sull’affido condiviso è stata approvata dal parlamento pressoché unanimemente. Tuttavia i contrari ci sono eccome, e la loro strategia in questa legislatura, così come lo era stata nella legislatura 2001-2006, è quella di tentare di insabbiare la riforma e poi, quando questa arriva effettivamente in discussione, di introdurvi emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno lo scopo di introdurre teste di ponte che consentono la continuazione di prassi applicative contra legem, ostili all’affidamento condiviso.

Contro la nuova legge militano oggi da un lato un malinteso femminismo che preferisce l’obiettivo di un sindacalismo di genere (in questo caso figli e soldi alle donne) a quello del superamento dei ruoli sessuali tradizionali, dall’altro l’atteggiamento corporativo dell’avvocatura e della magistratura che si sentono sminuite nelle loro prerogative dal progetto di riforma – e non bisogna dimenticare che avvocati e magistrati sono due categorie ampiamente “sovrarappresentate” all’interno delle aule parlamentari.

E’ chiaro, infatti, che l’affermazione del diritto soggettivo del minore ad un rapporto continuativo con entrambi i genitori toglie margini di discrezionalità e quindi in definitiva potere ai giudici ed al tempo stesso va a disinnescare il conflitto tra i coniugi per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio (e con esso l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa), privando gli avvocati di uno spazio lucrativo di azione professionale.

Proprio alcune associazioni di avvocati e di magistrati hanno portato in queste ultime settimane un attacco frontale al “condiviso bis”. E’ il caso dell’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura), dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori), dell’UNCM (Unione Nazionale Camere Minorili) e dell’AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia).

Le critiche di queste associazioni alla riforma sono in gran parte fuori bersaglio, al punto che – come notanol’associazione Crescere Insieme ed il Centro studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori spesso si riducono ad illazioni relative ad aspetti che neppure sono contenuti nel DDL. Nella maggior parte dei casi, si afferma in pratica che la legge sull’affido va bene così com’è, purché non venga applicata, e si sostiene come un “condiviso” effettivo andrebbe a detrimento del bambino e della donna.

In realtà il minore ha solo da guadagnare dal mantenimento di un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, tanto dal punto di vista del suo sviluppo psicologico ed emozionale, tanto da quello dell’effettivo tenore di vita – in quanto, quando i padri sono coinvolti direttamente nella cura dei figli, la loro predisposizione a spendere per loro si accresce.
Sostenere, invece, che il passaggio dall’assegno al mantenimento diretto “indebolisca” economicamente le donne rappresenta un’insinuazione alla quale le madri dovrebbero essere le prime a ribellarsi, dato che può implicare che esse attualmente spenderebbero per loro stesse il denaro che ricevono dall’ex-marito per il mantenimento dei figli. E non è un caso che proprio da associazioni di donne come la Federcasalinghe – espressione della categoria in teoria più “debole” – venga invece un vigoroso sostegno ai due DDL in nome di effettive pari opportunità.

Evidentemente ha del surreale il tentativo di giustificare l’affidamento esclusivo del figlio alla madre come forma di perequazione del gap economico e sociale tra uomini e donne, anche perché in caso di significativo squilibrio di reddito tra i due ex-coniugi sussistono altri strumenti compensativi (come l’assegno per il mantenimento del coniuge) che però devono collocarsi su un piano assolutamente distinto rispetto a quello dei rapporti dei genitori con il minore.

E malgrado le forze di centro-destra si mostrino in generale culturalmente aperte alla riforma dell’affido, non manca purtroppo anche chi preferisce rappresentare un anello di collegamento con gli interessi organizzati di giudici ed avvocati. E’ il caso, in gran parte, del sottosegretario alla Giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati che si sta producendo in inverosimili difese d’ufficio dell’operato della magistratura e delle attuali forme di applicazione dell’affidamento.

Non è escluso, peraltro, che dietro all’atteggiamento molto critico di alcune lobby nei confronti del “condiviso bis” vi siano anche questioni collaterali rispetto all’oggetto principale della riforma. Ad esempio, se la magistratura minorile appare particolarmente bellicosa è forse anche perché i DDL in esame prevedono l’unificazione delle competenze nei giudizi di affidamento, con l’equiparazione della filiazione naturale e legittima, attribuendole a sezioni specializzate del tribunale ordinario e non a forme riorganizzate del tribunale per i minorenni.
Allo stato attuale delle cose l’azione di lobbying degli avversari del “condiviso” pare destinata al successo e può essere contrastata solo dal prevalere di una chiara determinazione politica da parte dei maggiori partiti in favore della bigenitorialità.

Fin dai prossimi giorni occorrerà accrescere la pressione per addivenire ad una rapida calendarizzazione delle audizioni ed a seguire per portare la nuova proposta in aula.
Anche la legge del 2006 fu approvata in extremis, appena prima della conclusione del mandato delle due Camere: questo fa sperare che anche questa volta si sia ancora in tempo per portare il nuovo dispositivo al traguardo. Serve, però, un’effettiva volontà.

 

http://www.dirittoeminori.it/pages/la-vergogna-di-una-legge-applicata-per-finta-con-bambini-sacrificati-al-femminismo-agli-interessi-degli-avvocati-con-100-papa-che-si-suicidano-ogni-anno-si-rischia-una-tragedia/

 

Bambini sacrificati al femminismo con 100 papà che si suicidano ogni anno. Si rischia una tragedia.

Affido condiviso: riforma ostaggio delle lobby di avvocatura e magistratura

Non fa passi avanti la nuova legge sull’affido condiviso dei minori in caso di separazione (DDL 957 e 2454) che da troppo tempo giace in un cassetto al Senato.
Dopo la chiusura dei termini di iscrizione per le audizioni, il 16 marzo scorso, non ci sono stati fatti nuovi: a questo punto risulta fortemente a rischio la conclusione dell’iter entro questa legislatura.
Questa “legge bis” sull’affido si è resa necessaria dopo che il precedente testo approvato nel 2006 è stato sistematicamente forzato dalla magistratura nella fase applicativa, fino a tradire completamente lo spirito del dispositivo e perpetuare de facto nella maggior parte dei casi un affidamento monogenitoriale – quasi sempre alla madre.

 

Da un lato assistiamo ad una percentuale già di per sé bassa di concessioni “nominali” dell’affido condiviso – considerando che si dovrebbe poter escludere un genitore solo nei rari casi in cui questo sia potenzialmente pericoloso per il bambino. Dall’altro ci troviamo di fronte ad un sostanziale svuotamento del concetto di affido condiviso che viene ricondotto negli effetti pratici all’affidamento esclusivo ad un solo genitore attraverso l’invenzione ad hoc di figure giuridiche non previste, come il “genitore collocatario” o “prevalente”, e attraverso la sistematica adozione di soluzioni, come la “residenza privilegiata” o il mantenimento dei figli mediante assegno, che la riforma invece intenzionalmente superava.

Nei fatti, i nuovi DDL con relatrice la sen.Gallone ribadiscono e rendono vincolanti i principi del doppio domicilio e del mantenimento diretto.
Si prevede, in altre parole, che entrambi i genitori siano chiamati ad oneri diretti di cura del minore e che possano trascorrere con lui, flessibilmente, un tempo comparabile. Inoltre il padre e la madre mantengono direttamente il figlio per i capitoli di spesa che sono loro assegnati e dunque si fuoriesce dalla logica attuale in cui il genitore non affidatario (o “non collocatario”) deve trasferire un assegno all’altro genitore che dispone in pieno dell’effettiva spesa del denaro.

Il principio del diritto dei figli a fruire dell’apporto dei genitori in condizioni di parità nei doveri e nelle opportunità è un concetto moderno, avanzato ed evidentemente fair, tanto che pubblicamente è molto più facile per i politici dirsi favorevoli che contrari, prova ne sia il fatto che, alla fine, la prima legge sull’affido condiviso è stata approvata dal parlamento pressoché unanimemente. Tuttavia i contrari ci sono eccome, e la loro strategia in questa legislatura, così come lo era stata nella legislatura 2001-2006, è quella di tentare di insabbiare la riforma e poi, quando questa arriva effettivamente in discussione, di introdurvi emendamenti in apparenza innocui, ma che hanno lo scopo di introdurre teste di ponte che consentono la continuazione di prassi applicative contra legem, ostili all’affidamento condiviso.

Contro la nuova legge militano oggi da un lato un malinteso femminismo che preferisce l’obiettivo di un sindacalismo di genere (in questo caso figli e soldi alle donne) a quello del superamento dei ruoli sessuali tradizionali, dall’altro l’atteggiamento corporativo dell’avvocatura e della magistratura che si sentono sminuite nelle loro prerogative dal progetto di riforma – e non bisogna dimenticare che avvocati e magistrati sono due categorie ampiamente “sovrarappresentate” all’interno delle aule parlamentari.

E’ chiaro, infatti, che l’affermazione del diritto soggettivo del minore ad un rapporto continuativo con entrambi i genitori toglie margini di discrezionalità e quindi in definitiva potere ai giudici ed al tempo stesso va a disinnescare il conflitto tra i coniugi per ottenere l’affidamento esclusivo del figlio (e con esso l’assegno di mantenimento e l’assegnazione della casa), privando gli avvocati di uno spazio lucrativo di azione professionale.

Proprio alcune associazioni di avvocati e di magistrati hanno portato in queste ultime settimane un attacco frontale al “condiviso bis”. E’ il caso dell’OUA (Organismo Unitario dell’Avvocatura), dell’AIAF (Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori), dell’UNCM (Unione Nazionale Camere Minorili) e dell’AIMMF (Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia).

Le critiche di queste associazioni alla riforma sono in gran parte fuori bersaglio, al punto che – come notanol’associazione Crescere Insieme ed il Centro studi e ricerche sul diritto della famiglia e dei minori spesso si riducono ad illazioni relative ad aspetti che neppure sono contenuti nel DDL. Nella maggior parte dei casi, si afferma in pratica che la legge sull’affido va bene così com’è, purché non venga applicata, e si sostiene come un “condiviso” effettivo andrebbe a detrimento del bambino e della donna.

In realtà il minore ha solo da guadagnare dal mantenimento di un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, tanto dal punto di vista del suo sviluppo psicologico ed emozionale, tanto da quello dell’effettivo tenore di vita – in quanto, quando i padri sono coinvolti direttamente nella cura dei figli, la loro predisposizione a spendere per loro si accresce.
Sostenere, invece, che il passaggio dall’assegno al mantenimento diretto “indebolisca” economicamente le donne rappresenta un’insinuazione alla quale le madri dovrebbero essere le prime a ribellarsi, dato che può implicare che esse attualmente spenderebbero per loro stesse il denaro che ricevono dall’ex-marito per il mantenimento dei figli. E non è un caso che proprio da associazioni di donne come la Federcasalinghe – espressione della categoria in teoria più “debole” – venga invece un vigoroso sostegno ai due DDL in nome di effettive pari opportunità.

Evidentemente ha del surreale il tentativo di giustificare l’affidamento esclusivo del figlio alla madre come forma di perequazione del gap economico e sociale tra uomini e donne, anche perché in caso di significativo squilibrio di reddito tra i due ex-coniugi sussistono altri strumenti compensativi (come l’assegno per il mantenimento del coniuge) che però devono collocarsi su un piano assolutamente distinto rispetto a quello dei rapporti dei genitori con il minore.

E malgrado le forze di centro-destra si mostrino in generale culturalmente aperte alla riforma dell’affido, non manca purtroppo anche chi preferisce rappresentare un anello di collegamento con gli interessi organizzati di giudici ed avvocati. E’ il caso, in gran parte, del sottosegretario alla Giustizia Maria Elisabetta Alberti Casellati che si sta producendo in inverosimili difese d’ufficio dell’operato della magistratura e delle attuali forme di applicazione dell’affidamento.

Non è escluso, peraltro, che dietro all’atteggiamento molto critico di alcune lobby nei confronti del “condiviso bis” vi siano anche questioni collaterali rispetto all’oggetto principale della riforma. Ad esempio, se la magistratura minorile appare particolarmente bellicosa è forse anche perché i DDL in esame prevedono l’unificazione delle competenze nei giudizi di affidamento, con l’equiparazione della filiazione naturale e legittima, attribuendole a sezioni specializzate del tribunale ordinario e non a forme riorganizzate del tribunale per i minorenni.
Allo stato attuale delle cose l’azione di lobbying degli avversari del “condiviso” pare destinata al successo e può essere contrastata solo dal prevalere di una chiara determinazione politica da parte dei maggiori partiti in favore della bigenitorialità.

Fin dai prossimi giorni occorrerà accrescere la pressione per addivenire ad una rapida calendarizzazione delle audizioni ed a seguire per portare la nuova proposta in aula.
Anche la legge del 2006 fu approvata in extremis, appena prima della conclusione del mandato delle due Camere: questo fa sperare che anche questa volta si sia ancora in tempo per portare il nuovo dispositivo al traguardo. Serve, però, un’effettiva volontà.

 

 

Testo reatto da http://www.libertiamo.it/2011/06/21/affido-condiviso-riforma-ostaggio-delle-lobby/

Non aprite quel centro

Alcune signore di una onlus cercano soldi per aprire un centro anti-violenza.  La loro presentazione espone i motivi per cui, a nostro avviso, è invece bene che i centri caduti nel femminismo vengano chiusi: lo scopo di tali centri non è aiutare le persone con problemi di violenza ma combattere un immaginario “patriarcato”, cioè lottare contro gli uomini e la famiglia:

Vogliamo creare uno spazio che metta al primo posto l’autodeterminazione, l’autonomia e la consapevolezza così come la sorellanza e la solidarietà, per consentire alle donne di riappropriarsi della propria vita e di prendere parte alla lotta contro il patriarcato: il responsabile di tutte le violenze che subiamo in quanto “donne”.

Ricorda la situazione descritta dall’opinionista Carey Roberts: “è più probabile trovarvi propaganda neo-Marxista su quanto è cattiva la famiglia patriarcale piuttosto che qualcosa che possa assomigliare ad un aiuto pratico ai vostri problemi reali”.  Una di queste signore nel profilo Facebook ha una stella rossa a cinque punte, che fa molto anni 70.

Questi centri sono stati un fallimento dannoso in quanto operati da femministe che si basano sulla loro falsa ideologia sessista secondo cui tutte le donne (o quasi) sono vittime e tutti gli uomini sono violenti.  Ed anche queste scrivono:

La violenza di genere è un fenomeno diffusissimo (secondo gli ultimi dati Istat 4 donne su 5 l’hanno subita nella propria vita) soprattutto dentro le mura domestiche; origina dal desiderio di sopraffazione dell’uomo sulla donna

L’Istat ha conteggiato come violenza anche il criticare il modo di cucinare.  La violenza vera è una caratteristica di una persona su 10, uomini e donne in egual misura: i bambini e le bambine che sono stati esposti a violenza tendono a diventare uomini e donne violente, che possono essere aiutate a capire il loro problema.  Gli studiosi e le studiose che sono pervenuti a tali conclusioni hanno subito minacce di morte da parte di femministe.

Rifiutando tale realtà per imporre il sessismo femminista e combattere il patriarcato (cioè i papà dei bambini), i centri femministi possono diventare centri pedo-criminali, quando per attuare l’obbiettivo femminista di famiglie composte solo da donne e bambini arrivano a dare supporto a donne violente che vogliono appropriarsi dei figli anche a costo di coinvolgerli nella calunnia di genere (tuo papà era un violento, etc.), come in questo caso, in questo altro, in questo ancora

NB: i testi citati sono stati ritoccati, pur conservandone il significato originale, per renderli non riconoscibili.

Centro femminista aiuta madre violenta ad abusare della figlia

La vicenda narra come il primo rifugio aperto da Erin Pizzey aiutava le persone con problemi di violenza in maniera non sessista, e come gli attuali problemi nacquero con i centri femministi.

«Una donna minuta, L., arrivò al rifugio con una bellissima piccola bambina.  Rimasi colpita dall’aggressività della madre.  Urlando denunciava che suo marito R. la aveva picchiata […]  Fu difficile accogliere L. nella nostra comunità.  Era irritabile con la piccola, ed una delle mamme espresse il suo timore che avrebbe potuto picchiarla.

 

Mi telefonò suo marito R. Aveva sentito del rifugio dai media e mi chiedeva se sua moglie e sua figlia fossero lì.  Quando arrivò – un uomo piccolo quasi quanto la moglie — la sua versione della storia era molto diversa. […] Lavorava come custode del palazzo dove vivevano, quindi stava molto a casa, ed era lui che principalmente accudiva la piccola.  La bambina aveva problemi allo stomaco e non cresceva.  All’epoca, nessuno dei dottori sospettò che la madre fosse violenta e che la figlia soffrisse di stress emotivo.

R. mi pregò di vedere sua figlia, e la madre con riluttanza fu d’accordo, così assistetti all’incontro.  Era in  lacrime quando poté coccolare la figlia, che gli gettò le braccia al collo, e così constatai che la piccola aveva un legame emotivo più forte con lui che con L.   Dopo mi disse che L. cercava un avvocato per divorziare e che voleva impedirgli di avere contatti con la figlia.  Lo mandai a casa dicendogli che avrei fatto il possibile per farla ragionare.  Era d’accordo nel dare qualunque mantenimento L. avesse voluto pur di avere contatti regolari con la figlia.

L. rifiutò. Le dissi che non potevamo assecondare la sua affermazione di essere vittima del marito.  Vedendo il suo comportamento e la sua relazione con la figlia, non avevo dubbi che la piccola sarebbe stata molto meglio con suo papà.

Poco dopo L. portò la figlia e le sue cose in un altro rifugio. [n.d.t.: all’epoca, oltre al rifugio di Erin Pizzey, le femministe stavano aprendo propri centri anti-violenza].  Telefonai e chiesi di qualcuno con cui discutere il caso.  In tono gelido mi dissero che non c’era nessun caso da discutere: la donna era vittima della violenza dell’uomo e questo era tutto.

Un rifugio è meglio di nessun rifugio, ma mi preoccupava che la gente che lo gestiva potesse sostenere l’idea che le donne fossero vittime innocenti della violenza degli uomini.  Delle prime 100 donne che vennero da noi, 62 erano tanto violente quanto gli uomini che avevano lasciato.  Dovevo affrontare il fatto che gli uomini venivano sempre incolpati e, come il povero R., essere vittime di false accuse mentre le donne venivano sempre credute».


Vicenda estratta dal capitolo “il ciclo della violenza” delle memorie di Erin Pizzey (fondatrice dei centri anti-violenza), che spiega che i bambini e le bambine cresciute in famiglie violente tendono a diventare uomini e donne violente. Le femministe hanno cercato di censurare questa realtà, dando lo stesso nome “il ciclo della violenza” ad una loro teoria sessista secondo cui solo gli uomini sarebbero violenti.  La vicenda di questa povera bambina mostra come i centri femministi possono contribuire ad aiutare le donne violente ad abusare dei figli, e vanno pertanto chiusi tornando a strutture non sessiste finalizzate ad aiutare le persone con problemi di violenza, come faceva il primo centro aperto da Erin Pizzey.

Come dimezzare gli omicidi familiari

La maggior parte degli omicidi in ambito domestico avvengono al momento della separazione di coppie con figli. Si tratta di una cinquantina di casi all’anno, spesso accompagnati dal suicidio dell’omicida, che nella maggior parte dei casi è il marito.

Per arginare il fenomeno occorre capirne le cause.  A nostro avviso la causa principale è riconducibile all’iniquità delle attuali separazioni: se tante persone magari non più giovani rischiano improvvisamente di perdere i figli, di dover mantenere chi li ha ridotti in tali condizioni, di trovarsi sotto un ponte, è inevitabile che qualcuno perda la testa e si butti dal ponte, magari portando con se la persona che vede come colpevole.  Seppur ingiustificabile, questa è una comprensibile reazione umana, frutto di disperazione e senso di ingiustizia. Ed infatti molti di questi omicidi avvengono dopo una sentenza, confermando il nesso causale.   Un Pubblico Ministero ha dichiarato che per un uomo «è più facile uccidere la moglie che venire a capo di un divorzio difficile», e  l’iniquità sessista è confermata dalle statistiche: le mogli pagano il 4% degli assegni di mantenimento ed ottengono la casa coniugale nell’87% dei casi, per non parlare dell’affido dei figli. Come scrive il vice presidente della Corte Costituzionale, Ferdinando Santosuosso, “oggi appare spesso che per donne svagate o intraprendenti il matrimonio sia considerato come la vittoria di un concorso o un contratto di assicurazione”.

Per abbattere gli omicidi/suicidi, la soluzione è quindi avere leggi eque applicate in maniera equa: vero affido condiviso dei  figli, mantenimento diretto, la casa rimane a chi la ha pagata o viene venduta e divisa in proporzione.

*    *    *

Esiste una chiave di lettura alternativa: secondo l’ideologia femminista è tutto colpa dei maschi cattivi, quindi occorrono leggi ancora più anti-maschili.  Sono riuscite a farle varare in Spagna, con la Ley  Integral contra la Violencia de Género (che già nel nome riflette l’ideologia femminista).  Il risultato è stato un “fracaso manifiesto”, cioè un fallimento totale. Infatti, i casi di suicidi/omicidi sono in Spagna 500 all’anno. In proporzione alla popolazione, quasi dieci volte più che da noi.  Il Giudice familiare Serrano Castro ha definito “olocausto” quanto sta accadendo; la Giudice Maria Sanahuja ha parlato di “disgustosa violazione dei diritti fondamentali in Spagna. Si è creata una specie di follia nella legge, che crea l’abuso”.  Lo stesso è avvenuto negli Stati Uniti, dove il tasso di omicidi familiari è del 60% più alto nei 23 stati che hanno varato leggi femministe (carcerazione preventiva sulla sola parola della accusatrice) rispetto agli stati che non le hanno varate.

*    *    *

Riassunto: leggi femministe aumentano gli omicidi familiari, leggi giuste possono dimezzarli.  Siamo liberi di scegliere.

Una persona su 9 ha subito false accuse

In occasione del Mese della Consapevolezza sulle False Accuse, il 2 giugno 2011 Natasha Spivack ha presentato a Washington il primo studio nazionale sulle false accuse, effettuato telefonicamente su di un campione di 10,000 americani.  Questi i risultati:

  • L’11% delle persone hanno subito false accuse.
  • Le persone falsamente accusate erano all’81% uomini ed al 19% donne.
  • Le false accuse sono fatte al 70% da donne, al 30% da uomini.
  • Il 26% delle false accuse sono fatte per dispute sull’affidamento dei figli.
  • Le false accuse più usate sono: abusi su minori (74%), abusi sessuali (48%), violenza domestica (29%).

Avrebbero quindi subito false accuse circa 35 milioni di americani, a cui si potrebbero aggiungere parte dei 2.4 milioni di detenuti nelle carceri americane (e quindi non raggiunti dallo studio), cifra decuplicata insieme ai divorzi negli anni in cui si è diffuso il femminismo, che ha chiesto ed ottenuto l’inversione dell’onere della prova e l’abbandono del principio secondo cui la colpevolezza deve essere provata “oltre ogni ragionevole dubbio”.

Se l’ideologia di genere è l’unico motivo per il quale gli uomini sono più colpiti da false accuse che non le donne, ne consegue che la calunnia di genere ha aumentato del 129% il numero della false accuse, essendo responsabile del 62% delle attuali false accuse.

Il sondaggio è stato commissionato da SAVE (Stop Abusive and Violent Environments), che ha anche avviato la petizione “I centri anti-violenza devono aiutare le vittime vere” dal seguente incipit: “I centri anti-violenza sono stati riempiti di drogate, alcolizzate, senza casa, che in maggioranza non hanno mai subito violenza domestica, mentre le vere vittime vengono tenute fuori”.

Notizia in inglese: http://news.yahoo.com/s/usnw/20110602/pl_usnw/DC12882

La cultura del "SOSPETTO" e della pubblica accusa in assenza di prove attendibili* è una cultura di STUPRO DEI MINORI.

Quelli che vengono chiamati abusologi (gli “esperti” che vedono abusi sessuali ovunque!) agiscono quasi sempre nel rispetto della legge, adeguatamente studiata, sapientemente aggirata.

La legge non è perfetta e, in queste condizioni “terrene” di imperfezione, la Giustizia è affidata all’etica professionale di chi lavora.

Purtroppo – e accade meno infrequentemente di quanto si pensi – se i principi etici vengono meno, si puo’ far passare per “giusto” un crimine. Legittimandolo con artefizi e cavilli giuridici.

Per ovviare a questi casi di aberrazione giudiziaria servirebbero nuove leggi capaci di fermare i fenomeni criminali “parassitari” di procedimenti previsti per tutt’altro scopo. E servirebbero soprattutto magistrati consapevoli dell’esistenza di queste manipolazioni e dell’urgenza di bloccarle.

Finora il sitema giudiziario sembra essere stato fortemente tollerante, invece, con gli “abusologi” anche tenuto conto del fatto che i bambini non parlano e se parlano si può far dir loro quello che piu’ aggrada.

Dobbiamo capire – e la vicenda di Avetrana che riecheggia in questi giorni  è maestra da questo punto di vista – che l’accertamento della verità in un procedimento per reati INTRAFAMILIARI è qualcosa di delicatissimo e all’interno del quale si agitano i tentativi di depistaggio piu’ fantasiosi e piu’ difficili da scoprire.

I PROCEDIMENTI condotti sui bambini e volti all’accertamento di un abuso attraverso tecniche induttive sono DEVASTANTI.

Alcune ricerche indicano che la cultura del sospetto (in assenza di prove certe) è una cultura di STUPRO DELL’INFANZIA.

I bambini vittime di indagini volte ad appurare un presunto abuso subiscono un DANNO PARI a quello subito dai bambini REALMENTE ABUSATI.

In sostanza e paradossalmente il procedimento giudiziario è (lo dicono le statistiche) nel 92 % dei casi il VERO AGENTE dell’ABUSO SUI MINORI.

In medicina una qualsiasi tipo di indagine che dovesse avere un rapporto DANNO/BENEFICIO così alto (92% di falsi abusi in procedimenti avviati in assenza di prove certe e, soprattutto, connessi con cause di separazione) sarebbe immediatamente DICHIARATO IMPRATICABILE e ILLEGALE.

Nel diritto familiare e nella tutela dei minori, invece, questa cautela non sembra INTERESSARE.

E i bambini possono essere STUPRATI dai cosiddetti abusologi (in genere provenienti dalle fila degli assistenti sociali, genitori malevoli, avvocati, psicologi e psichiatri…)

Ad avviso di chi scrive esistono situazioni frequentissime in cui, essendo dimostrata l’esistenza di un DANNO CERTO al minore causato dalle procedure di accertamento stesse e – IMPORTANTE! –  in mancanza di indicatori specifici di abuso*, quelle “procedure” sarebbe meglio – se non addirittura d’obbligo – evitare.

Profondamente addolorato per cio’ che è avvenuto e sta avvenendo ad un numero enorme di bambini nel nostro paese.

 

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References:

http://www.dirittoeminori.it/pages/universita-di-modena-il-92-delle-accuse-di-abuso-in-corso-di-separazione-sono-infondate/

http://www.alienazione.genitoriale.com/i-falsi-abusi-sono-un-abuso/

Prof. Francesco Montecchi – neuropsichiatra infantile, presidente della Onlus “ la Cura del Girasole”

http://www.youtube.com/watch?v=3jifSWQFIkk (Parte 1/3)

http://www.youtube.com/watch?v=zD73sMoyX64 (Parte 2/3)

http://www.youtube.com/watch?v=YpDQNTroPEo (Parte 3/3)

 

Dr. Gaetano Giordano – Medico, Psicoterapeuta, Presidente CSSAM

http://www.youtube.com/watch?v=Exf2U4FYh6E (Parte 1/2)

http://www.youtube.com/watch?v=Sas2byMoP80 (Parte 2/2)

 

http://www.abusologi.com

 

* leggasi: “prove attendibili o indicatori specifici di abuso”

 

Prassi consolidate ormai “passate” a cultura popolare

http://www.youtube.com/watch?v=9vceQ2yfwLI

http://www.youtube.com/watch?v=ulKTRNtOhBI